Ritorna la temibile setta satanica assetata di sangue e sacrifici, incubo di un cresciuto Cole. Sequel che però è ben più di un passo indietro rispetto al primo film, La Babysitter – Killer Queen dichiara intenti che non riesce a mantenere sotto nessun aspetto, tra invadenti derivazioni e sceneggiatura fin troppo pretenziosa.
La Babysitter – Killer Queen, la Trama
Sono passati tre anni da quando Cole è riuscito a sopravvivere alla demoniaca mattanza avvenuta dentro casa sua per mano della sua babysitter Melanie. Tuttavia, l’assenza di prove ha fatto dubitare della sanità mentale di Cole, a partire dalla sua famiglia. Dopo tutto questo tempo però, i demoni del passato ritornano a galla. E non solo quelli, ovviamente.
Nel primo film diretto da McG, autore di film ampiamente dimenticabili come Terminator Salvation, il gioco di generi, tra horror e commedia, funzionava benissimo nonostante tutto. Un home invasion a tinte esoteriche che ammiccava a tutti quei sottogeneri horror del caso, quali il survival.
Un film che comunque arrivava al punto, quello di intrattenere nella canonica ora e mezza con il suo bel connubio di sangue e risate, con momenti horror e trash perfettamente dosati. La Babysitter aveva come punto di forza quello di non avere troppe pretese, rimanere nel suo senza puntare troppo in alto. A differenza del suo sequel.
Come diceva Derek Cianfrance, parafrasando, se punti in alto rischi di schiantarti come un tuono. Ebbene, è un po’ quello che accade a La Babysitter – Killer Queen. Al netto della dichiarazione di intenti di cui sopra, il film di McG le tenta tutte per superare il primo film e intraprendere una strada forse troppo tortuosa per il regista del primo remake di Charlie’s Angel.
Tra improbabili plot twist finali, che rendono la sceneggiatura ancora più forzata, La Babysitter – Killer Queen vaga alla cieca su terreni pericolosi, con la speranza che tutto possa andar bene. Ma ovviamente non è così e non può essere così. Su una debole base composta dal più classico dei teen movie, si aggiungono componenti su componenti a casaccio.
Il citazionismo anni Ottanta, insieme ad una colonna sonora ricercata, non riescono a sorreggere la baracca. Anzi, svelano quel trucco usato ormai fin troppe volte, quello di ammiccare alla nostalgia e prendere lo spettatore per l’inconscio (gioco di parole voluto), lasciandogli un bel ricordo di un film brutto grazie a questi piccoli espedienti.
In più, La Babysitter – Killer Queen alza la posta in gioco rispetto al primo film. Aumentano i pericoli, raddoppiano le vittime sacrificali, si amplia la location della fuga. E, cosa peggiore, si scimmiotta Edgar Wright, vero maestro delle parodie e non solo. L’uso di Hocus Pocus dei Focus rimanda alla fuga di Baby Driver, le didascalie da videogame durante uno scontro stile picchiaduro è un evidente omaggio a Scott Pilgrim. Ma la medesima forza non c’è.
Ben poche le note positive dunque per questo La Babysitter – Killer Queen, che punta fin troppo in alto ma precipitando come un aereo in panne. Non basta nemmeno la buona prova del cast, soprattutto quella di Bella Thorne, a salvare questo pastrocchio dall’insufficienza.