Che cos’è IMAX? Storia e Funzionamento del Luna Park Cinematografico

IMAX, il Luna Park del cinema, la storia e il funzionamento di una tecnologia che attraversa tutto il processo cinematografico: dalla ripresa ai proiettori passando per la struttura delle sale

IMAX
UCI Cinemas Orio – Oriocenter – Azzano San Paolo (Italy)
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Se guardate i primi 100 film di tutti i tempi secondo Variety, il 90% di questi sarebbe stato meglio in IMAX.

Graeme Ferguson, co-fondatore imax corp.

IMAX è l’espressione più recente dell’animo futuristico e magico del Cinema, volta a stupirci come se fossimo bambini dinanzi a un Luna Park. IMAX è quella figura misteriosa e ammaliatrice che grida “Venghino, signori, venghino!”. Una mosca bianca che vaga per l’industria e che ancora non riesce, per mille motivi che spiegheremo, a imporsi come il principale metodo di produzione e fruizione della settima arte. Eppure, tale tecnologia, abbraccia a trecentosessanta gradi l’intera filiera cinematografica: dai mezzi di ripresa alla proiezione passando per la struttura della sala e l’impianto sonoro. Produzione e fruizione: cineprese, pellicole, proiettori, sale; nel calderone IMAX è contemplato l’intero processo. Questo approccio eclettico è nato dall’amore per l’arte e dalla fiducia nella scienza in un impeto romantico-cerebrale unico nel suo genere. Inevitabile che ritornino alla mente gli albori del cinema, quando la visione era accompagnata da urla incredule e occhi sbarrati sullo sfondo di qualche Esposizione Universale o spettacolo itinerante. La storia di IMAX CORPORATION è composta dagli stessi elementi chiave che hanno fatto del cinema la settima arte: coraggio, intuizione e voglia di stupire.

IMAX: Storia di una piccola rivoluzione

La nascita dell’IMAX ci narra di coraggio e un pizzico di incoscienza. Come in tutte le belle avventure ci sono dei personaggi principali. Il primo di questi si chiama Graeme Ferguson, un uomo che potremmo definire semplicemente un visionario. Nel lontano 1968, Ferguson si appresta a ricevere, in un un ufficio della sua società di produzione indipendente, alcuni uomini d’affari giapponesi che rappresentano gli interessi della Fuji Bank. Se ne andranno con una promessa: all’Expo’70 di Osaka ci sarebbe stata una proiezione futuristica di un film girato con una sofisticata cinepresa e una pellicola capace di impressionare fotogrammi dieci volte più grandi di un normale 35mm; uno schermo alto sei piani; nuovi obiettivi; apparecchiature audio avanzate e una nuova struttura della sala. Insomma, roba da Esposizione Universale.

Gli altri tre uomini chiave di questa storia sono: Roman Kroitor, Robert Kerr e Bill Shaw, quest’ultimi due amici d’infanzia di Ferguson. Il quartetto era composto da uomini con solide specializzazioni e carriere ben avviate nei rispettivi campi, ciò che li accomunava era l’amore per il cinema e un po’ di incoscienza visionaria. Attitudine, questa, in sintonia con quello che serviva per realizzare un progetto ambizioso come IMAX. Feguson, Kroitor, Kerr e Shaw si buttarono a capofitto assumendosi il rischio di un grosso fallimento abbandonando porti più che sicuri.

Da Montreal ’67 a Osaka ’70

Graeme Ferguson è nato come regista indipendente e uno dei suoi primi lavori fu proprio a un EXPO: quello di Montreal nell’anno domini 1967. Per realizzare il complesso progetto, il regista chiese a Robert Kerr, allora sindaco di Galt (Canada) e suo storico amico, di fondare una casa di produzione per dare vita all’opera da mostrare a Montreal. Il risultato fu Polar Life, un documentario multischermo proiettato in una sala che prevedeva una piattaforma rotante su cui far sedere il pubblico.

Anche il terzo uomo di questa storia, Robert Kroitor, partecipò a Montreal ’67. Il regista ideò e produsse un film sperimentale, co-diretto dal celebre regista canadese Hugh O’Connor, dal titolo In the Labyrinth, il film che ha ispirato la tecnologia IMAX. La proiezione prevedeva un palazzo di cinque piani con tre sale (una di transizione) dove gli spettatori erano coinvolti totalmente a livello sensoriale. Colori, immagini multiple, sonoro senza precedenti resero il film una delle esperienze più significative di quella Esposizione Universale. Elemento chiave dello spettacolo era la proiezione con doppio proiettore, elemento significativo per il prosieguo della nostra storia.

