True Mothers (Asa ga kuru), recensione del film di Naomi Kawase | RFF15
Direttamente dalla Festa del Cinema di Roma, la nostra recensone di True Mothers, il nuovo film di Naomi Kawase, selezionato per Cannes 2020 e acclamato in numerosi festival!
Viene presentato oggi in anteprima alla Festa del Cinema di Roma il nuovo film della regista giapponese Naomi Kawase, True Mothers, già titolo selezionato per il Festival di Cannes.
D’altronde la prolifica autrice è una frequentatrice abitudinaria della kermesse della Côte d’Azur. Molti dei suoi lungometraggi hanno partecipato al celebre Festival, ricevendo importanti riconoscimenti che ne hanno definito una fama anche in Occidente: su tutti il Grand Prix della Giuria nel 2007 per Mogari No Mori.
True Mothers: la Trama
Due storie che convergono inesorabilmente. Una coppia sposata è incapace di avere figli, e dopo numerosi tentativi decidono di percorrere la strada dell’adozione.
Dall’altro lato la giovane Hikari Katakura, che darà alla luce il piccolo Asato ma sarà costretta ad affidarlo alla Baby Baton, casa di affido famigliare per neonati. Un racconto struggente, ma al contempo estremamente elegante, delle due facce della maternità.
True Mothers: il Cast (interpreti principali)
Hiromi Nagasaku: Satoko Kurihara
Arata Iura: Kiyokazu Kurihara
Aju Makita: Hikari Katakura
Trailer
True Mothers: la Recensione
Racconto di donne, di madri, di figlie
Oggi dire Cinema significa più che mai, e finalmente, dire Donne. Donne dietro la macchina da presa, donne davanti la macchina da presa. Racconti di madri e di figlie, ma anche di ragazze perse e ritrovate. Naomi Kawase è uno dei nomi più importanti del firmamento cinematografico giapponese, e conTrue Mothers firma un elegante dramma da camera tutto al femminile.
Un’opera che attraverso il tema centrale dell’adozione si presta a declinare due visioni di maternità come esperienze distinte, ma forse complementari. La Madre come persona che ci dà la vita, o che attraverso questa stessa vita ci accompagna, passo dopo passo.
True Mothers diventa quindi il racconto di un conflitto, ma anche di una possibile riconciliazione nel finale che si concede finalmente al melòs. Una narrazione guidata attraverso l’intera durata del film, tramite un controllo maniacale della forma e una scrittura capace di restituire davvero due ritratti, due grandi caratterizzazioni delle Donne-Madri protagoniste di True Mothers.
Kore-eda e Naomi Kawase, ritratti e primi piani
Una caratterizzazione che non lascia spazio a figure maschili predominanti, lasciate sullo sfondo dell’incontro tra due mondi. L’uno sterile, l’altro troppo giovane per assurgere alle responsabilità di un padre: affettuosamente deboli e puerili. Le uniche protagoniste sono Satoko e Hikari, e le loro storie di Madri.
L’equilibrio nel sistema dei personaggi potrebbe richiamare alla mente, più che Shoplifters con il quale condivide solo in superficie presupposti narrativi, l’ultimo film di Kore-eda, La verité, incentrato sull’insondabile rapporto tra una madre e la figlia. Se Kore-eda è però l’autore dei ritratti di famiglie possibili, Naomi Kawase sceglie una dimensione ancora più intima, particolaristica.
La regia si esprime continuamente attraverso primi piani delle due co-protagoniste, volti a sottolineare la minima variazione nelle espressioni in un film che è condotto dalle due sole interpretazioni.
Il naturalismo e la sua dimensione quasi spirituale, nucleo della cinematografia di Naomi Kawase, viene relegato a splendidi innesti simbolici durante la narrazione. Sguardi su ciliegi in fiore, o su specchi d’acqua in movimento, collegano ampie sequenze di puro storytelling. In fondo Naomi Kawase sembra essere guidata dallo stesso senso estetico che ispira Terrence Malick, se proprio volessimo cercare una sorta di affinità elettiva tra Occidente e Oriente.
Al posto di una Madre-Natura protagonista, un tenue e spesso appena abbozzato paesaggio urbano è il teatro delle due storie che si svolge prevalentemente in interni, dai quali emergono altri dettagli della caratterizzazione delle protagoniste, specie del background famigliare di Hikari.
Struttura e forma del film
Il montaggio è fondamentale per tenere insieme la non-linearità della storia, che si muove attraverso ampi flashback nelle due vite di Satoko e Hikari. Questo permette di attraversare diversi registri, dal dramma famigliare a quello adolescenziale, passando per il rigore documentaristico di un commentario sociale.
Il tutto è tenuto perfettamente in equilibrio da una narrazione che, nonostante le numerose retrospezioni, procede in maniera estremamente limpida e rigorosa fino alla fine, senza mai rivelarsi complessa o incompleta.
La conduzione del film, tenuta quindi così a freno, potrebbe rendere più complicato il coinvolgimento emotivo dello spettatore, e il suo processo di immedesimazione. Diventa però un pregio quando questa compostezza è la stessa di due donne capaci di affrontare colpe, responsabilità e dolori senza mai scadere nel melodrammatico.
Senza diventare tragedia, True Mothers è uno splendido doppio romanzo di formazione, in cui la Donna si fa Madre e la Madre si fa, candidamente, Figlia.