Il regista di Triple Frontier, film che non ci ha molto convinti, ha firmato altre tre pellicole nel corso della sua carriera finora. Tra queste spicca sicuramente Margin Call, suo ottimo film d’esordio: un ritratto cupo e claustrofobico dei prodromi della crisi finanziaria recente. Stella assoluta di quest’opera riuscitissima è Kevin Spacey, Sam Rogers nel film. Nel suo personaggio di problematizzano le ambiguità e i contrasti di un mondo subdolo e meschino, qual è quello finanziario. Con questa performance Kevin Spacey ha confermato con l’ennesima grande prova di essere un attore capace di una grandi mimesi psico-somatica con personaggi dalla caratterizzazione caleidoscopica.
6. 21, Robert Luketic (2008)
Un vero e proprio cult, un altro ruolo da non protagonista per Kevin Spacey. Il suo personaggio, a suo modo ripreso e omaggiato in Baby Driver – Il genio della fuga, è quello di un professore alla testa di un team di cervelloni. Il loro obiettivo è accumulare quante più vincite possibili giocando a blackjack utilizzando algoritmi matematici e forti di un serrato gioco di squadra.
A Las Vegas chi conta le carte però non è ben visto: lo sa bene proprio Mickey Rosa, il professore, ricercato da anni per aver sbancato una vincita spropositata. Così questo personaggio vive di diverse declinazioni, dal deuteragonista all’antagonista, dal carnefice alla vittima, portato in scena da un Kevin Spacey sempre estremamente a proprio agio con tutte le sfumature del suo alter-ego, da quelle più brillanti a quelle più spigolose.
Diverse storie si intrecciano inesorabilmente sullo sfondo di una Los Angeles licenziosa e classicheggiante. Nella city of angels degli anni ’50 seguiamo le vicende degli antitetici Bud White, interpretato da un funambolico Russel Crowe, e del tenente Ed Exley, messo in scena da un Guy Pearce alla sua prima grande prova da attore. Due diversi modi di interpretare la giustizia, due diverse strade legate da un progetto superiore. A coronare questo cast stellare (arricchito dalla presenza, tra gli altri, di Danny DeVito) proprio lui, il nostro Kevin Spacey. Ormai già consacrato nell’olimpo di Hollywood per Seven, questa volta torna ad un ruolo sicuramente di secondo piano, ma ancora capace di rubare la scena ai protagonisti.
Un personaggio articolato e polimorfo, ma ammaliante. Jack Vincennes è detective per la narcotici di giorno, consulente per la serie tv Lampi di gloria di notte, e nel tempo libero collaboratore imprescindibile di Sid Hudgnes (Danny DeVito), caporedattore del tabloid Zitti-Zitti. In cambio di profumate mazzette, consegna celebrità da cogliere in flagranza di scandalo per soddisfare chi ha fame di scoop. Una figura al margine di questo affascinante noir, che riesce comunque a polarizzare l’attenzione quando è in scena con i personaggi principali.
In questo strano ibrido tra il dramma e la fantascienza trova spazio una delle interpretazioni più intime e poetiche di Kevin Spacey. Questa volta presta il suo talento a Prot, alieno rinchiuso in una clinica psichiatrica perché afferma di provenire dal pianeta K-Pax. Il topos della creatura aliena pacifica, portatrice di messaggi da una civiltà superiore, permette al personaggio di Prot di farsi veicolo di profonde riflessioni. Nel confronto con il Dr.Mark (Jeff Bridges) rivivono temi filosofici importanti, presi in prestito dal pensiero religioso o nietzschiano, dando vita a massime condite sì da un certa retorica, ma recitate sempre con quel pizzico di magia, come nello splendido monologo finale.