Super Mario 64 è uno dei videogiochi più classici di sempre: ecco la nostra recensione
È il 1996 quando Super Mario 64 arriva nei negozi assieme alla nuovissima console della Nintendo: il Nintendo 64. Il gioco compie un salto importante, che nello stesso periodo stanno compiendo tutti i produttori di videogame: quello del 3D. Siamo infatti alla quinta generazione delle console, quella dell’approccio a questa grafica innovativa.
Assieme a Sega Saturn e alla nuova concorrente, la PlayStation, la casa giapponese si trova in cima alla competizione nel mercato videoludico: Nintendo è già, nel 1996, sinonimo di qualità. Ma Mario 64 non solo alza l’asticella, per i giochi platform come per tutti i generi. No: semplicemente, rivoluziona tutto.
Il gioco è ancora oggi, considerato il periodo, sorprendente per una marea di motivi. Dal gameplay ai comandi, dai collectibles alle mosse, dalle musiche alle ambientazioni, dalla telecamera al personaggio. Tutto è, come si dice, “groundbreaking”. Ma manca la ciliegina sulla torta: il gioco è bello, anzi bellissimo.
L’ideazione
Alla metà degli anni ’90 è chiaro a tutti che la nuova frontiera del videogioco da varcare deve essere quella del 3D. Già da diverso tempo si è sperimentato molto in tal senso, e anche la Nintendo ha fatto i suoi passi con la tecnologia isometrica, che rivela cioè una porzione dell’ambiente circostante man mano che si procede nel gioco.
Questo tipo di tecnologia è usatissima nella prima metà degli anni ’90 e se hanno degli esempi in F-Zero (1990), Super Mario Kart (1992) e Star Fox (1993). La Nintendo in particolare si affida ad una modalità grafica detta Mode 7, che permette di creare rivoluzionari effetti di prospettiva.
È proprio durante la produzione di Star Fox che Shigeru Miyamoto, il “padre” di Mario, concepisce l’idea di ambientare le avventure del suo eroe in un mondo 3D. Un primo tentativo, Super Mario RPG (1996) va a buon fine e apre presto le porte alle possibilità offerte dalla nuova console a 64 bit: l’era del 3D è arrivata.
“It’s-a me, Mario!”
Super Mario 64 è un gioco nel quale il protagonista omonimo si muove in una varietà di ambienti in gran parte ispirati dai giochi precedenti, con molti rimandi e riferimenti (il deserto, la casa dei fantasmi, il mondo di lava, ecc.). Deve esplorare i vari livelli alla ricerca delle 120 stelle che consentono di completare il gioco.
La trama la si sa: Bowser ha rapito la principessa Peach. Ancora una volta. Conta poco, perché naturalmente non è la storia il punto forte. Per giungere dal boss finale Mario deve sbloccare i vari livelli, accessibili da diverse aree del castello, saltando dentro alcuni dipinti o in altri modi imprevedibili.
Per aprire porte ed accedere a nuove sezioni del castello Mario deve raccogliere le stelle, e per farlo deve completare in ciascun livello delle missioni, ognuna delle quali legata a una stella specifica. Che si tratti di battere un mini-boss, raggiungere un punto inaccessibile o raccogliere gli otto soldi rossi.
Il gameplay
Le possibilità di gioco sono illimitate e vengono combinate con sapienza dagli sviluppatori in modo da fornire un’esperienza sempre nuova e, in ambito piattaforme, mai vista prima. Mario può: saltare, rimbalzare, volare, nuotare, scivolare, calciare, correre, strisciare, afferrare oggetti e farsi sparare da un cannone.
Non è finita, naturalmente. Mario afferra Bowser per la coda e lo fa roteare (a chi sarà venuto in mente?); usa un guscio di tartaruga come skateboard; può diventare di ferro e abbattere ostacoli (viene anche calcolata la differenza di peso!) e interagisce con moltissimi personaggi che gli parlano come in un RPG.
Da queste descrizioni si evince il punto forte del gioco: ogni volta che si raggiunge un risultato straordinario, si cerca di spingersi ancora più in là. Mario può nuotare dentro una nave affondata? Facciamolo anche diventare intangibile. Facciamolo viaggiare su un tappeto sopra un arcobaleno. Andiamo ancora più in là, un altro po’.
