Werner Herzog: 10 grandi film che hanno consacrato il mito

Werner Herzog è tra i pochi registi viventi che si può definire un autore totale, in quanto avente una visione del mondo e del cinema insieme.

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Werner Herzog: i grandi film

La Soufrière (1977)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di La Soufrière 

Agosto 1976. Nell’isola della Guadalupa, il vulcano La Soufrière, secondo il parere unanime degli scienziati, è sul punto di esplodere rovinosamente. La popolazione direttamente minacciata dall’eruzione viene evacuata al più presto, tutti tranne un povero contadino che abita nelle vicinanze del vulcano, il quale rifiuta di andarsene. Herzog rimane talmente affascinato da questo personaggio che si precipita nell’immediato a Basse-Terre, il centro più abitato ai piedi del vulcano.

Il luogo si manifesta estremo e deserto, allocato tra l’essere e il non essere proprio perché alle soglie di un’apocalisse mancata, dove il regista si spinge in questo oltre, sulle pendici di La Soufrière, vivendo il clima spettrale che incombe sulla città evacuata e infine attraverso il confronto desiderato con due contadini, i quali con serenità incomprensibile dichiarano di attendere la morte senza temerla.

Mediometraggio su un’inevitabile catastrofe che in realtà poi non avvenne. Suggestivo, non tanto per le bellissime riprese paesaggistiche, quanto per quel senso di timorosa fatalità che Herzog e i suoi operatori trasmettono e per la singolarità di affacciarsi sull’orlo del baratro di una catastrofe annunciata.

Fitzcarraldo (1982)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Fitzcarraldo

Colossale pellicola del regista che dà vita a un altro dei suoi personaggi indimenticabili, Fitzcarraldo, tormentato da sogni irraggiungibili. Egli infatti vuole costruire un grande teatro dell’opera a Iquitos, in Amazzonia, per farvi esibire i più grandi nomi della lirica mondiale, tra cui Enrico Caruso, il suo preferito. Ma non avendo denaro a sufficienza si compra una battello ed un terreno per far soldi con il commercio del caucciù. Per raggiungerlo però dovrà navigare in zone ancora ignote all’uomo e abitate da pericolosi indios ma difficilmente raggiungibili per via delle violente rapide. L’unica soluzione sarà letteralmente trasportare un battello su per una collina da un fiume all’altro.

Il protagonista Fitzcarraldo, interpretato da un immenso e folle Klaus Kinski nella sua più grande interpretazione, non viaggia solo attraverso un’Amazzonia ostile e apparentemente inespugnabile, ma anche all’interno della propria anima che come ogni essere umano, per natura, tende a desiderare sempre l’irraggiungibile.

Il regista si identifica nel suo protagonista e nel loro duplice sogno, mettendo su una messa in scena visivamente incredibile ed esplicitando la sua opinione su come gli ideali possano spostare i battelli attraverso le montagne, anche nel vero senso letterale della parola. Un film dalla lavorazione tormentata e durata quasi quattro anni.

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Herzog non si limita a creare l’illusione cinematografica, perché la sua illusione ha una base autentica, esistente o costruita da lui. Anche per questo diviene colossale l’impresa del regista che, sfidando la natura amazzonica, forzandola e coinvolgendo veri indigeni del luogo come attori, realizza idealmente e visivamente la sua più grande pellicola intrisa di magnifici e inaccessibili paesaggi con immagini vere e concrete e lontane anni luce dai canoni hollywoodiani.

L’enigma di Kaspar Hauser (1974)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di L’enigma di Kaspar Hauser

Questo lungometraggio rimane ad oggi l’opera più celebrata di Werner Herzog. Alla base del film c’è il famoso ed enigmatico caso del “ragazzo di Aveyron”, un giovane che venne trovato e riportato alla civiltà dopo aver vissuto selvaggiamente per anni. Le sue difficoltà ad apprendere la lingua umana offrono spunti di riflessione a migliaia di sociologi e Werner Herzog rielabora la storia personalizzandola e ispirandosi a un episodio di cronaca nazionale ottocentesco. La storia di Kaspar Hauser, un giovane che vede la luce della vita a sedici anni dopo esser stato rinchiuso in una cantina in condizioni bestiali, e misteriosamente assassinato cinque anni più tardi.

