Tra i (sotto)generi più discussi nel cinema contemporaneo, troviamo senza dubbio alcuno il found footage, costola realistica dell’horror che non sempre mantiene livelli qualitativi alti, per usare un eufemismo. Eppure, ci sono molte eccezioni. Si pensi a The Blair Witch Project o al nostrano Cannibal Holocaust. E a Megan Is Missing.
Scritto, diretto e prodotto da Mike Goi, il film si trova sotto le luci della ribalta grazie a TikToke ad un hashtag a lui dedicato. Sembra quasi uno scherzo visto che parliamo di un found footage divenuto oggetto di “discussione” su un social che crea ogni giorno milioni di altri “footage“.
Nato nel 2007, Megan Is Missing non riuscì a vedere la luce prima di quattro anni. Il contenuto decisamente controverso causò non pochi problemi, come una censura totale in Nuova Zelanda. Pur cadendo nella banalità , Megan Is Missing è un chiaro esempio di come sia la forma a veicolare il contenuto.
Megan Is Missing, la trama
Megan è un’adolescente di appena 14 anni, una vera leader nel suo liceo. Accanto a lei, Amy, meno spigliata e più timida della sua amica. Internet si sta insediando nelle case di tutti e, conseguentemente, nelle vite di ogni persona, modificando gli approcci ad essa.
Videochiamate, videochat, forum. E Josh, un sedicente skater che inizia a parlare con Megan, fino alla sua scomparsa. E subito dopo, anche con Amy. L’inizio di un vero e proprio incubo raccontato da frammenti di immagini di videocamere, videodiari, telegiornali e ossessivi programmi televisivi.
Megan Is Missing, la recensione
Come detto nell’introduzione, è banale dire che è la forma a veicolare il contenuto. Nel caso specifico di questa perla found footage, è proprio il fatto di essere un found footage. Raccontare Megan Is Missing riduce di parecchio la potenza delle immagini di questo controverso film.
Un’ora e mezza che trova un tripudio di follia in tre momenti. Qualche minuto che rimarrà impresso nella mente di chiunque. Ed è doveroso specificare che non ci troviamo di fronte ad un film che abbraccia l’estetica dell’estremo, come il gore di Lucifer Valentine o di altri film più disturbanti.
Megan Is Missing si insinua nella realtà , poco a poco. Per tutta la prima parte, Goi crea una safe zone fatta di empatia verso le due sventurate protagoniste. Le osserva da vicino, le segue nella loro routine fatta di ciarle futili e approcci all’altro sesso, più o meno peccaminosi.
Quindi, ecco arrivare un progressivo distacco, che ha la voce di Josh. Avvenente giovane (o presunto tale) capace di raggirare Megan con le parole giuste al momento giusto. Al punto da convincerla ad un appuntamento, da soli, nel retro di un market. Un poetico squallore che darà il via ad un netto cambio stilistico, sfruttando anche la componente del mockumentary (il finto documentario), con una certa lungimiranza sui tempi.
La violenza trova il suo trionfo in tutte le sue forme, da quella fisica, sempre celata, a quella psicologica, molto più approfondita dalle cruente immagini. Fino ad arrivare ad un finale privo di speranza e che farà saturare di rabbia e disgusto chiunque. Nonostante una storia che all’apparenza può sembrare abbastanza banale.
Tuttavia l’uso del found footage riesce a trasformare questa banalità in un vortice di follia senza eguali. Ieri come oggi, questo sotto genere si sta insinuando sempre più prepotentemente nella nostra realtà Reel, video amatoriali, stories, brevi tiktok. Il found footage è ciò che di fatto porta la realtà di tutti a tutti.
Ma cosa accade se la realtà viene mostrata senza algoritmi che bannano i contenuti spiacevoli? Accade Megan Is Missing, una storia di finzione raccontata come se fosse la realtà social (e non solo) di oggi, e anche con una certa maestria, grazie ad un’ottima gestione dei ritmi e soprattutto ad un’interpretazione maestosa del cast. Astenersi stomaci deboli o persone facilmente impressionabili. L’ultima parte del film non si dimentica facilmente.
Megan Is Missing, il trailer
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