Un vero e proprio orrore visivo digitale. L’intermezzo grafico che ricopre ogni cosa, anche lo stesso corpo di Ryan Reynolds, non solo annienta ogni credibilità scenica, minando il patto implicito costituito con lo spettatore, ma azzera anche qualsiaasi coinvolgimento emotivo.
L’intento di giocare con il “senso del trucco”, attraverso una forma che esplicita la propria natura e le sue implicazioni, era chiarissimo. Il risultato ottenuto però, invece di fornire riflessioni sulla natura filmica del titolo, non fa altro che fagocitare ogni cosa, soffocandole sotto una patina posticcia in antitesi con la continua ricerca di epicità.
Tante idee, molta confusione e poca concretezza fanno di Green Lantern un’occasione sprecata per un buon mestierante come Martin Campbell. Fra le produzione tratte de fumetti, sicuramente uno dei film più brutti.
13) Ghost Rider: Spirito di vendetta – Mark Neveldine e Brian Taylor (2011)
Se la camera acrobatica e virtuosa dei due registi fornisce dei momenti adrenalinici vagamente accettabili, la sceneggiatura invece annienta ogni buona intenzione e restituisce al pubblico un film scialbo e banale, almeno per tutta la sua parte centrale.
Noioso, privo di idee e vuoto; Ghost Rider: Spirito di vendetta, dopo un buon inizio, si arresta totalmente e smette di divertire lo spettatore, regalando momenti inutilmente lunghi e poco attinenti con i toni del resto dell’opera.
I due registi riescono inizialmente nell’intento di dare un’identità al personaggio, riformulandone la mitologia e abbracciando la sottocultura del metal ed i suoi codici. Le buone intenzione vengono però presto smarrite, vanificando totalmente quel che di buon era stato fatto fino a quel momento.
Gli interventi digitali ed alcune semplificazioni di trama non fanno altro che affossare e demolire ulteriormente il titolo, rendendolo totalmente inadeguato per i tempi in cui è stato realizzato.
14) Elektra – Rob Bowman (2005)
Il più grosso problema di Elektra è sicuramente quello di non creare alcun tipo di interesse, o almeno d’empatia, nei confronti della protagonista Lo visione è così dominata da un totale disinteresse nei confronti delle vicende mostrate.
Rob Bowman però è colpevole anche di aver messo in scena un film ridondate nelle sue meccaniche, incoerente nelle scelte stilistiche e ricco di soluzioni narrative improbabili.
La ricerca di una coerenza nello sviluppo diegètico degli eventi, viene presto soppiantata dall’abuso del deus ex machina. Un’opera priva d’identità e spessore, anche a causa di un’introspezione quasi nulla di Elektra, che relega la sua figura esclusivamente alla funzione di icona sexy in pieno stile anni ’90.