Film fortemente drammatico con frequenti incursioni nella comicità surreale, dovute all’estrema bravura di Bruno S., attore non professionista scoperto da Herzog, un uomo distrutto dopo un’intera esistenza trascorsa tra riformatori e istituti per malati mentali. Il regista tedesco trova nel suo attore l’incarnazione perfetta di Kaspar Hauser, incapace di comunicare, divenendo così un corpo, un volto e una voce al disorientamento e alla totale estraneità di tutto ciò che circonda il personaggio. Un racconto profondamente etico che analizza e mette sotto accusa il rapporto sempre sfuggente e insolubile tra “il diverso” e la società.

Si attraversa così una tipologia di cinema insolito, in cui la bravura di Herzog nel riprendere la natura magnificamente fotografata, le atmosfere asettiche e la strabiliante composizione dell’immagine, si sposa perfettamente con una sceneggiatura intelligente, che accompagna il suo protagonista dai primi passi nella conoscenza del mondo ai turbamenti provocati dal contrasto fra la sua natura innocentemente animistica e gli insegnamenti che gli vengono imposti come una nuova gabbia, fino al tragico epilogo. Il tutto avvolto in un alone misterioso dal quale non riusciremo a liberarci nemmeno dopo i titoli di coda.

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Nosferatu, il principe della notte (1979)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Nosferatu, il principe della notte

Herzog arriva a girare un film che si distacca totalmente da quelli relizzati fino ad allora, e lo fa riscrivendo un testo classico tedesco e non attingendo al mito letterario ma a quello cinematografico: Nosferatu, il principe della notte trova il suo referente immediato nel film di Murnau Nosferatu il vampiro del 1922, capolavoro dell’espressionismo tedesco.

Werner Herzog rilegge e riscrive Murnau riproponendone non solo il tema, ma l’intera organizzazione scenografica di molte inquadrature.

Così si assiste a delle indimenticabili e splendide atmosfere nel castello fatiscente di Dracula, immerso nel verde dei Carpazi e nel quale il memorabile conte, interpretato magnificamente da Kinski, si muove tristemente con macabra lentezza tratteggiando un mostro dall’aspetto ributtante che riesce a muovere a compassione con il suo disperato bisogno di amore. Così come ci scorrono sotto gli occhi i lugubri e malinconici paesaggi transilvani, mai resi così bene su schermo, l’eleganza figurativa ricca di riferimenti pittorici, l’inquietudine suscitata dall’esercito di topi, la bellezza fredda ed allucinata dell’Adjani, molteplici elementi che rendono il film un horror di grande fascino intriso di tutta la poetica e il romanticismo di Werner Herzog.

Aguirre, furore di Dio (1972)

Werner Herzog: le 10 migliori opere che rappresentano la sua poetica
Herzog, Filmografia: una scena di Aguirre, furore di Dio

Il racconto di Lope de Aguirre è la storia di un condottiero, deciso a spingersi in Sud America alla ricerca del favoloso El Dorado, detronizzando dal suo regno il re Filippo II, ma finendo per sparire nella giungla con i suoi uomini senza lasciare alcuna traccia di sé. Uno spunto semplice, ma sufficiente a Werner Herzog, per reimmaginare la storia di un grande, titanico fallimento. Il film fu girato fra mille difficoltà economiche, ambientali ed umane, tanto da venir considerato un’impresa delirante, per raccontare un’impresa altrettanto delirante.

La ricerca di un luogo immaginario, lungo un fiume che attraversa paesaggi dai contorni mutevoli, attraverso una natura indifferente o ostile, accerchiati costantemente da un nemico invisibile. Inoltre Werner Herzog dirige un attore incline alla pazzia, Kinski, che interpreta il protagonista Aguirre con furore nevrotico che si addice perfettamente al personaggio, in una parabola lucida e beffarda sul potere, sulla natura che si accanisce immobile e indifferente contro chiunque provi a dominarla. Capolavoro ipnotico, visivamente di una bellezza assoluta, così come la musica dei Popol Vuh.

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