Montreal ’67 fu una vera e propria vetrina per i film multischermo con doppi proiettori. Purtroppo, l’approccio si rivelò ben presto troppo complesso e poco agevole per la produzione di massa, inoltre la fluidità delle immagini non convinse mai appieno gli addetti ai lavori. Dalle difficoltà, come spesso capita, nacque l’idea. Ferguson intuì che quella era la strada giusta ma che la chiave di volta andava individuata nella possibilità di mostrare film con un unico, potente, proiettore. “Sarebbe stato meglio avere o poter avere un unico proiettore di grande formato per riempire uno schermo di grandi dimensioni. Una volta avuto questo, il passo successivo sarebbe stato quello di avere un formato di pellicola più grande”.

A questo punto entrarono in gioco i giapponesi, che commissionarono a Kroitor un film per il successivo EXPO. Il regista decise di coinvolgere la casa di produzione di Ferguson e Kerr: nacque la Multiscreen Corp. la futura IMAX Corporation.

Una serie di strabilianti invenzioni

La cinepresa

Dopo il patto partì l’inventiva. La prima invenzione, ad opera di Jan Jacobson, fu la cinepresa. In pochi mesi riuscì a perfezionare la ormai celebre camera per pellicola da 65 mm a scorrimento orizzontale (ne parleremo meglio nel paragrafo dedicato).

Meraviglia delle meraviglie: il proiettore

A quel punto si presentò la prima vera sfida: il proiettore. L’azienda acquistò il brevetto da un ingegnere australiano, Ron Jones, che come compenso chiese giusto i soldi per la sua sognata casa in mezzo alla natura, “aveva sessant’anni, voleva solo andare in pensione”. Oramai siamo nelle parti della leggenda, nacque un gioiello dell’alta ingegneria: il proiettore Rolling Loop.

Like a Rolling Loop

Il Rolling Loop Film Transport System, però, doveva essere adattato a formati di pellicola più grandi. Qui entra in gioco il quarto uomo della nostra storia: Bill Shaw, un ingegnere quarantenne che mollò tutto pur di inseguire l’intuizione di Ferguson e Kerr. Tramite corrispondenza, Shaw e Jones riuscirono a perfezionare il proiettore di cui necessitava il futuro IMAX.

Funzionamento di un “aggeggio” che detta ancora legge. “La pellicola gira orizzontalmente 24 fotogrammi al secondo con un movimento fluido e ondeggiante (grazie a getti di aria compressa). Durante la proiezione, ogni fotogramma viene posizionato su perni di registrazione fissi e la pellicola viene tenuta saldamente contro la parte posteriore dell’obiettivo tramite un vuoto. Di conseguenza, la stabilità dell’immagine e della messa a fuoco è di gran lunga superiore allo standard. Il meccanismo del proiettore ha sei componenti meccaniche che devono agire in preciso sincronismo per far avanzare la pellicola, fotogramma per fotogramma, con elevata precisione e usura della pellicola trascurabile”.

Di seguito, un video esplicativo:

La consacrazione a Osaka ’70 e il primo cinema IMAX

Una volta assicurato il piano tecnologico ed economico (i fondi furono difficili da reperire) si passò a quello artistico. L’opera portata a Osaka fu Tiger Child, diretto dal grande documentarista Donald Brittain, e fu il primo vero film IMAX. Proiettato ancora con una piattaforma rotante che non desse la sensazione di un punto di vista univoco, l’esordio di Tiger Child fu una vera e propria scommessa. I prototipi tecnologici furono attivati solo a pochi giorni dall’inaugurazione rendendo la sfida al cardiopalma. Ottenne un buon successo ma era solo l’inizio. “Volevamo un sistema standardizzato che potesse essere utilizzato da chiunque al mondo”. L’anno dopo nacque il primo cinema IMAX: il Cinesphere all’Ontario Place di Toronto, un’istituzione tutt’oggi ancora in piedi. Da quel momento in poi, i quattro uomini di questa storia continuarono a costruire, mattone dopo mattone, quello che oggi tutti noi conosciamo come la più grande tecnologia cinematografica al mondo.

Prima del cinema la vocazione pedagogica: IMAX come strumento educativo

Il successo di Osaka diede una notevole spinta alla Multiscreen Corp. e aprì le porte alla prima vera vocazione dell’IMAX: la divulgazione scientifica. Attraverso futuristici impianti a cupola, come l’OMNIMAX aperto nel 1973 a San Diego, documentari con immagini a risoluzioni mai viste prima e obiettivi grandangolari fish-eye appositamente creati per gli schermi a cupola che distorcevano l’immagine di centottanta gradi, IMAX ha donato al mondo dei viaggi incredibili. Viaggi che ci hanno portato negli oceani, sull’Everest (con una cinepresa da 17 chili!) e diciassette volte nello spazio.

