Take Shelter, giorni di un futuro tempestoso | Recensione
Take Shelter, film del 2011 diretto da Jeff Nichols, a distanza di un decennio non perde la propria forza narrativa e visiva. Disponibile su Amazon Prime Video.
Take Shelter, film del 2011, è la folgorante conferma del talentuoso regista Jeff Nichols. Classe ’78, Nichols negli anni si sta imponendo come uno dei più interessanti cineasti indipendenti del panorama statunitense. Una carriera che conta ancora una manciata di titoli ma caratterizzata da una indiscutibile qualità e una genuina e intima visione del cinema.
Dopo aver esordito con l’apprezzatissimo Shotgun Stories, Nichols ha vissuto la propria consacrazione grazie al film oggetto della nostra analisi. Acclamatissimo da entrambi i lati della platea cinematografica (critica e pubblico), Take Shelter ha come protagonisti due eccellenze dello star system hollywoodiano: Michael Shannon e Jessica Chastain. Il felice connubio tra l’ispirata regia e l’interiorizzazione psicologica delle interpretazioni rendono il film un’opera perfettamente equilibrata, dove la principale collocazione nel drama viene brillantemente “insidiata” da elementi di genere grazie alla solidità e bilanciamento di tutti i fattori che fanno di un film un buon film.
Trama
Un onesto, e ordinario, padre di famiglia precipita in una spirale psicotica e allucinatoria dovuta alla convinzione che stia per succedere qualcosa di terribile: una tempesta la cui furia non ha precedenti. L’uomo, pur dubitando delle proprie premonizioni a causa di un passato familiare caratterizzato dalla presenza della schizofrenia, decide di salvare se stesso e i suoi cari convertendo un vecchio rifugio antiatomico in uno antitornado. L’ossessione diventerà ben presto una chimera paralizzante.
Take Shelter: nell’incertezza del futuro si dissolve il presente | Recensione
Quante parole sono state spese sul Futuro, quante ancora verranno elargite. C’è chi ci invita a non dargli peso, pena una rinuncia al presente; chi invece tenta di razionalizzarlo inducendoci all’analisi precisa di ciò che verrà . Ci sono poi i nichilisti attivi che vedono nei giorni avvenire un’opportunità di distruggere ciò che ci circonda auspicando tempi in cui il futuro non ci farà più paura; o nichilisti passivi che muoiono talmente nel presente da non occuparsi del domani. Infine, ci sono i fatalisti, coloro che credono che ciò che avverrà è scolpito sulla pietra che lastrica il nostro cammino. Di qualsiasi corrente ci si professi, però, la domanda resta inalterata: cosa ci aspetterà al nuovo sorgere del sole? La risposta fugge ma una certezza resta: ciò che farò domani è garantirmi un’altra alba. La sopravvivenza è l’unica azione certa che riusciamo a immaginarci sul lungo periodo.
Middle Class: lavoro e sudore per un domani in forse
Take Shelter interiorizza l’ansia del futuro e la porta sul piano più terreno possibile. La paura del domani è collocata nella quotidianità e titolare di questo atterrimento è la middle class, sempre più soffocata dall’incertezza. Quest’ultima ha il volto ormai familiare dell’economia, del suo andamento, della sua volatilità . Come dichiarato da Nichols, il lavoro è parte principale della caratterizzazione di un essere umano, il suo ruolo nel mondo è definito dall’operosità delle proprie mani.
Dopo pochi anni dalla tremenda crisi del 2008, il film si fa portavoce di un male ormai radicato nelle fasce sociali medio basse lungi dall’esaurirsi però nel mero calcolo del benessere economico come unico paradigma di misurazione della salute dell’essere umano. Come stiamo apprendendo nel nostro presente, le ansie per il futuro non sono solo economiche ma hanno natura molteplice e mutevole. Il nostro oggi e quello di Take Shelter condividono diversi aspetti facendo di questa un’opera contemporanea nonostante il decennio trascorso. Se ad ora l’umanità ha capito che la natura non è dominata ma ancora domina così è anche nel film, ove un tempesta (presunta o reale) condiziona fatalmente le esistenze degli uomini.
Sopravvivere oggi è vivere domani
Nel terrore emerge l’ultimo baluardo di ogni animale che calpesta questa terra: la sopravvivenza. Nonostante ci si ritrovi con le spalle al muro, la reazione (che sia fuga o attacco frontale) è perno centrale nell’interiorizzazione dell’incertezza. In questo modo reagisce Curtis (Michael Shannon) che resistendo agli incubi sinistramente sibillini si adopera in più modi per venire a capo del suo profondo cambiamento. Tra razionalità — la consultazione di specialisti, ricerca delle malattie mentali nell’albero genealogico — e ossessione mistica — l’irrefrenabile istinto di costruire un riparo apparentemente inutile — l’uomo lotta con tutto se stesso pur di emergere dal caos in cui è precipitato.
