Dopo la space-comedy che risponde al nome di Space Force, ecco che Netflix cambia le carte in tavola e si abbandona allo space-drama: Away. Dieci puntate dove il dramma la farà da padrona, con qualche cliché di troppo.
Away, la trama
La Nasa vuole portare l’uomo su Marte. Una missione difficilissima che dovrà comandare Emma, una brava Hilary Swank, affrontando ogni imprevisto possibile. Sia sull’astronave che soprattutto sulla Terra.
Away, la recensione
Away, come spesso accade nel genere, mette in scena l’eterna sfida tra Essere Umano e Natura. Parlando di quest’ultima non facciamo riferimento solo all’ambiente esterno, ma anche a quella più profonda parte di noi che ci spinge e ci identifica.
Quella natura che ci costringe ad uscire dall’atmosfera, abbandonando tutto ciò che ci tiene ancorati alla Terra, dagli affetti di ogni forma e genere, fino a ciò che ci tiene in via, come ossigeno e acqua.
Tutto ciò per andare su Marte, lontano. O Away, per citare il titolo di questo space-drama firmato Netflix con una bravissima Hillary Swank protagonista. Emma è a capo della rischiosa operazione messa su dalla NASA per portare l’Uomo sul pianeta rosso.
Una missione che vede il solo 50% di probabilità di successo. Ma si sa, chi non risica non rosica. E quindi via sul razzo verso Marte e non oltre…
Purtroppo, per tutte le dieci puntante, viene messa in scena quella che è la legge di Murphy ma non nell’accezione quasi positiva che gli dà il Cooper (Matthew McConaughey) di Interstellar. Assolutamente. Ogni cosa che potrà andar storta, ci andrà. Sia essa sulla nave spaziale, sia sulla Terra.
Incidenti, malattie, sfortune di ogni genere che porteranno a litigi e chiarimenti. Away mette al centro della sua discussione il concetto di famiglia, in ogni sfaccettatura. Da quella biologica a quella imposta (gli astronauti dovranno rimanere insieme per tre anni), il fragile equilibrio viene osservato da vicino e messo costantemente a dura prova da quello che forse è definibile destino.
Questo perché al netto dei potenti motori, sembra proprio essere il fato a tenere in mano le redini degli astronauti, a metterli di fronte a svariate difficoltà affinché possano crescere, in piena coerenza con la poetica dei più classici road movie.
Scontri, litigi e poi la coesione, come nel più classico dei cliché, al quale se ne affiancano molti altri ancora. Il tutto, a causa del più classico passato traumatico che i protagonisti dovranno affrontare.
Away calca la mano sullo stereotipo classico del dramma portandolo nello spazio profondo ed aggiungendo ad esso varie sotto trame che virano anche su altri lidi. In primis, quello della tensione, presenza costante tanto sulle vicende terrestri quanto su quella extraterrestri.
Uno schema forse fin troppo ripetitivo che caratterizza tutte le dieci puntate di Away nonostante le costanti differenziazioni e chiavi di lettura mosse dalla più classica ideologia a stelle e strisce. Si parte subito con il più stereotipato dei muri alzati da un anacronistico blocco sovietico composto da Russia e Cina, buttato giù dalla grande libertà degli Stati Uniti.
Ciascun rappresentante del suo paese d’origine ricalca infatti lo stereotipo dello stesso. Dal russo di ghiaccio, Mischa Popov, fino alla cinese scontrosa, Lu Wang. Micro gruppo che almeno all’inizio vedrà non certo di buon occhio Emma.
Tornando invece sulla Terra, ecco subentrare anche il più classico dei teen drama, con le vicende ribelli della figlia del capitano (o della capitana) Emma Green. Il primo amore, l’elaborazione della pesante assenza genitoriale attraverso la ribellione verso la famiglia, la fuga e quant’altro si possa immaginare.
In altre parole, il sentimentalismo predomina tutta la storia, ammiccando anche ad un certo bigottismo fatto di monologhi e conversazioni che tanto ricordano il nostrano “Andrà Tutto Bene” (frase ripetuta non si sa quante volte dallo sfortunato marito di Emma).
Una premonizione o forse un mantra per autoconvincersi che dopo l’ora più buia ci sarà sempre l’alba. È evidente che Away si trova distante anni luce da altri space-drama a causa di un plot fin troppo carico di situazioni drammatiche che non danno tregua.
Un mix di eventi un po’ troppo triti ma che comunque sanno toccare furbescamente le corde di ogni spettatore, fino ad un finale carico di adrenalina ma che avrebbe meritato un montaggio differente e funzionale ad aumentare la tensione, oltre che l’emozione finale.
Cast
Hillary Swank: Emma Green
Josh Charles: Matt Logan
Talitha Bateman: Alexis Logan
Mark Ivanir: Misha Popov
Ray Panthaki: Ram
Vivian Wu: Lu Wang
Ato Essandoh: Kwesi
Trailer
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