Ma perché IMAX si è affermata prima di tutto attraverso i documentari?

Oltre all’esperienza di Ferguson con i documentari naturalistici e l’evidente bellezza della tecnologia 15/70 applicata alla paesaggistica, ci sono anche motivi puramente pragmatici. Qui entriamo nel campo tecnico e quindi dobbiamo porci delle domande: come si gira in IMAX e come funziona una cinepresa di questo tipo?

Aspetti Tecnici: la fase realizzativa

Come affermato da Ferguson, agli inizi c’era molta resistenza verso la produzione di lungometraggi in IMAX. I finanziatori dei progetti e i possessori di sale sostenevano che nessuno avrebbe voluto assistere a una proiezione superiore ai quaranta minuti. Bisogna tener conto che la visione spesso è molto faticosa per lo spettatore, che può accusare disorientamento e stanchezza agli occhi, e a volte, in film molto dinamici, anche nausea. Esemplare il caso di una cinepresa montata su un aereo, alcuni accusarono un vero e proprio mal d’aria. Inoltre, l’ostruzionismo, come anticipato, era incentivato da una effettiva difficoltà tecnica. Alle origini i piatti delle bobine prevedevano un limite di quarantacinque minuti, regola, questa, imposta dal sistema per contenere i costi (ad oggi il limite è di centottantacinque minuti). Tre quarti d’ora di girato IMAX, poi, prevede il doppio del lavoro di un girato standard a parità di minuti, per questi motivi è chiaro che un film di un’ora e mezza rappresentava un’impresa davvero ardua. Ecco spiegato perché il mercato IMAX dei primi anni era composto solamente da documentari da quaranta minuti destinati a musei e parchi divertimenti.

Per molto tempo, girare un drama classico in IMAX è risultato proibitivo. L’allestimento del profilmico; la manualità della cinepresa, resa complicata dall’ingente peso; la velocità di scorrimento della pellicola che ne imponeva una grossa quantità (rendendo i costi proibitivi). Interrompendo per un attimo la nostra lista di complicazioni e soffermandoci su questo ultimo punto è interessante notare che un lungometraggio di due ore può arrivare a pesare centinaia di chili, si pensi che Interstellar, girato in buona parte in IMAX, è arrivato a pesare ben 272 chilogrammi. Riprendendo la lista di difficoltà bisogna citare anche l’alta sensibilità alla luce della pellicola da 70mm e la conseguente nitidezza d’immagine che presuppone un lavoro estenuante sulla preparazione dell’inquadratura e in cui il margine d’errore consentito è bassissimo. Di conseguenza, per tutti questi motivi, la media di lavoro girato in un singolo giorno di riprese con IMAX è molto inferiore rispetto a una lavorazione in 35mm.

Pellicola e cineprese

La pellicola: Sua maestà 15/70
35MM VS 70MM IMAX FORMAT

Come è noto a molti, la pellicola IMAX è un 70mm (65mm in negativo) con uno scorrimento (pulldown) orizzontale (come il VistaVision) e a 15 perforazioni (la pellicola da 35 mm di solito ne ha 4 e uno scorrimento verticale). Per questo motivo, la pellicola IMAX è chiamata comunemente 15/70. Il fotogramma è dieci volte più grande di un formato standard e tre volte di quello del 70mm classico. Tale messa a punto permette di ottenere immagini dalla risoluzione senza precedenti. Per girare a 24 fotogrammi al secondo, una pellicola così ampia deve per forza di cose scorrere più velocemente rispetto alla norma. A questo ritmo una bobina dura appena pochi minuti (10 minuti di girato in IMAX 2D può arrivare ai 4 km di lunghezza). Risulta chiaro, quindi, come anticipato precedentemente, che produrre un lungometraggio in questo modo è estremamente dispendioso, sia in termini di costi che di lavoro. Margini di errore bassissimi, quantità e costo del materiale elevato, tempi di lavorazione mediamente lunghi. Si pensi che il ricambio della pellicola nel piatto richiede non meno di venti minuti; spesso, infatti, c’è un operatore addetto esclusivamente al ricambio delle bobine. Inoltre, la grande quantità di luce richiesta da un negativo così ampio è complicata da gestire, un piccolo errore e potrebbe sparire completamente la profondità di campo. Appare evidente come non sia affatto agevole lavorare con questi tipi di mezzi. Gli addetti ai lavori consigliano ai registi che lavorano con IMAX di circondarsi di una troupe preparata e che preferibilmente abbia già esperienza con questa tecnologia.