La lotta tra inconscio e logica lineare, istinto e fattualità , sono le sponde contro cui il protagonista deve barcamenarsi. Difatti, Curtis, nei propri incubi, è solo dinanzi all’inevitabile avvenimento, accompagnato, spesso, dalla piccola figlia, oggetto primario dell’interesse dell’istinto di sopravvivenza, essere incapace di salvarsi da solo e disinteressato alla conferma che le azioni del suo salvatore siano spinte dalla logica o da un delfico istinto. Mentre la moglie (Jessica Chanstain), sempre negli incubi, non appare mai se non per rivelarsi un insidioso nemico come se rappresentasse per l’inconscio un ostacolo razionale ai propri istinti tacciandoli come semplici psicosi impedendo una totale presa di coscienza che faccia accettare al sognatore la natura mistica del proprio cambiamento.
L’equilibrio è una grande illusione
Take Shelter danza su questa tensione tra logica e istinto per tutto il film donando un finale che propenderà per l’uno e meno per l’altra. Nel percorso assistiamo, mentre i personaggi tessono la trama (e non il contrario), a una pessimistica visione degli equilibri esistenziali. La normalità di un solido padre di famiglia “la cui vita sta andando bene” è spazzata via nel giro di pochi giorni. L’uomo cede sotto i colpi di una psiche provata – sia dalle malattie mentali, spesso ereditarie, che cannibalizzano interi alberi genealogici; sia dall’appartenenza alla middle class, condizione esistenziale che genera un’ ansia ormai insostenibile- e dinanzi a eventi di eccezionale entità , ricordandoci, ancora una volta, che l’equilibrio non esiste e nel caso esistesse sarebbe fragile come una quercia al cospetto di una tempesta, invincibile solo quando tutto è calmo, effimera quando messa sotto indicibile pressione.
Jeff Nichols si reputa un regista vecchia scuola e, a sua detta, incapace nell’utilizzare l’innovativo comparto del cinema digitale. Pertanto, tutti i suoi lavori sono girati in pellicola 35 mm con un particolare debole per l’anamorfico e i corrispettivi rapporti d’aspetto. Pur restando nel campo della celluloide, Take Shelter rappresenta una piccola eccezione rispetto ai precedenti e successivi lavori del regista. Data la natura del film, Nichols è stato costretto a rinunciare alle amate lenti anamorfiche in favore di ottiche sferiche. Tale scelta è stata guidata dalla necessità , viste le caratteristiche del film, di beneficiare di una migliore profondità di campo (molti campi lunghi e panoramiche di paesaggi) e di una più alta reattività nella cattura dell’immagine nelle scene più movimentate, questo aspetto avrebbe potuto incappare in fastidiose sfocature se avesse utilizzato l’anamorfismo rendendo più faticoso il lavoro di ripresa.
La pellicola è stile
L’abbandono delle amate lenti non ha però ostacolato la scelta dell’aspect ratio che resta un 2.35:1. Infatti, per sostituire la resa del 35 mm anamorfico si è scelto di utilizzare il Super35 che permette di ottenere un formato panoramico ampio senza utilizzare obiettivi anamorfici. Pur non restando totalmente soddisfatto delle lenti utilizzate, Nichols ha comunque respinto le pressioni dei produttori che, visti i tempi, spingevano, per contenere i costi, all’utilizzo della RED, una delle camere leader del cinema digitale.
La resistenza al digitale, oltre che per convinzioni personali, è stata anche una scelta prettamente artistica e pratica. Nichols ha dichiarato che essendo Take Shelter un film principalmente rivolto al cielo (sia concettualmente che visivamente) sapeva benissimo che il proprio talento di ripresa avrebbe valorizzato tale scelta estetica solo attraverso l’uso della pellicola, materiale di cui ha una notevole conoscenza e che gli ha permesso di girare con maggiore praticità le complesse scene piene di luce e all’aperto. L’assoluta padronanza sia sul comparto tecnico che in quello narrativo ha dato la necessaria sicurezza al regista per ibridare il puro drama con elementi di genere. Horror, thriller, fantascienza, suspense si intrecciano con il cuore drammatico donandoci una commistione perfettamente bilanciata, come bilanciati (e credibili) sono gli effetti visivi necessari alla realizzazione di questo approccio ibridante.
Conclusioni
Take Shelter è quindi un film granitico, ove narrazione e messa in opera sono curate egregiamente soddisfacendo lo spettatore sia sul piano concettuale che tecnico dando prova di grande cinema. Potete godervelo su Amazon Prime Video.