Phantom Planet, California, The O.C. Tutti collegano automaticamente questi tre ricordi. Riscopriamo insieme quell’epoca
“We’ve been on the run / Driving in the sun / Looking out for number one / California here we come”. La riconoscete? Ovvio che sì. Le parole sono quelle di California, il singolo più famoso (e di certo l’unico noto al grande pubblico) della band americana Phantom Planet.
Inutile girarci attorno: questa canzone è famosa perché a metà circa degli anni ’00 conquista il pubblico di tutto il mondo come sigla di The O.C., a sua volta serie di culto per un’intera generazione. La serie va in onda dal 2003 al 2007, per breve tempo, ma tutti ce la ricordiamo benissimo.
Giovani californiani post-adolescenti, figli di famiglie ricche con mille problemi di adattamento e di relazioni. Seth Cohen, Marissa Cooper, Summer Roberts e soprattutto l’emarginato ma affascinante Ryan Atwood, ritrovatosi in un mondo completamente diverso dal suo e al quale deve adattarsi.
La sigla della serie è affidata alla canzone della band e il mutuo successo è tale che i Phantom Planet, formatisi a Los Angeles nel 1994, vengono catapultati di colpo verso la fama internazionale. Ma di chi si tratta? Perché questa band non ha mantenuto la celebrità e oggi è scomparsa?
Una meteora musicale: un fenomeno improvviso e poi solo la polvere
Il fenomeno delle “meteore” musicali, band improvvisamente famosissime e poi dimenticate il giorno dopo, non è certo cosa nuova. Chi si ricorda oggi degli Herman’s Hermits? Eppure c’è stato un momento, negli anni ’60, in cui erano più famosi dei Beatles. Lo stesso vale per infiniti altri gruppi ed artisti.
In questo senso i Phantom Planet sono “solo” una delle tante formazioni rock americane che emergono tra gli anni ’90 e gli anni ’00. Pubblicano cinque album, dei quali l’ultimo è uscito nel 2020, a dodici anni di distanza dal precedente. Si sciolgono infatti nel 2008 per ricomporsi poi nel 2012 e infine nel 2019.
Ma di tutto ciò in pochi hanno ascoltato qualcosa. Basta dare un’occhiata alla loro discografia. Su quindici singoli pubblicati in vent’anni, oltre a California, solo uno è entra in una classifica, al numero 20: Big Brat, del 2003, spinto senz’altro dal successo della mega hit mondiale che conosciamo. I loro album vendono poco di più.
L’eccezione è ovviamente The Guess, disco del 2002 che dopo il successo della canzone diventa un piccolo classico del pop rock americano degli anni ’00. Ma il pezzo forte è sempre quello: California e ancora California. Il sound irresistibile della hit perfetta, a metà tra melodico ed euforico, non lascia scampo.
La rincorsa del successo e la maledizione di una hit
Spinta dal successo della serie, la canzone ottiene un enorme riscontro internazionale, sfiorando la cima delle classifiche di Austria, Irlanda, Scozia, Svizzera, Germania e Regno Unito. Da noi arriva alla posizione numero 2, il che spiega tranquillamente perché ancora oggi la ricordiamo tutti a memoria.
Il sound fresco ma anche innocente del pezzo conquista tutti gli adolescenti che guardano The O.C. e regala ai Phantom Planet il sospirato successo. Ma è anche la loro rovina, perché da lì in poi saranno sempre e solo “quelli di California”. Una maledizione dalla quale non riusciranno a liberarsi mai più.
Non aiuta troppo, come si potrebbe pensare, il fatto che il batterista dei Phantom Planet, nonché co-fondatore e co-autore della stessa California, sia Jason Schwartzman. L’attore, nel gruppo dall’inizio, infatti esce nel 2003, proprio vicino all’apice del successo. Negli anni non si è mai riavvicinato a loro.
La vera fama di Schwartzman del resto arriva subito dopo con i film di Wes Anderson (su tutti The Darjeeling Limited, 2007) e nel frattempo il “momentum” California per i Phantom Planet arriva e se ne va. La presenza di Schwartzman nel gruppo rimane quindi più una curiosità che altro.
L’eredità, il possibile plagio, le parodie e il passaggio alla storia
Vista la fama della canzone, non si tarda a rintracciare delle somiglianze con altre composizioni. Non si parla apertamente di plagi, anche perché vengono forniti tutti i credits necessari: ma California, Here I Come, hit del 1921 interpretata da Al Jolson (l’attore di The Jazz Singer, il primo film sonoro per convenzione) va citata.
I credits della canzone riconoscono infatti George Gard DeSylva, il compositore della canzone di Jolson, come co-autore di California. Co-autore, insomma, di una hit di ottanta anni dopo. Altre somiglianze, poi, sono state rintracciate con un’altra “California”: una canzone di Joni Mitchell, dal suo famoso album Blue, del 1971.
Queste “ispirazioni” spiegherebbero l’intuizione alla base di un tale successo, in contrasto col resto della discografia del gruppo, che non regge minimamente il confronto. California viene addirittura cantata da Alvin and the Chipmunks e anche se altre loro canzoni tentano l’approdo in altre serie tv, quella rimane la loro sola e unica hit.
Sono passati più di quindici anni ma il fatto che migliaia di ex-adolescenti (specie qui in Italia) ricordino ancora bene questo pezzo è un buon esempio non solo delle fortune passeggere dei “vecchi” gruppi rock, ma anche di come funzionavano i media prima dei social. Ci voleva poco, con una canzone, per segnare una generazione intera.