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In compenso, il risultato è straordinario. Si stima che la risoluzione del 15/70 arrivi a 18K, anche se, come affermato da molti esperti, il valore reale si attesta intorno ai 11.7K. Numeri esorbitanti. Chiariamo a scanso di equivoci che godrete di questa risoluzione solo in teatri allestiti per il 15/70, al momento non presenti in Italia, ma di questo parleremo più avanti.

Le cineprese
imax
Christopher Nolan sul set di Tenet

Per una pellicola così unica servono cineprese apposite. Il catalogo IMAX può contare su una trentina di modelli (a questo link potrete fare un tour tra alcuni di essi), dalla più piccola MKII LW fino alla monolitica 3D-15 SOLIDO. Anche le più maneggevoli hanno un notevole peso, MKII LW è sui 21 kg (una camera per il 35mm di solito non supera i 18 Kg). Il peso rende estremamente complicato il movimento ostacolando la fluidità e la varietà del coverage; problema, questo, risolto parzialmente dalle macchine più leggere, che restano comunque dei colossi spezzaschiena. Come testimoniato da Christopher Nolan —attualmente il regista più abile a usare il mezzo IMAX— sul set di Dunkirk aumentò lo scene con camera IMAX in spalla, per attuare questa scelta dovette assumere un team di massaggiatori che desse sollievo al cameraman. Sull’argomento si è espresso anche il direttore della fotografia Mathieu Vié che ha ribadito come sia possibile girare a “mano libera”, a patto che non si resti con il peso per lungo tempo: “non correrei con la MSM (9802) sulla spalla tutto il giorno ma sicuramente si possono girare alcuni scatti dando il desiderato effetto traballante. Consiglio comunque di avere sempre un solido appoggio alle spalle”.

Superate le categorie più leggere, il peso della camere diventa enorme e lo spostamento va effettuato con attrezzature idonee. Per farsi un’idea, la già citata 3D-15 SOLIDO pesa ben 110 Kg. Pertanto, è facile immaginare come sia davvero impossibile girare in IMAX senza un’organizzazione intensa e un team estremamente preparato. Si necessità, più del normale, di gru, dolly estremamente solidi, testate e treppiedi capaci di sopportare peso e vibrazioni dei grandi e potenti motori della cinepresa. Proprio i motori fanno sorgere ulteriori complicazioni. Infatti, lo scorrimento veloce della pellicola rende i meccanismi molto rumorosi impedendo la ripresa di scene che prevedono lunghi dialoghi. Per questo motivo non vedrete mai, almeno per il momento, un film girato interamente in IMAX. Nolan ha tentato l’impresa con Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno rendendosi conto che era impossibile. In compenso, il regista britannico è riuscito a realizzare il lungometraggio con il numero maggiore di minuti girati in IMAX, vale a dire Dunkirk, che appunto è un film con pochissimi dialoghi. In Tenet, invece, è evidente l’alternarsi del 15/70 nelle scene d’azione, Panavision Super 70 (evoluzione del SuperPanavision) e ARRI 765 (camera da 65mm molto silenziosa) in quelle in cui i dialoghi la fanno da padrone. Il cambio è semplice da notare in sala, si passa dall’aspect ratio dell’IMAX (1.43 o 1.90) a quello del Panavision (2.20) riconoscibile sugli schermi da un letterbox con due strisce nere sottili sopra e sotto l’immagine.

A proposito del rapporto d’aspetto, è interessante notare che IMAX non prevede un formato panoramico tipico dell’anamorfico (2.39) ma una ratio più quadrata per la proiezione in pellicola e IMAX Laser (1.43) e un widescreen 1.90 per le proiezioni digitali. Il primo risulta più vicino all’Academy Ratio dei tempi andati (1.37); mentre il secondo è molto vicino al formato più diffuso nel cinema contemporaneo, vale a dire 1.85. A prescindere da quale aspect ratio vediate, la grandezza dello schermo e la qualità dell’immagine (che siano su supporto analogico o digitale) rendono l’esperienza estremamente immersiva. Certo, se avete l’opportunità di andare in un Grand Theatre 15/70 ritenetevi fortunati, state assistendo alla massima espressione tecnologica e esperienziale del cinema attuale.

