Tra i titoli che in queste settimane hanno attirato maggiormente l’attenzione su Netflix un posto di rilievo lo occupa sicuramente La Regina degli Scacchi (leggi qui la nostra recensione).
Si tratta – per i pochi che ancora non la conoscono – di una miniserie di sette episodi interpretata da Anya Taylor-Joy nei panni di una campionessa di scacchi.
La trama ruota intorno a Beth Harmon, un’orfana che sin da bambina, in orfanotrofio, scoprire l’amore e il talento per gli scacchi.
Una predisposizione che la porterà, nel giro di qualche anno, a viaggiare per il mondo e affrontare i Maestri della disciplina, portando alla luce anche una certa forma di sessismo all’interno delle competizioni.
Nonostante abbia tutti gli elementi per sembrare una storia vera, la trama de La Regina degli Scacchi è del tutto frutto della fantasia dei creatori Scott Frank e Allan Scott e dell’autore del romanzo da cui la serie è tratta.
Non esiste nessuna Beth Harmon, né un’altra campionessa di scacchi con la stessa vita della protagonista della serie Netflix.
Detto questo, però, va riconosciuto a La Regina degli Scacchi la capacità di trarre profonda ispirazione dal mondo delle competizioni a cavallo tra gli anni ’50 e ’60.
L’ispirazione di Walter Tevis
La Regina degli Scacchi è tratto dal romanzo omonimo di Walter Tevis, uscito per la prima volta nell’ormai lontano 1983.
Per dare una giusta concretezza al mondo che stava mettendo su carta, Tevis si ispirò ai Maestri Bobby Fisher, Boris Spassky e Anatoly Karpov.
Per quanto riguarda il personaggio di Beth e – spoiler alert! – i suoi problemi con alcol e droghe, Tevis ha spiegato di essersi ispirato alla sua storia personale.
Come ha raccontato a un’intervista al New York Times:
La Regina degli Scacchi: le sfide ispirate a competizioni reali
Sebbene, come abbiamo già sottolineato, il personaggio di Beth Harmon è del tutto fittizio, lo stesso non si può dire delle partite che viene vista giocare durante la serie.
La sfida che affronta contro Harry Beltik per il titolo di campionessa del Kentucky, deriva da una competizione svoltasi a Riga, nel 1955.
Anche lo scontro tesissimo con Vasily Borgov (Marcin Dorocinski) deriva in realtà da una partita che ha avuto luogo: è stata infatti giocata a Bienna, in Svizzera, nel 1993.
Così come è vera l’ultima partita lampo contro Benny Watts (Thomas Brodie-Sangster), che fu giocata all’Opéra di Parigi addirittura nel 1858.
Il supporto di Garry Kasparov
Per rendere la storia quanto più verosimile possibile, La Regina degli Scacchi si è avvalsa della collaborazione di Bruce Pandolfini.
Pandolifini è stato un campione di scacchi ed è soprattutto considerato il migliore insegnante di scacchi di tutti gli Stati Uniti.
Ed è stato proprio grazie a Pandolfini che la produzione dello show ha avuto l’occasione di consultare Garry Kasparov.
Quest’ultimo non solo è stato un grandissimo giocatore di scacchi, ma con Beth condivideva anche la natura di enfant prodige.
Riguardo il supporto dato da Kasparov ha parlato il produttore esecutivo de La Regina degli Scacchi,William Holberg, che ha detto:
All’inizio de La Regina degli Scacchi vediamo una giovanissima Beth Harmon affrontare un muro fatto di pregiudizi e sessismo.
C’è una scena in cui la teenager viene quasi derisa per il suo voler giocare a scacchi a livello professionale. E anzi, viene spinta a gareggiare in livelli inferiori.
Nel suo primo incontro al campionato del Kentucky, Beth viene messa a gareggiare subito contro un’altra donna, che le spiega che nel mondo degli scacchi le donne non possono ambire a competere con gli uomini se ci sono altre ragazze.
In altre parole, bisogna eliminare tutte le altre concorrenti femminili per poter ambire ad avere uno scontro con un campione di sesso maschile.
Una specifica narrativa che non è figlia dei nostri anni, ma che rappresenta con perfezione un atteggiamento sessista che all’epoca era davvero onnipresente.
Basti pensare che nel 1966 il premio per il campionato statunitense di scacchi era di 600 dollari per le donne e 6000 dollari per gli uomini.
Un gap economico che ancora oggi persiste: i campioni di sesso maschile continuano a portare a casa dieci volte il premio destinato ad eventuali campionesse.
Ancora oggi il campionato di scacchi rimane in qualche modo segregato per genere: nel 2018 solo il 14% della federazione statunitense degli Stati Uniti è composto da donne. E si tratta di un record: non ci sono mai state così tante giocatrici nella federazione prima del 2018.
E sebbene nello show non si vedano poi così apertamente i problemi di Beth con il sessismo, lo stesso Walter Tevis ha spiegato che:
Per altre notizie e aggiornamenti continuate a seguirci su LaScimmiaPensa.com