Super Mario World è uno dei giochi più celebrati di sempre
Se c’è un gioco con il quale probabilmente un po’ tutti siamo cresciuti da bambini, è sicuramente Super Mario World. Certo, questo potrebbe valere per tutti i giochi di Mario, dal primo, originale del 1983, fino almeno a Super Mario 64 (1996). Ma Super Mario World ha in qualche modo qualcosa in più.
Il gioco segna infatti una sorta di salto di qualità, a tutti livelli, per i titoli della saga, cosa che già lascia intravedere l’approccio sempre innovativo e sperimentale tenuto dalla Nintendo e da Shigeru Miyamoto negli anni e nei decenni successivi. Quelli di Mario sono, per antonomasia, dei giochi sempre “nuovi”.
A distanza di trent’anni dalla sua prima uscita, nel 1990, è il momento di guardare indietro e riscoprire l’eredità di questo gioco piccolo ma immenso, audace nella sua semplicità e sorprendente nel suo essere solo un platform. Una colonna portante di tutta la storia dei videogiochi.
La storia
Siamo, come si diceva, nel 1990. La Nintendo già si è imposta sul mercato videoludico proprio grazie ai precedenti titoli di Mario: Super Mario Bros. (1983), Super Mario Bros. 2 (1988) e Super Mario Bros. 3 (1988). Al suo fianco, le saghe in continuo sviluppo di Donkey Kong e Zelda.
Siamo nell’ambito della quarta generazione delle console, agli ultimi tempi del 2D. La PlayStation non è ancora scesa in campo e il primo gioco della serie Sonic the Hedgehog della rivale Sega arriverà solo nel 1991. Il campo è praticamente sgombro e la Nintendo non deve far altro che sfornare un titolo di Mario dopo l’altro.
Titoli che, però, non si limitano a riprendere le caratteristiche dei precedenti, ma sperimentano ognuno in una maniera diversa. Il primo gioco è più un semplice side-scrolling da cabinato e il secondo è in realtà basato su un altro gioco, Yume Kōjō: Doki Doki Panic. Ma è il terzo a portare l’innovazione definitiva: i mondi.
All’esplorazione dei “mondi”
I “mondi” (worlds) sono mappe caratterizzate a seconda degli ambienti (ghiaccio, deserto, foresta, ecc.) dalle quali i giocatori possono accedere ai vari livelli selezionandoli e muovendosi tra di essi. Terminato un mondo si passa al successivo, di solito dopo un boss di fine mondo.
Questo schema, introdotto in Super Mario Bros. 3 e “istituzionalizzato” in Super Mario World, è fondamentale per tutto il genere platform. La divisione dei giochi in mondi andrà ben oltre l’era del 2D e anche oltre i prodotti Nintendo, decidendo la struttura base di praticamente ogni titolo platform fino alla metà degli anni ’00.
La varietà di ambientazione e la possibilità di muoversi tra tanti “ambienti” differenti, nonostante le scarse possibilità del motore grafico, è ciò che affascina milioni di bambini. Non è realistico, ma non importa perché basta un po’ di fantasia per credere che quello sia davvero un deserto, o un sotterraneo, o un castello.
Lo schema è naturalmente quello del viaggio dell’eroe, mutuato dalla narrativa tradizionale e ravvisabile anche in giochi come Zelda o Castelvania. In un mondo unico e unito, scorrevole ed esplorabile (a differenza dei mondi separati di Super Mario Bros. 3) l’idraulico deve compiere un lungo cammino.
Nel farlo attraversa ambienti molto differenti e fantasiosi, passando per sotterranei, laghi, boschi, ponti sospesi e la famosa Isola di Cioccolato. Obiettivo: il castello di Bowser, dove è tenuta prigioniera (tanto per cambiare) la principessa Peach. Mario ci arriverà dopo aver attraversato sette diversi mondi.
In realtà gli elementi, dei mondi e dei livelli, sono relativamente pochi, ma vengono combinati in maniera tale da creare situazioni sempre nuove. Non si ha mai l’impressione di giocare per due volte lo stesso livello, perché i creatori dispongono sempre quel qualcosa di particolare o di atipico che rende ogni momento unico.
