Soul, Recensione del film Pixar: dell’anima e del senso della vita | RFF15

La nostra Recensione di Soul, il nuovo film Pixar arrivato in anteprima all Festa del Cinema di Roma: altro giro, altro capolavoro!

Soul
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Parlare del nuovo gioiello Disney-Pixar, presentato oggi in anteprima alla 15esima edizione della Festa del Cinema di Roma pochi giorni dopo lo screening al London Film Festival, porta con sé tutto il caso mediatico che gli si è costruito intorno. Soul infatti fa parte di quei titoli selezionati per Cannes 73, edizione rimandata a causa della pandemia, e che abilmente gli organizzatori del Roma Film Fest sono riusciti a inserire in cartellone.

Perso il treno francese, si è persa anche la finestra di distribuzione che era stata pensata per il titolo: giugno per le sale americane, settembre per quelle europee. L’annuncio della presenza di Soul nella Selezione Ufficiale della kermesse romana è stato però solo un brevissimo sospiro di sollievo.

Praticamente in contemporanea è arrivato infatti il comunicato di Disney, che ufficializzava la distribuzione del film unicamente sulla piattaforma streaming del colosso dell’intrattenimento.

Al di là delle giuste polemiche portate avanti dal settore degli esercenti dello spettacolo, rimasti orfani di uno dei titoli di punta della stagione, è davvero un peccato non poter godere di Soul al cinema.

Perché confermando le aspettative, Pixar non viene meno alla sua garanzia di qualità, confezionando un nuovo capolavoro che fa iniziare l’ennesima corsa alla stagione dei premi per Pete Docter, che per l’occasione riceverà il premio alla carriera.

Soul: la Trama

Per Joe Gardner è finalmente il grande giorno, l’inizio della vita che sognava sin da bambino. Dopo una vita di stenti, passata a rincorrere un ruolo precario da insegnante di musica, finalmente è arrivato il grande ingaggio con la sassofonista Dorothea Williams per un concerto in uno dei jazz club più celebri di New York.

Un imprevisto lo costringerà però a rivedere i suoi piani: si ritroverà nel Great Before, il mondo prima del mondo, in cui le anime vengono plasmate prima di incarnarsi sulla Terra. Sarà così l’ennesimo mentore di 22, l’anima più ribelle e ineducabile dell’Ante-Mondo, per portare a termine la missione che migliaia di grandi mentori, da Archimede a Gandhi, non sono riusciti a compiere: trovare la scintilla che accenda la piccola anima.

Soul: il Cast (Doppiatori originali)

  • Jamie Foxx: Joe Gardner
  • Tina Fey: 22
  • Questlove: Curly
  • Phylicia Rashad: Libba Gardner
  • Daveed Diggs: Paul
  • Angela Bassett: Dorothea Williams

Trailer

Recensione

Soul è un film sulla musica (?)

Il celeberrimo opening della Disney-Pixar viene piegato ad un arrangiamento fatto di soli fiati, stonati e fuori tempo. Con una geniale trovata di musica diegetica veniamo proiettati da subito nella vita disillusa di Joe Gardner, che tenta di trasmettere ad una classe di giovani studenti l’amore smodato per il jazz, suo unico scopo di vita.

La notizia del passaggio dal part-time alla cattedra di ruolo non lo rende però affatto contento, anzi. La sua ambizione è proiettata decisamente oltre i banchi di una scuola, e mira ai migliori club della scena newyorchese. L’occasione finalmente arriva quando il suo provino durante una jam session convince la grande sassofonista Dorothea Williams, che lo ingaggia per il suo quartetto.

Le premesse sembrano chiare: Pixar vuole ripetere il successo di Coco, raccontando la musica attraverso la musica. Il mondo di suoni evocato da Joe quando le sue dita fluttuano sulla tastiera, animate attraverso sessioni di motion capture dai risultati stupefacenti, sembra essere il protagonista dell’opera.

Non è affatto così. Il film vira abbastanza rapidamente a svelare la sua vera natura, lasciando alla musica il complemento di una colonna sonora in ogni caso stupefacente, fatta dalla New York jazz-centrica e dall’Ante-Mondo musicato da eterei ed evanescenti synth, due linguaggi incompatibili in cui si radicalizzano le connessioni e i contrasti del film.

La musica diventa quindi una scintilla come tante altre. La ricerca di uno scopo, di un significato alla propria esistenza: il motivo per cui la vita può essere definita tale. Il titolo perde così la sua ambiguità di significato tra anima e soul music, sciogliendo il gioco di parole per concentrarsi ad esplorare il significato più profondo della vita quando messa di fronte alla sua fine e al suo principio.

Soul e la trilogia della vita di Disney-Pixar

Soul va quindi a completare un’ideale trilogia formata da Inside Out e per l’appunto Coco. Ne rappresenta allo stesso tempo un perfetto sequel spirituale e una profonda antitesi dialettica. Dove infatti Inside Out si faceva scomposizione analitica della psiche nelle emozioni, Soul si fa sintesi.

Si passa dalla disamina dei sentimenti all’anima come un unicum predeterminato. Le anime devono superare gli esami dell’Io-seminario, per ottenere un pass per la Terra che indica la loro personalità e i loro interessi. Una geniale coesistenza di determinismo e casualità, che caratterizza una vera e propria cosmologia.