Un gioco fatto di segreti
In Super Mario 64 quindi gli ambienti 3D non solo sono resi in maniera perfetta, realistica seppur fantasiosa. No, gli sviluppatori, oltre ad esplorare con coraggio le idee più improbabili (un livello ambientato all’interno di un orologio? facciamo anche questo) hanno sfruttato al massimo tutte le possibilità offerte da ambienti del genere.
E li hanno infarciti di segreti. Passaggi nascosti, oggetti da trovare, scorciatoie e vite extra, depositi di monete e boss mai visti. Queste sarebbero diventate, dopo Mario 64, delle caratteristiche ricorrenti di ogni platform. Ma qui è la prima volta che un gioco come questo viene reso talmente fitto e complesso da esplorare.
Chi ci ha giocato da piccolo ricorderà sicuramente la difficoltà nel capire che per prendere quella stella bisognava spararsi contro un muro, per prendere quell’altra bisognava saltare nel vuoto, ecc.. Piccoli enigmi che però condiscono un gioco già perfetto e divertente, portando il giocatore a coinvolgersi e riprovare.
Un gioco senza logica?
Tali e tante sono le prospettive degli sviluppatori che Mario 64, pur sforzandosi di essere realistico nelle dinamiche e nei movimenti, non tiene ad esserlo negli ambienti. Oltre che a richiamare i setting dei giochi precedenti (già di per loro astratti e stralunati), il gioco dà spazio a momenti che non sembrano seguire una logica precisa.
Cubi e piattaforme sospesi in aria, isole fluttuanti, muri fittizi, rampe che si interrompono all’improvviso, un labirinto tossico. Se serve al livello e a mettere alla prova Mario, si fa. In questo senso il gioco è rappresentativo di quella concezione del platform più fortemente ingegnosa, senza limiti.
Mentre esempi del genere si trovano anche in alcuni altri platform dell’epoca (come Gex: Enter the Gecko, oppure Croc: Legend of the Gobbos), quello di Mario resterà sempre il franchise “immaginifico” per eccellenza. Lo scopo è sempre quello di saltare al momento giusto, non quello di rendere, per esempio, dei dialoghi realistici.
Tutto al posto giusto
Come in ogni altro gioco di Mario da lì in poi (e anche da prima, con Super Mario World e Yoshi’s Island), Mario 64 racchiude una serie di elementi che, interlacciati, formano un universo coerente nella sua diversità. I goomba, i boo, le monete da raccogliere, i blocchi da frantumare. Non manca nulla e il giocatore esperto se ne avvede.
Alla riuscita del gioco concorrono anche tutta una serie di altri elementi. Dal più piccolo dettaglio, come Mario che sbatte contro un muro ed emette un grugnito di disappunto, alle musiche di Koji Kondo. Il maestro si autocita, ri-arrangiando per esempio in versione dub la musica del sotterraneo, o in versione techno quella “della stella”.
Super Mario 64 diviene quindi un po’ il gioco “canonico” del Mario in 3D, perché è il primo a riprendere tutti gli elementi introdotti nella decade precedente e ad immaginarli in un ambiente a tre dimensioni senza privarli di significato o togliere omogeneità all’insieme. Una sfida che pochi altri franchise possono dire di aver superato.
Vent’anni dopo: che cosa è rimasto
Naturalmente dal 1996 i videogiochi hanno fatto passi da gigante, portando le possibilità del 3D ben oltre quanto si sarebbe immaginato all’epoca. Il platform, dal canto suo, è un genere in gran parte morto. Dalla metà degli anni ’00 in poi infatti si è dovuti cedere alle esigenze di realismo imposte dalle nuove prospettive grafiche.
Mario è, in effetti, l’unico che vent’anni dopo tiene ancora alta la bandiera del genere. Non solo: anche nei titoli successivi, come Super Mario Sunshine (2002) e Super Mario Galaxy (2007), la Nintendo ha seguitato a guardare oltre, esplorando sempre nuove possibilità e senza mai rinunciare alla componente “fantastica”.
Se quello di Mario è il franchise per eccellenza del genere platform, Super Mario 64 ne è sicuramente la colonna portante. Giunto in un momento fondamentale della storia dei videogiochi, ne ha cambiato e guidato le sorti, restando oggi come ieri un gioco godibilissimo. Motivo per cui ancora molti lo amano incondizionatamente.