Il pop chitarristico non è una roba italiana. Non ci è mai piaciuta la musica “popolare” nella quale la chitarra, soprattutto elettrica, risaltava davvero. Sembrava, e sembra ancora, togliere qualcosa agli altri strumenti e alla beneamata voce.
Pino Daniele e soprattutto Ivan Graziani sono stati, buonanime, tra i pochi a salire su di un palco e a riuscire a far puntare le telecamere sui loro fidati ferri del mestiere, mettendo in chiaro che senza quella chitarra non sarebbero andati da nessuna parte.
Magarinon siamo più nell’era del chitarrismo “vero” (ci sono posti in cui “fai musica con le chitarre” è un insulto, e anche abbastanza pesante). E la chitarra è un ingombro perché ha formato generazioni di tamarri con le distorsioni a palla. Mettendoci una mano sulla coscienza, lasciando da parte il grandioso rock alternativo, è un bene che le chitarre si siano levate un po’ di mezzo. A parte quelle che hanno deciso di trovarsi una strada pulita.
Tenere a bada chitarra e amplificatore nel marasma del nuovo suono mondiale e trovare un’idea.
Filippo Cattaneo Ponzoni non ha neanche 21 anni, ma le sue chitarre si possono sentire nei dischi e nei live di Ghemon da due anni e mezzo a questa parte. Oltre che in una marea di festival e concerti (ha suonato anche al GERMI di Manuel Agnelli, al Locus Festival con Ghemon, al Rocce Rosse Blues Festival da solista). Dopo alcuni singoli, il 6 novembre 2020 è uscito con il suo primo EP solista, La Tua Alternativa.
Filippo ha sviluppato un’anima piena del nuovo blues, uno stile trasversale a tutta la musica pop moderna che si distingue per pulizia e chiarezza. Nel suono e nelle soluzioni melodiche e armoniche si gioca sulla semplicità. Togliere, non aggiungere. Il trucco è lasciare quello che serve, e per farlo serve un’idea quantomeno chiara e uno strumento in cui credere.
I sei brani dell’EP sono spaziosi, lasciano scorrere l’aria tra di loro e si fanno ascoltare, scivolando nelle orecchie. L’ambientale Ouverture dimostra le potenzialità effettistiche dello strumento di Filippo, che impregnano soprattutto la prima metà del disco in una versione più concreta, al servizio dei pezzi.
Con una leggera e tranquilla malinconia, in Dimenticarmi Di Te e A Volte la chitarra acustica fa da preambolo al pacato trionfo della chitarra elettrica, efficace e al suo posto nella ritmica; ma nelle parti soliste, anche quando tenta di rimanere timida e in disparte, la Fender si prende la scena.
Ne La Tua Alternativa Filippo parla con le note della chitarra, piuttosto che con i testi.
E il cambio di registro è netto. A spalleggiare una bellissima voce e delle linee vocali atmosferiche ci sono testi sui quali forse la semplicità non ha pagato quanto avrebbe dovuto. La scrittura si impegna per sistemarsi bene e non farsi trovare scomposta.
A volte si ha la sensazione che le parole cerchino di abbottonare il colletto della camicia di Filippo e pure di stringergli il nodo della cravatta. Mentre la chitarra ogni volta che può si sbottona davanti a tutti e usa la cravatta come bandana.
Raccontano entrambe l’attrito tra routine e via d’uscita, il rodere dei pensieri in testa, la tentata catarsi (ed è proprio quella che passa attraverso la chitarra) e il pensiero che ne risulta, consumato o lucidato.
Forse fino ad ora La Tua Alternativa è sembrato un disco di sola chitarra, ma non è così. Filippo costruisce intorno ai suoi brani un suono composto nel quale si muove con calma, riuscendo a tratti anche ad entrare nella dimensione totale (molto blues e assolutamente Fenderista) del cantante e chitarrista solista.
Lo spessore della cornice, come le seconde voci in Non Voglio Aspettare o la batteria riverberata in Chi Sei e un grande uso della tastiera senza scopiazzare i synth anni ’80, tracciano la linea sulla quale ballano i sei assoli del disco (cinque se escludiamo l’Ouverture): diritta, perfetta per scriverci sopra qualcos’altro.
Un esordio che riporta, potenzialmente, alla musica di consumo uno strumento e una figura di solista lasciati spesso indietro. Si distingue come una delle poche, vere alternative nella miriade di dischi indipendenti nel nostro pop, con quel pizzico di rock-soul-blues o semplicemente con una buona idea dietro e uno strumento in cui credere. Speriamo sia soltanto la prima.