Ritornando alle problematiche legate alla realizzazione di un film in IMAX bisogna porre l’accento anche su altri fattori. Oltre all’alto costo delle materie prime e della stampa —per stampare un lungometraggio di 120 minuti occorrono circa 40 mila dollari— la ripresa è complicata dall’altissimo dettaglio delle immagini catturate. La cinepresa “vede” tutto e si necessita, quindi, di un’aria di inquadratura particolarmente ampia. “Prendiamo, ad esempio, una scena in cui una donna che viaggia in treno guarda fuori dal finestrino. Teoricamente, si potrebbe realizzarla usando una donna e una finestra. Con la pellicola da 70mm classica, invece, servirebbe l’intero vagone ferroviario, fermo restando che si vedrebbe comunque l’emozione sul viso della donna. Con il 15/70, invece, si vedrebbe l’intero treno muoversi attraverso la campagna, le montagne e il cielo e nonostante questo, il pubblico sarebbe ancora in grado di carpire l’espressione della protagonista che guarda fuori dal finestrino. Di conseguenza, si necessita di un budget per un intero treno in esterna, di “forza” per una carrellata a seguirlo in corsa e di pazienza per aspettare la luce adeguata”.

I nostri occhi percepiscono una grossa quantità di dettagli e il regista deve tenerne conto sempre dato che in fase di riprese non ha una visione immediata della minuziosità dei particolari. “Ogni superficie, ogni ruga, ogni rifinitura, ogni texture saranno evidenti, verruche comprese. È facile sottovalutare l’importanza di questioni apparentemente banali: impronte umane in ambienti incontaminati [si pensi ai documentari], mozziconi di sigaretta, le ombre della troupe”. Per tutti questi motivi, in un film IMAX vedrete un minor utilizzo di primi piani, cutaway e carrellate, ove quest’ultime due, con i loro movimenti, potrebbero infastidire lo spettatore ancora intento ad assorbire le tantissime informazioni dell’immagine, inoltre è imperativo categorico non distrarre il pubblico con “dati” inutili cercando di focalizzare al meglio il centro dell’inquadratura. Ulteriore esempio di ciò che stiamo riportando è l’utilizzo del make-up. Il trucco e parrucco non ha grandi spazi di manovra come nelle produzioni standard. Un lavoro fin troppo vistoso apparirà posticcio sugli schermi titanici delle sale.

Come accennato precedentemente, poi, ulteriore complicazione è dettata dall’illuminazione. Usando per lo più focali corte (campi di vista ampi e profondità di campo notevole) la macchina ha bisogno di una buona quantità di luci, che dovranno essere posizionate più lontane rispetto alla norma. Aspetto, questo, difficilmente mitigabile. Come testimoniato dal regista Jean-Jacques Annaud: “Se dovessimo usare lenti a focale lunga perderemmo l’impressione di essere sul set con gli attori. Proprio perché usiamo focali corte, obiettivi molto simili all’occhio umano, il set appare così spettacolare”. Le lenti utilizzate nella cinematografia di grande formato necessitano di una illuminazione atta a non mettere a rischio la profondità di campo e le luci, quindi, devono essere poste dietro l’obiettivo o comunque smorzate. Pertanto, il comparto illuminazione di una produzione di questo tipo è dieci volte più complessa di una normale. Se poi entriamo nel campo delle riprese esterne allora il problema aumenta, un cambio di luce repentino potrebbe far buttare via un’intera giornata di lavoro. In aggiunta, per l’IMAX, l’intero spettro di formati delle lenti non è a completa disposizione. Non si può passare da un grandangolo a un teleobiettivo. “Piuttosto, si può scattare in 40mm, poi avvicinare la camera e filmare in 60mm, evitando così di saltare direttamente a un poco efficace 250 mm”.

L’illuminazione complessa e il limitato uso dei formati dell’obiettivo non permettono, quindi, di coprire una scena con diverse angolazioni. “I registi devono imparare a essere molto veloci nel coprire una sequenza. Non possono ritardare il processo decisionale. Si finisce il lavoro con esattamente quello che ti serve e meno di quello che vuoi. È meglio assicurarsi che le scene funzionino già nella testa, perché è davvero costoso ripeterle”. Appare chiaro, come affermato da molti specialisti, che è necessario avere una conoscenza del montaggio più profonda. Nulla deve essere lasciato al caso, tutto nel profilmico deve essere curato fin nei minimi dettagli altrimenti il rischio di “disturbare” lo spettatore è altissimo. Immaginate un primo piano alto trenta metri, disturbante è dir poco.

La complessità delle operazioni e dei mezzi si riversano anche sugli effetti speciali. Il lavoro di post produzione è sensibilmente più costoso del normale data l’alta risoluzione delle immagini. Insomma, come dichiarato da Annaud: “con IMAX siamo tornati al cinema del 1910, dobbiamo pensare a come raccontare queste storie e far accettare al pubblico quei personaggi come reali, sapendo sempre che sono attori”. In conclusione, alle problematiche tecniche si aggiunge la grossa pressione causata dal successo economico dell’ “impresa”. Un film IMAX non ha molti altri sbocchi oltre la sala, il mercato home video è estremamente limitato da ovvi motivi. Un prodotto del genere è pensato, prodotto e filmato esclusivamente per l’esperienza nei grandi teatri IMAX.