Le innovazioni
Yoshi. Questa è in una parola l’innovazione principale di questo gioco rispetto ai precedenti. Il dinosauro, che fungerà da “cavalcatura” di Mario per gran parte del gioco, gli consentirà di fare molte più cose e di sconfiggere i nemici con maggior facilità. Inoltre quella della liberazione degli Yoshi è una trama secondaria del gioco.
Non è l’unico cambiamento importante. Si parla di cose piccole ma rilevanti, come la possibilità per Mario di “planare” attraverso interi livelli con il suo nuovo potere alato, o la presenza sempre nascosta di aree bonus e uscite segrete, accessibili con apposite chiavi. Ma c’è di più.
Un altro importante “debutto” in questo gioco è quello delle famose Case dei Fantasmi, con all’interno gli spaventosi “boo” (già apparsi nei castelli del gioco precedente). Si tratta tipicamente di luoghi pieni di insidie e trappole e che oggi compaiono quasi per tradizione in ogni gioco di Mario ispirato a questi classici.
Un gioco pieno di segreti
Non giriamoci intorno: quello che rende veramente affascinante Super Mario World è l’infinita, inusitata quantità di segreti presente. Scorciatoie, nascondigli, nuove strade, livelli celati e porte irraggiungibili, enigmi intricati e passaggi irrintracciabili. Nel genere platform, una simile quantità di rebus all’epoca non si era mai vista.
Oltre a poter sbloccare altri percorsi per tagliare letteralmente a metà i mondi e giungere subito ai castelli, la cosa veramente entusiasmante per tutti è la scoperta della Star Road, un mondo segreto che consente anche, con un sistema warp, di spostarsi in fretta da un punto all’altro della mappa principale.
Non è finita. Completata la Star Road e imboccato il più segreto dei passaggi segreti, si arriva al mondo Special, con otto nuovi livelli difficilissimi tutti da gustare. Una delle rare occasioni in cui gli sviluppatori capiscono che, completato un gioco, nessuno vuole altri costumi o vite extra: dateci altri livelli da giocare.
Perché Super Mario World “funziona”?
La cosa straordinaria di Super Mario World è che non solo rappresenta l’avanguardia e il meglio del mondo videoludico (nell’ambito platform) del 1990, ma anche che si gioca alla grande ancora adesso. Superato il divario tecnologico e lasciato da parte l’inevitabile fascino retrò, a Super Mario World non manca nulla.
Ce n’è per ore di gioco, specie se ancora non si conoscono i segreti da scoprire e gli enigmi da svelare. Ma anche percorrendo i livelli “normalmente”, ci si imbatterà in un’esperienza di gameplay divertente, alle volte complicata e leggermente “frustrante”: ma come sa chi è cresciuto con questi giochi: è questo il bello.
La soddisfazione di essere riusciti a scoprire questo o quel passaggio, di aver capito come raggiungere quelle monete lassù, di aver intuito come bisogna attraversare quella parete di mattoni. Questo è ciò che Super Mario World, più dei suoi predecessori, ha portato alla Nintendo e al mondo dei videogiochi.
L’influenza
Altri elementi ancora da citare per spiegare il successo e la riuscita del gioco? Ce ne sono tantissimi, a partire dalle leggendarie musiche di Koji Kondo fino all’introduzione dei “Bowserotti”, ognuno con un nome di musicista famoso (tra cui Iggy Pop, Lemmy Kilmister e, con un bel salto, Ludwig Van Beethoven).
Anche se oggi il gioco non viene esplicitamente citato nella cultura popolare, tutti sanno che cos’è “La Foresta delle Illusioni” e quanti diabolici percorsi cela. Oppure: nel 2006 i TV on the Radio hanno intitolato il loro secondo album Return to Cookie Mountain, in riferimento all’omonimo livello di questo gioco.
Tutti i successivi giochi di Mario, specie quelli del “revival” 2D a partire da New Super Mario Bros. (2006) conterranno, in una maniera o nell’altra, dei riflessi di questo titolo. Per la Nintendo insomma, con Super Mario World gli anni ’90 si aprono alla grande; ma forse neanche si accorgono, nel frattempo, di fare anche la storia dei videogame.