Sembrava fosse tutto finito per la folle famiglia Firefly ma il male è sempre duro a morire. Dopo un periodo in carcere, Baby, Otis e riescono a fuggire dalle sbarre per tornare a seminare morte in ogni dove. Diretti in Messico però, avranno qualche grattacapo da risolvere, visto che il passato tornerà a galla.
3 From Hell, la Recensione
Dopo il bellissimo Le Streghe Di Salem, il cinema di Rob Zombie non ha passato buoni momenti. Anzi, se possibile, ha avuto un notevole peggioramento in termini di produzione di cui però il regista ha fatto sempre virtù. Ora direttamente in home video, ora qualche giorno in sala, ora il crowfounding unica opzione possibile, così come accadde per 31 (qui la nostra recensione).
Tuttavia, rispolverando i suoi primi due film, veri e propri capolavori del genere, Rob Zombie ha riportato in auge una delle famiglie più folli della sudicia provincia americana, la famiglia Firefly. Così come la Hewitt di hooperiana memoria, il temibile trio tenta di prendersi un posticino in questo infame olimpo fatto di follia e violenza.
Sulle note di Free Bird dei Lynyrd Skynyrd, il trio sembrava capitolare sotto il braccio armato della legge. Ovviamente non è così, almeno per Otis e Baby. È infatti doveroso ricordare di come la malattia di Sid Haig ha costretto Rob Zombie a tagliare repentinamente il fantastico Capitan Spaulding dalle scene, sostituendolo con Richard Brake, già visto in 31 nei panni dell’inquietante villain Doom-Head.
Una trilogia, dunque, in cui Zombie sperimenta tre generi diversi. E in 3 From Hell si abbandona interamente ad un exploitation di cui Tarantino sarebbe fiero, se solo il film fosse degli anni Settanta. Violenza, ferocia, nudità . Tutto è postato al suo estremo, come solo il regista-musicista sa fare.
La struttura del film è perfettamente tripartita, trascinando lo spettatore in un perfetto grindhouse. Il sanguinolento sipario si apre con una serie di finti documentari che ricapitolano il folle percorso dei Firefly, seguendoli anche dentro al carcere.
Interviste, interrogatori, dietro le quinte e quant’altro, tutto a disposizione per raccontare quel marciume di corpo e anima ma senza intenti moralisti. Zombie guarda al mito del male prendendolo così com’è, osservando sia la risposta mediatica, sia quella popolare, tra sostenitori dei Firefly e oppositori, in un ideale paragone con la Famiglia di Charles Manson.
Mettendo da parte ogni riflessione sulla dicotomia tra eroe e antieroe, Zombie dà il via al suo viaggio nel cinema d’exploitation abbracciando gran parte dei suoi sottogeneri. Dal prison movie allo shoxploitation, chiudendo con il mexploitation. Accompagnato ovviamente da una colonna sonora puntuale come pochi altri film.
La lettura di quanto può offrire 3 From Hell può avere due chiavi ben distinte. Da un lato, forse più cinico, balza all’occhio proprio la povertà di contenuti in favore di una vuota e violenta messa in scena. È infatti palese che il film non aggiunge nulla al primo dittico. Tuttavia, dall’altro lato, Rob Zombie ripropone un tipo di cinema che ormai sembra non esserci più.