In anteprima italiana nella sezione Tutti ne parlano della Festa del cinema di Roma è stato proiettato Ironbark – The Courier. Verrà presentato alla distribuzione nostrana con il titolo L’ombra delle spie.
Il film vanta nel cast Benedict Cumberbatch e Merab Ninidze, che torna ad un ruolo in un film di spionaggio dopo Bridge of spies di Steven Spielberg, nonché Rachel Brosnahan e Jessie Buckley.
Al momento non è nota la data della prima italiana, in virtù anche dell’ultimo DPCM del 25 ottobre che ha di fatto sospeso le attività di cinema e teatri fino al 24 novembre. Ed è l’ennesima stoccata ad un settore letteralmente messo in ginocchio, e che perde l’ennesima grande pagina di Cinema da trasmettere in sala.
The Courier: Trama
Alla vigilia della crisi missilistica di Cuba, Greville Wynne viene coinvolto dall’intelligence britannica in una missione spionistica di vitale importanza. Da commerciante che viaggia spesso nei paesi dell’Est, diventa l’uomo perfetto per stringere un legame con Oleg Penkovsky, personalità chiave della gerarchia sovietica e fonte preziosa per scongiurare l’imminente catastrofe nucleare.
Greville diventerà quindi il corriere di documenti che metteranno a rischio la sua vita e quella di Oleg, e li costringerà a misurarsi con il traballante equilibrio geo-politico mondiale.
Cast
BENEDICT CUMBERBATCH Greville Wynne
MERAB NINIDZE Oleg Penkovsky
RACHEL BROSNAHAN Emily Donovan
JESSIE BUCKLEY Sheila Wynne
ANTON LESSER Bertrand
ANGUS WRIGHT Dickie Franks
VLADIMIR CHUPRIKOV Nikita Krushchev
KIRILL PIROGOV Gribanov
KEIR HILLS Andrew Wynne
MARIYA MIRONOVA Vera
JAMES SCHOFIELD Cox
FRED HAIG Lee
JONATHAN HARDEN Leonard
OLGA KOCH Irina
The Courier: Recensione
The Courier, tra lo spy movie e il dramma storico il racconto di Greville Wynne
Sceneggiare oggi un periodo complesso, e altrettanto inflazionato, come la guerra fredda, si rivelerebbe un rischio artistico eccessivo se dietro non ci fosse un’urgenza narrativa impellente. Quando Tom O’ Connor si appassiona alla storia dello spionaggio russo-americano, si imbatte nel racconto di vita di Greville Wynne, uno di quegli incontri che segnano il destino di uno screenwriter.
Perché nella storia di Greville Wynne si realizza quella dissonanza che rende un soggetto irresistibile per uno scrittore. Il racconto di un grande quadro attraverso un piccolo uomo, l’ordinario che si fa straordinario. La parabola di un commerciante anglosassone il cui operato è stato capace di porre fine alla crisi cubana, uno degli eventi più delicati della storia recente, ha quindi attirato Dominic Cooke nella produzione, che coinvolse Benedict Cumberbatch per il ruolo del protagonista.
The Courier si è andato così configurando come un’opera assolutamente sui generis, sia che lo si voglia vedere come semplice spy movie, sia che lo si intenda come dramma storico. Se da un lato destruttura profondamente il canone del genere legato alle gesta di 007, dall’altro offre infatti un punto di vista originale su un’era di grande fascino, ma dalla narrazione ormai stereotipata.
The Courier riscrive i canoni dell’agente segreto
Lontano dai manierismi di Tenet, che al di là dell’involucro fantascientifico contiene gli scialbi archetipi di un qualsiasi Bond-movie, con The Courier ‘O Connor e Cooke rivisitano completamente le forme dello spionaggio. Non lo charme spregiudicato dell’agente segreto, ma un uomo comune che si trova coinvolto in meccanismi decisamente fuori dalla sua portata.
Non è un caso che Cumberbatch avesse collaborato con Cooke per diverse regie teatrali. L’approccio dell’attore protagonista al suo personaggio e alla sua progressione è infatti teatrale in senso stretto.
Greville è una pedina di un gioco di ruolo di cui deve imparare le regole, e un passo alla volta tenta di misurarsi con la parte della spia, senza mai entrare definitivamente nel ruolo.
Il risultato è un portrait praticamente inedito nella tradizione del genere. Un ritratto di formazione, che non dimentica mai l’uomo dietro un eroe mai troppo eroico, fatto anche di debolezze. A dire vita a questo personaggio una performance che in una stagione regolare avrebbe lanciato direttamente Benedict Cumberbatch alla corsa all’Oscar.
Non solo, banalmente, per lo struggente ultimo atto, in cui il dramma della prigionia si fa recitazione, e trasformazione, puramente fisica. (E in cui Jessie Buckley rievoca da Chernobyl il commovente tell me what you see outside). Al di fuori del melodramma del finale, Cumberbatch brilla per intensità ed eleganza, mantenendo costantemente il proprio personaggio in equilibrio tra le tensione all’eroismo e l’uomo comune.
Il grande pregio di non essere americanista
The Courier era stato presentato al Sundance con un altro nome però, Ironbark. Ed è un fatto estremamente interessante questa doppia nomenclatura di un film che ha, a tutti gli effetti, due anime.
Ironbark è il nome in codice di Oleg Penkovsky, colonnello che diserta la gerarchia sovietica per cercare di preservare l’instabile equilibrio tra URSS e America. E in fondo chi è il vero eroe in The Courier, se non un uomo russo che sfida il KGB e l’empietà della tortura e della condanna a morte?
Ironbark-The Courier sarebbe un doppio titolo perfetto per un film che è a tutti gli effetti un doppio racconto, capace finalmente di svecchiare la narrazione della guerra fredda. Niente retorica americanista che ritrae nella Russia il nemico per eccellenza, ma un racconto che prima che storico, è l’umano ritratto di un’amicizia impossibile.
Cooke e O’Connor hanno offerto un punto di vista nuovo su un assetto geo-politico imperniato sullo scontro tra Est e Ovest. Eleggere la neutrale Inghilterra a scenario per raccontare lo scontro tra America e URSS ha permesso loro di definire un registro molto più equilibrato e composto, che trova il suo perfetto compimento nel candore di un uomo russo che accetta il suo destino, per non tradire i suoi ideali e il legame che ha instaurato con il suo amico inglese.
Cooke, Hitchcock e Spielberg
Cooke si muove su uno stile registico leggermente manierista, in bilico tra Hitchcock e lo Spielberg de’ Il ponte delle spie, confezionando un impianto visivo forse un po’ lontano dal gusto contemporaneo. Tuttavia, è tutto talmente ben calibrato e dosato da svelare un fascino vintage che non guasta mai.
E se come spy movie rimane altrettanto prevedibile nello sviluppo della trama, data l’ispirazione cronachistica del film, cerchiamo di guardare The Courier come quello che è. Prima che un film di spionaggio, uno splendido racconto umano.
Continua a seguirci su La Scimmia Pensa per recensioni ed approfondimenti!