Nonostante le evidenti difficoltà, i lavori in IMAX continuano ad aumentare grazie al perfezionamento tecnico. In fondo, se si è riusciti a mettere una camera IMAX in spalla, allora tutto è possibile.

Audio in ripresa

Delle difficoltà di acquisizione dell’audio in presa diretta ve ne abbiamo parlato nel paragrafo appena concluso, in aggiunta vi basti sapere che per quanto riguarda le produzioni in pellicola, la colonna sonora è registrata separatamente su un nastro magnetico da 35mm. In questo modo, la pellicola 70mm, non ospitando la sezione per il sonoro, può contare su uno spazio maggiore per l’immagine. Non andremo oltre, poiché chi scrive non è competente sugli aspetti legati al suono nel cinema, per chi volesse approfondire rimandiamo al manuale ufficiale IMAX in fondo all’articolo.

Camere digitali

IMAX Corporation ha sempre affermato che sostituire la pellicola 15/70 non sarà mai nei suoi piani. Nonostante questa irremovibile scelta ideologica, l’azienda ha messo sul mercato delle camere digitali per facilitare alcune fasi di ripresa.

PHANTOM 65 IMAX 3D DIGITAL CAMERA

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PHANTOM 65 IMAX 3D DIGITAL CAMERA

Battezzata da Michael Bay in Transformers: Age of Extinction, la doppia cinepresa Phantom è una camera digitale che offre una qualità delle immagini notevole grazie a un sensore che vanta le stesse dimensioni di un negativo da 65mm. Doppia perché tramite un unico comparto obiettivo cattura sia le immagini per l’occhio sinistro che per quello destro (vedi foto). Il peso ridotto, pari alla metà delle altre camere 3D, garantisce ai registi maggiore versatilità, tanto quanto una normale cinepresa 2D. “La macchina ha permesso alla tecnologia 3D di fare un salto di qualità significativo. A beneficiarne sono state soprattutto le scene d’azione, che possono essere girate molto più velocemente”. La Phantom resta principalmente una camera di supporto progettata come “uno strumento complementare”. L’utilizzo più significativo di questa “leggera” e praticabile macchina per il 3D è da ritrovarsi, in primis, nei tanto amati documentari naturalistici.

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ARRI ALEXA IMAX DIGITAL CAMERA

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ARRI ALEXA 65, la “mamma” dell’ARRI IMAX

L’unica camera IMAX con cui sono stati girati interamente dei lungometraggi (Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame), ARRI ALEXA IMAX DIGITAL CAMERA, nata dalla collaborazione tra la storica ARRI e IMAX, è una camera digitale 2D molto apprezzata. Possiede un sensore da 65 come la cinepresa a cui è ispirata, la celebre ALEXA 65. Il sodalizio è nato anche per una forte esigenza da parte di IMAX, come riferito dal CEO Greg Foster: “La domanda per le nostre telecamere non è mai stata così forte ma abbiamo avuto grossi problemi a soddisfare le offerte”. Difatti, ci sono cineprese digitali appartenenti ad altre case di produzione certificate IMAX e largamente usate come mezzi tecnologicamente alla pari con le camere originali. Esempio più recente di queste fortunate collaborazioni è Dune di Denis Villeneuve, girato con la formidabile ARRI LF.

La Sala (…e viaggio tra i proiettori digitali)

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Sala IMAX a Helsinki

Come abbiamo scritto in apertura, IMAX attraversa l’intera catena produttiva cinematografica. Fiore all’occhiello dell’azienda sono sicuramente le sale, uniche nel proprio genere e protette da brevetto.

Sale IMAX

Il grande protagonista dei teatri IMAX è lo schermo. Titanico e rettangolare, possiede una misura standard di sedici metri d’altezza e ventidue di larghezza. Alcune sale si sono spinte oltre e il record è di trentacinque metri di altezza e ventinove di larghezza. Lo spettatore gode pienamente dell’alta risoluzione anche grazie alla posizione delle poltrone, la cui distanza è progressivamente proporzionata all’altezza del big screen oltre ad avere un’inclinazione di ventitré gradi che permette di trovarsi esattamente con il viso rivolto allo schermo. La sensazione di immersione è coadiuvata, inoltre, da un innovativo sistema audio, che avvolge interamente la sala senza lasciare angoli “vuoti”.