E come in Coco, viviamo un analogo viaggio di formazione tra la vita e la morte. Del dramma famigliare del piccolo Miguel restano però sparute tracce. Torna il tema della memoria nel ricordo di un padre che ha trasmesso al figlio quel fuoco indomabile che alimenta una passione, ma che spesso costringe a misurare i nostri sogni con la brutalità della vita vera.

La fantasia e la vivacità della musica di Coco che accompagna la feroce ricchezza cromatica del film lasciano spazio ad un jazz rapsodico e improvvisato, che contrappunta l’asciutta durezza della realtà, fatta spesso più dall’utile e dal vero, che dal buono e dal giusto.

Più volte, ad esempio, Joe si sentirà rimproverare il suo disprezzo per il posto fisso, l’unico capace di garantire sicurezza monetaria, l’assicurazione sanitaria e una pensione. Soul è così un film stratificato, che offre molteplici spunti di riflessione ad un pubblico altrettanto eterogeneo. Dal bambino che sogna cosa fare da grande all’adulto che si trova a combattere giorno per giorno con la vita, il suo significato e le sue contraddizioni.

Soul

Lo stile d’animazione di Soul

Soul non è solo poliedrico nell’interpretazione, ma anche nella messa in scena. Vengono messe inizialmente da parte le pirotecniche e policrome fantasie dell’inconscio di Riley o del Día de Muertos, per trasportarci in una New York al limite del fotorealismo.

L’attenzione dedicata al minimo dettaglio è maniacale, sia nella costruzione scenica nella sua globalità che in alcuni primi piani o particolari di interni. Il livello raggiunto dalla Pixar in questo senso è davvero stupefacente, e rappresenta probabilmente il nuovo standard.

Il linguaggio audio-visivo è però duttile, e lascia spesso spazio ad altri paradigmi dell’animazione, in una continua commistione di stili e idee. Ciò permette di caratterizzare il ricco mosaico di mondi e personaggi (tutti collegati verticalmente dal tòpos della caduta) che coesistono in Soul.

Tutto ciò è perfettamente in linea con la poetica di Docter, dove l’animazione si fa drammaturgia: rappresentare e caratterizzare mondi diversi e lontani, ma come mai prima divisi da confini sottilissimi e invisibili, con registri e stili differenti. Da questo punto di vista la ricchezza di Soul è davvero una vera e propria summa del percorso artistico del regista.

I cancelli del Great Beyond sono così resi da enormi black screen trapuntati di stelle, mentre le praterie dell’Ante-Mondo sono acquerelli dall’atmosfera più blurred. Ad abitare questo mondo immateriale non troviamo solo le anime pronte al grande salto, ma anche numerosi Jerry, incarnazione del campo quantico unificato. Veri e propri guardiani della soglia, rappresentano l’incursione di Soul nel minimalismo fumettistico di bozzettiana memoria. Il contabile Terry non può non richiamare alla mente la malleabilità della Linea di Bruno Bozzetto.

Dell’anima e della vita

Ho sentito una storia una volta. Parlava di un pesce, che si rivolge al pesce più anziano per chiedergli: «Sto cercando l’oceano, sai dove si trova?» E lui gli risponde: «Ci stai nuotando dentro».

Senza grandi climax emotivi, come la morte di Bing Bong in Inside Out o il finale di Coco, Soul ci porta ad immedesimarci gradualmente con il protagonista. Come lui, spesso ci illudiamo di avere risposte a domande che non ci siamo mai realmente posti, affidando ad un’unica passione la ragione di ogni nostro scopo.

Così Soul non forza mai la commozione, cercandola nel melodrammatico, ma ci fa innamorare lentamente, esattamente come Joe, della bellezza della vita. E in una sequenza in particolare più di uno spettatore si sentirà sferzato da un’emozione che ha lavorato sotto traccia, accumulandosi un dettaglio sopra l’altro.

Soul

Una foglia che staccandosi da un albero fluttua verso di noi, la morbidezza di un rocchetto di filo, il sapore di una crosta di pizza. Il viaggio di Joe nell’Ante-Mondo lo porta alla scoperta del vero significato della vita, che non si esaurisce nella realizzazione di un sogno, per quanto forte e urgente esso sia per noi. L’anima del film è nella vita come esperienza del contatto, delle sensazioni, dell’attimo.

Per questo Soul potrebbe sorprendere il grande pubblico sia in senso positivo, che negativo. Se Inside Out era il film della fanciulezza, Coco del passaggio e della consapevolezza, Soul è quindi il film della maturità, il più adulto di questa ipotetica trilogia.

Rinunciando al sogno e all’incanto, si allontana dall’indirizzo classico della Pixar. Soul parla della vita in una maniera totalmente inedita, matura ed asciutta, e per questo estremamente poetica. Scavando nel dettaglio più insignificante, darà un’interpretazione totalmente nuova a ciò che crediamo di sapere su noi stessi.

Soul è disponibile dal 25 dicembre su Disney Plus, incluso nell’abbonamento in Early Access, quindi disponibile a chiunque sia iscritto alla piattaforma di streaming.

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