Quando nel Dicembre del 2017 l’episodio pilota venne rilasciato insieme al resto dei capitoli della prima stagione, Darkvenne tacciata d’essere qualcosa di già visto. I viaggi temporali, ma soprattutto la sparizione di un bambino in una misteriosa cittadina dagli oscuri segreti avevano indotto gli spettatori a credere di sapere ciò che avrebbero visto sullo schermo, qualcosa di simile a una nuova Stranger Things. E’ così che Dark si è rivelata una meravigliosa scoperta.
Dopo il successo planetario riscosso dalle prime due stagioni, la decisione di dare una conclusione alla storia con un terzo ed ultimo ciclo di episodi ha messo in crisi molti spettatori. Troppe risposte da dare e una matassa apparentemente inestricabile da sbrogliare. Il rischio di perdersi in un virtuosismo fin troppo complesso è apparso molto elevato durante i primi episodi di Dark 3, quantomeno per un pubblico commerciale come quello degli utenti Netflix. Tuttavia adesso appare difficile immaginare una conclusione diversa per quella che, ormai di diritto, rimarrà una delle migliori produzione Netflix di sempre.
Ciò che ci viene mostrato è un universo perfettamente parallelo, in cui ogni corrispondenza sembra avere un carattere pienamente simmetrico e che rivela il carattere certosino del lavoro tecnico fatto dal team tedesco. Cambia il mondo e cambia il modo in cui nel montaggio ci si muove da una scena all’altra, passando dallo scatto repentino visto nelle prime due stagioni, al vortice che esemplifica perfettamente il viaggio spazio-temporale possibile grazie alle sfere contenenti il cesio-137.
Nei due mondi conosciuti tutto è manifestazione di un fitto nodo che può essere tagliato, ma non sciolto ed è per questo che Dark 3 si configura come una mitologia di quanto visto nelle prime due stagioni, conseguenza e al contempo causa degli eventi già visti. E’ così che si rende necessaria la ricerca dell’origine, del vero punto d’innesco e d’avvio a quegli eventi che, in un mondo o nell’altro, sarebbero altrimenti destinati a ripetersi all’infinito, generando continuamente esistenze schiave della necessità .
Adam ed Eva
La dimensione biblica è completa. Per ogni Adam che si rispetti deve inevitabilmente esserci un’Eva, che ne costituisca al tempo stesso la complice e principale nemica. Quella che sembrava essere una storia votata alla dimensione thriller-fantascientifica si rivela indissolubilmente legata ad una storia d’amore, anzi alla storia d’amore per eccellenza, quella da cui tutto ha avuto origine e che ha procreato ogni cosa, nel bene e nel male.
In un’avvincente partita di scacchi, Adam ed Eva vanno inconsapevolmente nella stessa direzione, si fronteggiano da avversari ma sperano inconsciamente di ritrovarsi sullo stesso territorio ancora una volta. In un apparente contrasto fra oscurità e luce, rappresentati rispettivamente da Adam ed Eva, e in una perfetta corrispondenza tra un universo ad impronta maschile e un altro marchiato dall’impronta femminile, vediamo come tutto ciò che ha vissuto continui ad esistere nella dimensione dell’eterno.
Attraverso un meccanismo di decostruzione a scatole cinesi e fatto di cerchi concentrici, vediamo come tutto faccia di un ciclo infinito e consequenziale di nascita e morte, di cui Adam ed Eva rappresentano il punto iniziale, perlomeno nei due mondi paralleli. Ognuno dei due sembra agire esclusivamente per i propri interessi, plasmando la realtà a proprio piacimento e sfruttando indiscriminatamente ogni pedina sulla scacchiera. In una dimensione indissolubilmente legata al concetto di eterno ritorno nietzschiano, i due si fanno garanti dell’amor fati, ossia dell’accettazione da parte di ognuno di un destino circolare e inevitabile.
Il diavolo bianco
Claudia Tiedemann merita indubbiamente un posto d’onore all’interno dei due mondi su cui sono tessuti gli eventi raccontati in Dark 3. La scienziata proprietaria della centrale nucleare è sempre apparsa come una variante all’interno del sistema. Originariamente concepita come la vera oppositrice di Adam, durante le prime due stagioni il comportamento ambiguo di Claudia ci ha fatto pensare che la figlia di Egon agisse all’interno della stessa logica di Adam ed Eva, ossia per dei meri fini personali, senza alcun posto per il bene comune.
Claudia rappresenta il perfetto trait d’union tra conoscenza e amore ed è per questo che a lei è stata affidata la chiave di volta dell’intera serie, la dura verità che ha determinato la distruzione di ciò che Hegel chiamava cattivo infinito fichtiano, ossia un infinito che pone continuamente il proprio opposto, senza mai volerlo superare davvero.
La noluntas schopenhaueriana e il Mondo Originario
Il pensiero di Arthur Schopenhauer ha permeato il mondo di Dark fin dai suoi esordi, tuttavia il suo carattere focale è venuto a galla in maniera dirompente in questa terza stagione. Secondo il filosofo di Danzica, la vera essenza del mondo è costituita dal concetto di voluntas, che negli uomini si esemplifica come una cieca aspirazione senza fine e senza scopo, un tendere che non porta ad alcuna acquisizione definitiva e che instilla negli uomini un male inestirpabile. L’unica consolazione della filosofia del filosofo tedesco risiede così nella noluntas, ossia un vero e proprio annichilimento della voluntas e di ogni sua oggettivazione umana che consiste nel nulla e nella fine temporale dell’individuo, ossia nella sua morte, unica via di fuga.
Fine del binomio
L’epilogo di Dark segue proprio questo pensiero. I mondi governati dalla necessità devono essere annientati per porre fine al dominio del binomio Eros-Thanatos, Amore-Morte, e lasciare spazio ad una libertà frutto di distruzione. L’amore fra Jonas e Martha ha creato inevitabilmente dolori e morte ed è per questo che deve essere eliminato. La falla deve essere annientata insieme al Matrix da essa generato. In una meravigliosa sequenza scenica, Jonas e Martha si ritrovano così in un flusso spazio-temporale molto simile a quello ideato in Matrix dai fratelli Wachowski, prima di accogliersi vicendevolmente in un ultimo abbraccio e dissolversi come Amore che ha sconfitto il Tempo tiranno, certi di ritrovarsi in un’altra esistenza, in altre forme.
Grazie all’estremo sacrificio dei due amanti infelici, ecco la distruzione che genera la libertà del Mondo Originario, già contraddistinto dall’aspect ratio panoramico 2.39:1 rispetto allo standard Netflix 2.00:1. Jonas e Martha hanno fatto sì che l’amore di Tannhaus non generasse la sequela infinita di dolori dei due mondi paralleli ed è così che nessuno dei figli di questa degenerazione temporale ha mai visto la luce. Tuttavia la sequenza finale ci fa capire come, in fondo, fosse impossibile distruggere ogni traccia di quei due mondi, seppur ormai esemplificabili come l’oscuro e meraviglioso sogno fatto da Hannah, futura madre di colui che ha dato inizio a tutto.
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