L’altissimo costo che prevede una “vera” sala, vale a dire con proiettore analogico per pellicola da 15/70, ha spinto IMAX a ristrutturare sale esistenti (e spesso più piccole) attrezzandole per le proiezioni in digitale. A conferma di quanto affermato, sulle oltre mille sale IMAX sparse per il mondo solo meno di un quarto sono per il 15/70. In Europa la più famosa “vera” sala con proiezione in pellicola è il BIFI IMAX di Londra, che inoltre è fornito di un percorso di binari (brevettato) che gli permette di alternare il proiettore analogico con quello digitale.

In origine l’azienda costruiva i teatri in edifici di sua proprietà, ma attualmente, come detto, per espandersi ha stretto accordi con le principali catene di sale come l’AMC con lo scopo di reinventare i teatri fornendo e installando il loro mix di proiettori, schermi, altoparlanti, hardware, a patto che le catene paghino di tasca propria i lavori di ristrutturazione. Da questo accordo nascono le tanto bistrattate sale digitali, che, nonostante l’ostruzione di molti cinefili, permette all’azienda di consolidare la tormentata salute finanziaria.

Proiettori digitali

Le sale più piccole a proiezione digitale (le più diffuse in Italia e anche le uniche dopo la chiusura del “vero” IMAX a Riccione) usano due proiettori da 2K le cui immagini, del film su disco rigido, si sovrappongono donando una risoluzione più alta. Di seguito la testimonianza del giornalista Mark Wilson, fortunato ospite di un tour nelle sale IMAX: “I proiettori emettono la stessa immagine nel medesimo tempo. Una telecamera è posizionata tra le lenti dei proiettori, monitorando la luminosità dello schermo in tempo reale, un server integra i dati regolando i proiettori assicurandosi che le immagini non cambino durante la riproduzione. Inoltre, ci sono anche una serie di altre regolazioni di immagine a cui IMAX ha posto il top secret”. Tra le tante domande poste da Wilson ne spicca una: “perché usare due proiettori da 2K e non uno da 4K?”, IMAX ha risposto prontamente che “il proiettore offre una precisione sub-pixel, che combinata con un’elaborazione extra delle immagini, è migliore di qualsiasi macchina in 4K”.

Il passaggio alle sale digitali ha attirato a sé molte critiche definendo la pubblicità dell’azienda ingannevole e battezzando il nuovo sistema con un riuscitissimo appellativo: LIE IMAX.

Quindi, assistere ad uno spettacolo in IMAX digitale è una truffa? Assolutamente no! Vedere un film, soprattutto se nativo IMAX, in una di queste sale resta comunque una esperienza superiore alla sala standard. Se vi trovaste dinanzi alla scelta di vedere Tenet in una sala classica o in una IMAX digitale non vi fate affliggere dai dubbi, la scelta deve categoricamente cadere su quest’ultima. Fidatevi, l’esperienza vale il prezzo del biglietto.

IMAX LASER

Una via di mezzo che possa soddisfare anche lo spettatore più esigente ma impossibilitato ad andare in un Grand Theatre 15/70 è IMAX Laser. Il proiettore mantiene il rapporto d’aspetto nativo IMAX (1.43), utilizza i doppi proiettori sensibilmente migliorati (entrambi da 4K) che possono visualizzare l’immagine anche su schermi IMAX titanici, e si avvale di un comparto audio rinforzato con più altoparlanti. Potete godere di questa tecnologia anche in Italia, all’UCI Cinemas Orio (Bergamo).

L’Audio nella sala IMAX

Il sistema audio standard prevede 6 canali (IMAX Laser può contare su 12) così distribuiti: “Canale 1 – posteriore sinistro; Canale 2 – anteriore sinistro; Canale 3 – anteriore centrale; Canale 4 – anteriore destro; Canale 5 – posteriore destro; Canale 6 – dietro la parte alta dello schermo. A supporto c’è un subwoofer (posto dietro la parte inferiore dello schermo) che riproduce la gamma di basse frequenze che il pubblico sentirà letteralmente nel petto”.

IMAX DMR (Digital Media Remastering)

IMAX Digital Media Reamstering è un programma che permette di convertire film di diversi formati in IMAX. Una rimasterizzazione digitale tramite il noto processo di post produzione Digital Intermediate. La conversione (Blow-up) inizia con una codifica digitale di un film in 35mm e termina con un formato digitale ad alta risoluzione o con bobine da 70mm per i grandi teatri 15/70. Come riferito dal già citato Mark Wilson in occasione della sua visita alla sede dell’azienda: “mi riferivo al DMR come un ‘miglioramento’, tipo la riproduzione di DVD su Tv ad alta definizione, ma l’appellativo non era gradito agli addetti ai lavori che accoglievano la parola con un brivido, poiché è un lavoro che va ben oltre la semplice miglioria data l’ingente mole di abilità che il processo richiede”.

