Dietro Borat: tutte le volte che Sacha Baron Cohen si è messo nei guai
Tanto irriverente quanto controverso, Borat è pronto a tornare sui nostri schermi il 23 ottobre grazie ad Amazon Prime Video. Per l'occasione, eccovi il racconto dettagliato di tutti i disastri scatenati dalla geniale irriverenza di Sacha Baron Cohen.
Impossibile non pensare a Borat ogni volta che si parla di un grandissimo artista come Sacha Baron Cohen. Altrettanto impossibile, non trovarsi di fronte a polemiche di ogni forma, vista l’irriverenza delle battute e delle gag che caratterizzano da sempre il comico inglese e i suoi personaggi.
Dopo aver scandalizzato gran parte dell’Europa orientale, ecco che Borat tornerà con un già attesissimo sequel su Amazon Prime Video questo 23 ottobre. E già dal trailer possiamo ben intendere che ne vedremo delle belle.
Il titolo è già un programma. Quello ridotto è Borat: Subsequent Moviefilm. Quello completo, invece, Borat Subsequent Moviefilm: Delivery of Prodigious Bribe to American Regime for Make Benefit Once Glorious Nation of Kazakhstan. Nulla di strano visto che il primo si intitolava Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan.
Sebbene le corpose risate che scatena questo particolare cronista kazako, sono state molte le controversie che hanno caratterizzato tutto il film, sin dalla primissima fase produttiva. Attraverso candid camera, Borat ha causato non poca indignazione tra le vittime a causa delle sue battute sempre troppo “oltre“. Anche al di là dell’Oceano Atlantico.
Ecco dunque un breve sunto di tutti i guai in cui si è cacciato Sacha Baron Cohen, fra cause, rivolte, divorzi e proteste.
Borat e l’ordine pubblico
La disinibita narrazione della realtà di Sacha Baron Cohen ha causato non pochi momenti d’incontro fra la crew e le forze dell’ordine. Si calcola che durante la realizzazione del primo film, la polizia sia stata chiamata ben 92 volte per intervenire sul set.
Da questo punto di vista, le cose si sono evolute per il secondo capitolo, dove il principale problema di Cohen si è dimostrato tutt’altro. Le tensioni sociali generate dal Covid-19 hanno portato l’attore ad immergersi in situazioni piuttosto incandescenti, tanto che lo stesso Cohen ha ammesso di essersi ritrovato costretto a indossare un giubbotto antiproiettile in più di un’occasione.
Emblematico, da questo punto di vista, è il “focoso” incontro avvenuto con alcuni simpatizzanti di estrema destra.
sasha baron cohen showed up at a nazi event disguised as a hillbilly and got the attendees to sing about injecting obama with the “wuhan flu” and nuking the chinese “like in world war 2” pic.twitter.com/Yhk89jx7Vb
— troy aikman is antifa (@kidsagainstaids) June 28, 2020
Sacha Baron Cohen ha avuto infatti la brillante idea di presentarsi vestito da hillbilly (“zappaterra”, termine che identifica i contadini degli stati del Sud) a un evento organizzato dall’organizzazione di estrema destra nota come The Washington State Three Percenters.
Il piano dell’attore era semplice: conquistare il palco e mettere in scena una brillante parodia della fauna presente alla manifestazione. Per un breve lasso di tempo, gli slogan razzisti di Sacha Baron Cohen hanno fatto presa sul pubblico, che lo ha incitato rilanciando i concetti espressi.
Purtroppo per lui, il gioco è stato presto (ma non troppo) smascherato dagli organizzatori, che lo hanno invitato non troppo gentilmente, ad abbandonare il palco. Ciò che è seguito, è stata una vera e propria rivolta che ha messo in serio pericolo l’incolumità di Sacha Baron Cohen. Ecco il suo racconto:
“Una folla arrabbiata ci ha bloccato la strada e ha iniziato a picchiare sul veicolo con i pugni. Sotto i miei vestiti avevo un giubbotto anti-proiettile, ma mi sembrava inadeguato con tanta gente fuori che sventolava armi semi-automatiche.
Quando qualcuno ha spaccato la portiera per trascinarmi fuori, ho usato l’intero peso del mio corpo per chiuderla di nuovo mentre il nostro veicolo si faceva strada per liberarci. Sono fortunato ad esserne uscito tutto d’un pezzo.”
Borat e Pamela Anderson
Come ben ricorderete, la grande ossessione i Borat nel primo capitolo era la meravigliosa Pamela Anderson. Tutti noi ci siamo sbellicati nel vedere l’improbabile proposta di matrimonio di Borat all’attrice. Riproponiamo la scena per chi avesse la memoria corta:
Ciò che molti non sanno però, è che il film è stata la causa del divorzio fra Pamela Anderson e Kid Rok. In molti avevano riportato la furia del cantante per il cameo della moglie in Borat, ma la conferma ufficiale è arrivata da Sacha Baron Cohen in persona.
Durante un’intervista per il podcast The Last Laugh di The Daily Beast, l’attore ha ammesso di aver contattato la Anderson per chiederle come stessero andando le cose dopo l’avvenuta distribuzione del film. Ecco la risposta dell’attrice stando a Sacha Baron Cohen:
“Mi ha risposto con un messaggio: ‘Vuole divorziare’… E io dissi, perché? E lei disse: ‘Il film’. E ho pensato che fosse uno scherzo, ma poi qualche settimana dopo hanno divorziato e hanno messo come motivo di divorzio: Borat”
Kid Rock sarebbe stato fortemente infastidito dal cameo della moglie, tanto da aggredirla verbalmente definendola una “t*oia”. La domanda che ci viene spontanea è: quale fortuita coincidenza astrale ha separato Sacha Baron Cohen dai pugni del focoso Kir Rock?
