Eminem, i suoi cloni e le complicazioni del successo: tutto questo è The Real Slim Shady
In una stretta stanza rosa ci sono, ammucchiati, una serie di uomini che si assomigliano molto tra di loro. Ma solo uno è quello reale: Eminem. Ossia, The Real Slim Shady, il più noto alter-ego del rapper di Detroit. Che in questo caso è anche il titolo di una delle sue più celebri canzoni.
La canzone è il primo singolo dell’album più discusso, chiacchierato e apprezzato di Eminem: The Marshall Mathers LP, pubblicato nell’aprile del 2000. Il video esce un mese prima, nel periodo in cui ancora MTV era il principale canale per conoscere gli artisti e seguire le nuove uscite.
Ovviamente, come già un po’ tutti si aspettavano da lui, Eminem non delude le aspettative con un video dissacrante, provocatorio e a tratti disturbante. Fa arrabbiare metà del pubblico e sconvolge l’altra metà. Innumerevoli nel video sono le prese in giro e le parodie, ma il significato di tutto ciò che si vede è molto più profondo.
Nel 2000 Eminem è sulla soglia del successo, dopo anni di lenta scalata verso la celebrità. Il suo stile stridente, surreale e incisivo lo ha già reso una superstar del rap, attirandogli ammirazione ma anche antipatia, rispetto ma anche infinite critiche. Da qui la natura controversa e sfaccettata della sua fama.
Una fama con la quale deve fare i conti, ritrovandosi all’improvviso in cima alle classifiche e tra i volti più noti della musica americana. Per lui il bisogno di sentirsi originale e importante diventa imperativo. E specialmente diventa fondamentale distinguersi dalla scena “commerciale” dell’epoca.
Ecco perché, tanto per cominciare, nel video come nel testo vengono sbeffeggiate diverse figure simbolo della musica dell’epoca. Si va da Britney Spears a Kid Rock, da Fred Durst (che però compare nel video di persona) a Christina Aguilera e fino agli NSYNC, la boy band del giovane Justin Timberlake.
Il confronto principale, però, in qualche modo per Eminem arriva con sé stesso. O meglio, tutte le nuove versioni di sé, “cloni” musicali che vengono creati dall’industria discografica per capitalizzare sul suo successo. Ma potrebbero anche essere le differenti versioni di sé, vari modi in cui lui si vede o sente che lo percepiscono gli altri.
Di fatto Eminem è sempre stato un artista dalle molteplici sfaccettature, pronto a prendere in giro e a prendersi in giro un secondo dopo. A parlare di omicidi e a riderne sopra nel verso successivo. A descrivere violenze estreme ma con video divertenti e spassosi, adatti a MTV.
Questo è un po’ ciò che si ritrova ad affrontare in quel periodo: varie versioni di sé in conflitto. Deve decidere a quale dare la precedenza, nei suoi testi, nella sua arte e nella sua vita. Quindi chiede: il vero Slim Shady potrebbe alzarsi in piedi? Potrebbe farsi vedere?
La sua auto-affermazione è in qualche modo anche una auto-negazione: odia il fatto che tanti “cloni” (prodotti in fabbrica, come si vede) scaturiscano dal suo proprio stile, che lui vuole considerare originale al di là di ogni dubbio. Quindi il suo è una specie di dubbio gridato: chi è il vero Slim Shady? Sono io. Ma lo sono davvero?
Nell’esibizione dal vivo qui sopra, eseguita in televisione nel 2000, Eminem dapprima canta affrontando i suoi stessi cloni, quelli del video. Poi si sposta, sempre rappando, ma trascinandoseli tutti dietro: non se ne può liberare finché non giunge sul palco, e quasi per contrasto inizia a cantare The Way I Am.
In ogni caso, che il messaggio passi o meno, che la riflessione sia spontanea o involontaria, la canzone è un enorme successo. Sia il pezzo che il video sono ancora oggi ricordati tra i più importanti della carriera di Eminem e rimandano a un’epoca in cui un contenuto del genere su MTV poteva ancora essere rivoluzionario.