Siamo tutti un po’ cresciuti con Pretty Fly (For a White Guy) degli Offspring, ma qual è il vero significato del famoso video? Eccolo qui
Un ragazzo allampanato e bianco come il gesso si atteggia da gangsta, ma tutti lo prendono in giro. Lo sapete: è un video degli Offspring, nello specifico il celebre Pretty Fly (For a White Guy). Grosso modo si può tradurre: un bel tipo (per essere un bianco). Una canzone e un video che un po’ tutti conosciamo.
Siamo nel lontano 1998. Sembra incredibile, ma su MTV passano rock, metal e sì, persino punk. Pop punk, per la precisione, della varietà proposta dagli Offspring, storico gruppo del genere assieme a Green Day, Blink-182, Rancid e NOFX. L’anno è quello di uscita del loro quinto album, Americana.
Il periodo rappresenta l’apice del successo per la band californiana, che con singoli come Pretty Fly (For a White Guy) e Why Don’t You Get a Job? (tratto dallo stesso album) scalano le classifiche e appassionano e divertono migliaia di adolescenti. Il loro punk è leggero, digeribile, goliardico. E i video sono divertenti.
Quello di Pretty Fly (For a White Guy) in particolare fa capo a una felice intuizione: dare una rappresentazione comica del cosiddetto “wigger”. Trattasi di un termine che fonde le parole “white” e “nig*er” per indicare in maniera dispregiativa ragazzi bianchi che appunto si comportano come neri.
Un atteggiamento considerato negli Stati Uniti particolarmente da evitare e degno di disprezzo. In Gran Torino di Clint Eastwood (2008) c’è una scena rappresentativa di come un “wigger” viene spesso considerato e trattato. L’accusa è un po’ quella, comune oggi, di appropriazione culturale.
Se fossimo negli anni ’00 diremmo semplicemente che si tratta di un poser, o poseur: ossia colui che imita i tratti di una cultura che non gli appartiene solo per ben figurare o sentirsi originale. Il caso è quello del ragazzo nel video, interpretato da Guy Cohen, che agisce in questo modo per tutto il tempo.
Il “wigger”, un po’ come l’Ali G di Sacha Baron Cohen, si atteggia a b-boy (appartenente alla cultura hip-hop) con catene d’oro, cappellino rosso al contrario alla Fred Durst (che non era però ancora famoso), magliettona da pallacanestro e occhiali da sole. Naturalmente non finisce qui.
Il video è una sequela di momenti “cringe” nei quali il ragazzo cerca di farsi rispettare come “gangsta” ma facendo solo figuracce e suscitando perplessità. La sua macchina ha le pompe idrauliche come quella di Jesse Pinkman, ci prova continuamente con le ragazze e a metà video tenta anche una penosa break dance.
“Unos, dos, tres, quatro, cinco cinco, seis”
Dexter Holland, leader e cantante del gruppo, descrive lo stereotipo rappresentato dalla canzone: “Gente che viene, tipo, da Omaha in Nebraska, normali ragazzi bianchi come il pane, ma che si comportano come se venissero da Compton. Quindi è finto ed e ovvio che cercano [solo] di avere un’identità“.
Quello degli Offspring nella canzone è tuttavia non un attacco a questo tipo di figure, quanto piuttosto più una leggera presa in giro. Siamo in un’epoca nella quale le differenze tra le sub-culture sono ben marcate, ma non è un peccato capitale cercare di spaziare oltre la propria. Tuttalpiù, appunto, si viene presi in giro.
Comunque quello degli Offspring sembra anche un po’ una sorta di ironico incoraggiamento: “Gotta play the field / Keep it real”. Insomma la band riconosce che in un mondo ideale ognuno aderirebbe soltanto alla propria cultura di appartenenza, ma nel mondo reale esistono insicuri bisognosi di trovare, appunto, un’identità.
Sia come sia, la canzone diventa un grande successo commerciale per gli Offspring, vuoi per il messaggio, per il ritornello orecchiabile o per il video giocoso. In America arriva al numero 3 in classifica e raggiunge la posizione numero 1 in dieci altri paesi, portando enorme popolarità agli Offspring e a tutto il genere pop punk.