Borat e lo schock kazako
Sacha Baron Cohen ha colpito duramente anche in Europa. Se la Russia dissuase i cinema a proiettare Borat, il Kazakhstan attuò un vero pugno di ferro contro l’attore già nel 2005, un anno prima dell’uscita in sala.
Una protesta in piena regola, con tanto di dichiarazione ufficiale dell’allora ministro degli esteri, il quale ammiccò addirittura ad un complotto mondiale contro il Kazakhstan stesso. Inutile dire che il film non arrivò mai ad essere distribuito nello Stato in questione.
“Non escludiamo che il signor Cohen stia servendo l’ordine politico di qualcuno progettato per presentare il Kazakhstan e la sua gente in modo dispregiativo. Ci riserviamo il diritto di intraprendere qualsiasi azione legale per prevenire nuovi scherzi del genere”
In un certo senso, Borat costrinse il Kazakhstan a costruire una campagna marketing di riabilitazione, spaventati da quanto descritto dal personaggio. Un’occasione d’oro per Cohen che gettò benzina sul fuoco con una finta conferenza stampa dove accusava gli uzbeki per l’ideazione di questa campagna riabilitativa mal gestita.
Tuttavia, questa indignazione iniziale fu molto poco lungimirante. Infatti, il ministro degli esteri kazako che aveva denunciato Sacha Baron Cohen, affermò nel 2012 che grazie a Borat ci fu un incremento del turismo in quel del misconosciuto Kazakhstan. Non tutto “il male” viene per nuocere, dunque.
Nessun ringraziamento postumo, invece, dagli abitanti del villaggio rumeno di Glod che anzi intentarono una causa da ben 38 milioni di dollari al comico inglese. Il motivo è presto detto: diffamazione. Secondo alcuni rappresentati del villaggio in questione, la produzione aveva ingannato tutti i presenti con false dichiarazioni circa il contenuto del film. Sfortunatamente per loro, le accuse caddero poco dopo.
Dal micro mondo di stati e nazioni al macro mondo delle associazioni il passo è molto breve. Anzi, quasi immediato, viste le proteste. Molte associazioni in difesa dei diritti dei rom protestarono con una certa energia contro Borat a causa delle battute razziste nei confronti delle popolazioni nomadi. E ancora, l’antisemitismo del film finì sotto l’occhio del ciclone.
Nonostante Sacha Baron Cohen sia ebreo e proveniente da una famiglia di ebrei ortodossi, il suo black humor non ha trovato scudo. Una ONG ebraica con sede in USA, la ADL, scrisse un comunicato scagliandosi contro il film e le battute antisemite. A nulla servì la replica di Cohen, il quale disse che quelle battute servivano a stigmatizzare l’antisemitismo. La ADL infatti asserì che questo tipo di humor nero è molto più equivoco di quanto sembri.
Borat, dal glorioso Kazakhstan alle cause legali negli US of A
Attraversando l’Oceano e calpestando (in tutti i sensi) la Terra della Libertà, ecco arrivare ai “danni” che fece il film in tutti gli Stati Uniti. Le ilari candid camera presenti in Borat non fecero ridere proprio tutti. Tra questi, alcuni protagonisti inconsapevoli, come Justin Seay e Christopher Rotunda, membri di una confraternita dell’Università del South Carolina, i quali si definirono umiliati dal film.
Di nuovo, l’inganno la fa da padrona. Invitati dalla produzione in un bar per bere qualcosa, non si aspettavano di trovare le incalzati e sconvenienti domande di Borat che suscitarono in loro un certo imbarazzo. Tuttavia, la causa si risolse con un nulla di fatto, così come la richiesta del ritiro delle copie del film.
Ricorderete tutti la scena della gallina nella metro di New York. Ebbene, lo spaventato Felix Cedeno chiese oltre due milioni di dollari di risarcimento per la violazione della sua privacy. Non sapeva di essere ripreso e non aveva dato alcun consenso alla messa in onda delle immagini che lo ritraevano. L’accusa cadde immediatamente, a differenza di quella intentata da un’altra persona.
L’uomo in questione fu approcciato da Borat in un bagno di un ristorante e molestato verbalmente dal finto giornalista per la grandezza del suo pene. Nessun risarcimento pecuniario ma la scena fu cancellata nell’edizione home video del film. Meno fortunato invece Michael Psenicska, l’istruttore di guida di Borat che chiese ben centomila dollari di risarcimento.
Attraverso il più classico dei tranelli, la produzione chiese a Psenicska di dare lezioni di guida a Borat, per un documentario sugli stranieri in America. Quando scoprì che la tematica del film non era propriamente questa, l’indignazione prese il sopravvento ma non fu sufficiente a convincere il giudice che respinse l’istanza.
Al netto di tutte queste polemiche, viene da chiedersi cosa sia potuto accadere a Sacha Baron Cohen durante le riprese di questo Borat 2. La curiosità è tantissima, ancor di più sapendo che il comico ha girato in il film in gran segreto e durante la pandemia. Chi sarà il prossimo a indignarsi?
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