Netflix ancora nei guai per il caso Cuties. Stavolta le accuse arrivano da una corte del Texas
Continua a far discutere il caso di Cuties (Mignonnes), il film francese prodotto da Netflix che da settimane si sta attirando critiche e accuse da ogni parte. Nello specifico l’attenzione dei commentatori è stata attirata dal ritratto fornito nel film di quattro bambine di undici anni “iper-sessualizzate”.
Nel film il quartetto deve partecipare a un concorso di ballo moderno, con coreografie parecchio “suggestive” e con mosse che, diciamo così, hanno fatto inarcare molte sopracciglia. La protagonista, Amy, è una ragazzina fuori posto che cerca di sfuggire all’eccessivo tradizionalismo (così percepito da lei) delle sue origini islamiche.
Di conseguenza si lascia “corrompere” dalle coetanee, cedendo presto a comportamenti ed atteggiamenti da adulta che in realtà non le appartengono. La nuova accusa contro il film, proveniente dal grand jury della cittadina texana di Tyler County, si sofferma proprio su questi aspetti.
L’incriminazione si basa su di una legge del Texas che proibisce la consapevole diffusione di materiale visivo che mostri i genitali o l’area pubica di un bambino, vestito o parzialmente vestito e il cui interesse risieda solo nella componente sessuale e non abbia serio valore letterario, artistico, scientifico o politico.
Le critiche verso il film provengono negli Stati Uniti specialmente dagli ambienti repubblicani e nello specifico dalla figura del senatore Ted Cruz. Costui ha infatti chiesto un’investigazione da parte del Dipartimento di Giustizia. Nel frattempo l’hashtag #CancelNetflix è andato in trend su Twitter per diverso tempo.
Il procuratore distrettuale a capo dell’accusa, Lucas Babin, avrebbe chiesto una pena di reclusione per Reed Hastings e Ted Sarandos, i CEO di Netflix. Il colosso dello streaming continua a difendere la sua posizione, asserendo che il film tratta di tematiche importanti e intende essere solo fornire un realistico commentario sociale.