Marilyn Manson parla della sua convivenza con il virus e di come può venir visto uno come lui in tempi come questi
Anche Marilyn Manson, come tutti gli altri musicisti (e come del resto tutti noi) sta patendo molto per via del virus. Nell’impossibilità di esibirsi e di suonare dal vivo, il cantante parla apertamente di salute mentale corrotta e di grandi difficoltà ad adattarsi alle dimensioni della quarantena.
“Non è una lamentela, come [farebbe] qualche tipo di rock star arrogante e depressa che dice ‘Non posso fare il mio lavoro quindi povero me!’. Ma per gli ultimi vent’anni tutto quello che ho conosciuto è stato andare sul palco e cantare. [Ora] non posso farlo. Ed è mentalmente devastante”.
“Quando sei in quarantena, la tua vita diventa un macrocosmo o un microcosmo. Diventi confuso. Non sai qual è la realtà, a parte ciò che si trova intorno a te. E può renderti pazzo” prosegue il Reverendo, riferendosi al tipo di vita che tutti abbiamo dovuto fare, quest’anno, almeno per qualche mese.
Manson prosegue poi a parlare dell’atteggiamento percepito nei suoi confronti, spesso ostile da parte di certi ambienti fin dagli anni ’90. “Difficile dire se la destra cristiana ce l’abbia con me ora, perché le chiese non sono aperte, le scuole non sono aperte. Questo esclude molti punti”.
“Un sacco di combinaguai sono senza lavoro. Probabilmente verrò in qualche modo incolpato del fatto che il mondo sta cadendo a pezzi, anche se non cerco questo merito”. Il riferimento è a quando Manson venne accusato, nel 1999, di avere influenzato i perpetratori della sparatoria alla scuola Columbine.
Del resto quella di Manson è sempre stata una figura controversa e provocatoria, anche se chi lo conosce sa che il Reverendo intende semplicemente svelare le ipocrisie degli ambienti più conservatori e radicali della società. Il suo ultimo disco, We Are Chaos, ne è un ottimo esempio.