Il primo film in 35mm convertito tramite IMAX DMR è stato Apollo 13, il processo richiese ben tre mesi di lavoro. Ad oggi, invece, con un team di venti persone si può convertire un film in appena tre settimane. Ma come funziona il processo DMR? “Un team analizza le tendenze generali come l’illuminazione e la colorazione. Ogni film ha un aspetto generale specifico e quindi ciascuna scena (esterni notturni, interni diurni, astronavi in orbita etc.) ha una luce e colorazione particolare. Una volta appurate le informazioni base, i tecnici adattano algoritmi di miglioramento (o rifinitura)”. Può capitare che non tutto fili liscio, alcune scene potrebbero generare difetti che costringeranno il team a intervenire nuovamente dopo la prima conversione. Il processo appena descritto è sostanzialmente identico sia per il digitale che per la pellicola in 70mm. Quest’ultima, però, aggiunge ulteriori problematiche: l’assemblamento in un unico rullo. “Le bobine IMAX e le bobine da 35mm non si allineano con un rapporto 1 a 1, poiché la prima è fisicamente più grande, per rendere l’idea possiamo dire che si necessita di cinque bobine IMAX per ogni bobina da 35mm”.

Il risultato frutto del DMR ha diviso a lungo i professionisti del settore. Ron Howard e George Lucas sono rimasti poco soddisfatti del lavoro fatto su Apollo 13 e Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni; mentre Steven Spielberg, per quanto inizialmente scettico, ha affermato di aver apportato un significativo miglioramento a Indiana Jones – I predatori dell’Arca Perduta, di cui fu supervisore dell’intero processo.

Il DMR non lavora solo sui vecchi film ma soprattutto con quelli di ultima uscita, ove il rilascio è previsto sia nel formato nativo che in quello convertito per le sale IMAX . La fortuna di questo programma si basa proprio su quest’ultimo mercato, data la resistenza di molti cineasti (e case di produzione) verso la conversione dei grandi classici.

IMAX: cosa riserverà il futuro?

Christopher Nolan
Immagine by Warner Bros.

IMAX Corporation, come spiegato, ha avuto, e ha, una “vita” profondamente tormentata. La stabilità finanziaria è stata da sempre un obiettivo ostico sia sul piano della produzione che su quello della fruizione. Le sale nel mondo non sono molte e tra queste il numero di grandi teatri da 15/70 sono davvero pochi. In molti hanno previsto un destino infelice per la tecnologia di proiezione, accostando la parabola IMAX a quella del leggendario Cinerama. Inoltre, alcune sperimentazioni futuristiche hanno avuto vita breve: IMAX HD (sistema di proiezione a 48fps) e IMAX VR, progetto in realtà virtuale che in meno di tre anni ha chiuso i battenti. Eppure, c’è una intrinseca resilienza che spinge IMAX a migliorarsi sempre più e a proteggere i grandi risultati raggiunti in questi quarant’anni di storia. In fondo, i teatri DOME OMNIMAX sono ancora in piedi e da quattro decadi divertono e informano il proprio pubblico. In soccorso di IMAX, paradossalmente, potrebbe giungere anche la rivoluzione delle piattaforme streaming che concorrendo con i teatri standard potrebbero far orientare lo spettatore verso esperienze in sala più complesse e coinvolgenti.

Per quanto riguarda il piano produttivo e di ripresa c’è solo un uomo al momento nel panorama cinematografico a padroneggiare la tecnica IMAX 15/70 con disinvoltura ed efficacia: Christopher Nolan. Dopo il regista britannico non troviamo nessuno con le capacità e i mezzi per poter reggere un lungometraggio in pellicola, infatti altri nomi importanti come J.J Abrams e Michael Bay sono riusciti a coprire con 15/70 solo un esiguo numero di minuti. Per trovare altri autori che abbiano dimestichezza con IMAX dobbiamo necessariamente pescare nel comparto delle camere digitali. Per farvi un’idea dei titoli trattati con questa tecnologia – considerando sia la pellicola, il digitale e il DMR – vi rimandiamo a questo link.

In conclusione, solo aspettando potremo sapere il futuro della più grande tecnologia cinematografica contemporanea, nell’attesa fa effetto pensare che lo spirito antico della settima arte (la celluloide bella, delicata e costosa) viva attraverso la sua espressione più futuristica e d’avanguardia. Il vecchio e il nuovo non sono nulla senza l’un l’altro.

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FONTI:

  • IMAX – The 15/70 Filmakker’s Manual
  • The Basics of The Rolling Loop IMAX Projector
  • How Regular Movies Become “IMAX” Films
  • IMAX at 30: An Interview with Graeme Ferguson