La battaglia voce/volto: quando gli italiani doppiavano gli italiani | Storia di una guerra
Mastroianni con la voce di Sordi e Manfredi, Sophia Loren doppiata per il 30% dei suoi film. La pratica del doppiaggio italiano fino alla battaglia voce/volto di Volonté.
Perché nel doppiaggio italiano c’era la pratica di sostituire le voci degli attori italiani con altre voci?
Introduzione: nascita del doppiaggio
Quando nel 1927 uscì il film Il cantante di jazz avvenne una rivoluzione: l’avvento del sonoro. Prima di allora, lo spettatore in sala non poteva sentire le voce degli attori e delle attrici e di conseguenza il timbro dell’interprete non veniva preso in considerazione. Con l’avvento del sonoro tutto cambiò, il Cinema dovette reinventarsi e alcuni divi del grande schermo non riuscirono a proseguire la loro carriera (ricordate Cantando sotto la pioggia?).
L’Italia e tutta l’Europa si trovarono impreparati e nel nostro Paese ai film veniva tolto l’audio e aggiunte delle didascalie, trasformando di fatto un film sonoro in un film muto. Fu la FOX, in California, a doppiare per la prima volta un film in italiano e questa divenne la pratica comune a tutte la case di produzione fino a quando nel 1932 nacque il primo studio di doppiaggio a Roma. La Città Eterna divenne subito la capitale del doppiaggio e di fatto lo è rimasta fino ai giorni nostri.
Il doppiaggio italiano
È opinione diffusa pensare che il doppiaggio italiano sia tra i migliori al Mondo. In italia, molti volti sono associate a specifiche voci, ma non sempre il doppiatore ha un timbro simile all’attore. Probabilmente perché si è pensato che voci più piacevoli all’orecchio italianopotessero in qualche modo giovare anche alla riuscita del film. E dunque se si ascolta Al Pacino in originale, si noterà che ha un timbro acido, quasi nasale, sicuramente non la voce calda di Giannini. Stesso discorso vale anche per la fortunata “coppia” De Niro/Amendola.
Questa sorte, quella di migliorare le voci degli attori, è capitata, paradossalmente, anche ad attori italiani, che furono condannati a essere doppiati nella propria lingua. Sopratutto nell’immediato dopoguerra. In parte per motivi economici: girare un film in presa diretta è molto più costoso che ricorrere alla sincronizzazione e al doppiaggio in post produzione. Ma esistono anche altre motivazioni.
Il Neorealismo italiano aveva come obiettivo quello di riprodurre la realtà quotidiana sullo schermo. Uno dei capisaldi di questa poetica era l’utilizzo di attori non professionisti. Molta importanza veniva data ai loro volti e al loro aspetto. In molte occasioni, la dizione sporca dei non attori e la poca intelligibilità delle battute hanno portato i registi a far uso di doppiatori professionisti. Roma Città Aperta (1945) di Roberto Rossellini vede Carla Rovere e Marcello Pagliero doppiati da Rosetta Calavetta e Lauro Gazzolo e un bambino doppiato da Ferruccio Amendola. In Poveri ma belli (1957) di Dino Risi, siamo dunque in ambito Commedia all’Italiana, tutti gli interpreti sono rigorosamente doppiati da professionisti.
Anche registi come Federico Fellini doppiarono i loro attori. Il regista riminese considerava il doppiaggio come l’ultima fase della produzione filmica. Forse una delle più importanti. Infatti Fellini faceva recitare ai suoi attori numeri, menù di ristoranti, dialoghi che non avevano attinenza con il film. In sala di doppiaggio poi, il regista riscriveva le battute, dando ancora più spazio alla sua creatività. Approccio adottato anche da Sergio Leone (che per questo motivo si scontrò con Clint Eastwood durante la post produzione de Il Buono, il Brutto, il Cattivo). Oltre a motivi prettamente artistici, il grande regista romano fu costretto a ricorrere al doppiaggio dei propri interpreti italiani anche per motivi pratici visto che i set dei suoi film erano una vera e propria Babilonia, dove ogni attore recitava nella propria lingua.
Grandi attori italiani doppiatiin italiano
Esistono poi i casi in cui il produttore non apprezzava la voce dell’attore o dell’attrice. Ci sono molti attori italiani, divenuti poi delle star internazionali, che sono stati doppiati anche in italiano. È il caso di Sophia Loren, doppiata incredibilmente nel 30% (avete letto bene) dei suoi film. In Domenica d’Agosto (1950), l’attore Marcello Mastroianni ha la voce di Alberto Sordi e in altri due film ha la voce di Nino Manfredi. Anche Sordi venne doppiato da suoi colleghi. E lo stesso avvenne a Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale (che lottò parecchio per far accettare la propria voce), Anna Magnani, Vittorio Gassman. A pensarci oggi sembra davvero incredibile.
La famosa coppia Bud Spencer & Terence Hill, coppia artistica attiva dal 1967 al 1985 e che più volte ha sbancato i botteghini, ha avuto per molto tempo le voci di Glauco Onorato, il primo, e di Pino Locchi il secondo.
Gian Maria Volonté vs doppiaggio italiano: La battaglia voce/volto
Questa pratica di doppiare attori italiani è finita con la vittoria della battaglia voce/volto condotta daGian Maria Volonté. L’attore milanese promosse scioperi attoriali contro le pratiche truffaldine di alcune case di produzione. Quest’ultime presero l’abitudine di ingaggiare star straniere per i film nostrani facendole poi doppiare. In questo modo, pur avendo un prodotto girato in lingua straniera, tramite il doppiaggio, potevano promuovere tali opere come prodotti italiani, beneficiando, così, dei vantaggi previsti dalla legge. In questa ampia e variegata lotta si inserì anche la protesta contro la consuetudine di doppiare attori italiani. Lo stesso Volonté venne doppiato a inizio carriera nei primi due capitoli de la trilogia del dollaro di Sergio Leone (Nando Gazzolo doppia sia Ramón Rojo che Indio). Il giornalista Felice Laudadio racconta: “[Volonté] Si presentò al quotidiano l’Unità chiedendomi in modo deciso di pubblicare un comunicato sulla questione voce/volto, nonostante il mio avvertimento che la cosa avrebbe provocato probabilmente una dura reazione da parte dei produttori”. Gian Maria Volonté venne infatti messo nella lista nera e si dedicò alla carriera internazionale.
Nonostante l’ostruzionismo dell’industria cinematografica italiana, il grande attore, infine, vinse la “guerra” e, ad oggi, un attore italiano ha il diritto di auto doppiarsi quando è necessario; diritto, questo, a cui solo ed esclusivamente l’attore/attrice può decidere di rinunciare, come accaduto recentemente con Alessandro Borghi, la cui rinuncia a doppiarsi in Diavoli ha nuovamente acceso i riflettori su questa decennale questione del cinema italiano.
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