La maledizione di Kayako colpisce ancora e sbarca Netflix con una serie che indaga le origini del male, Ju-On: Origins, per l’appunto. Storie che si intrecciano, caratterizzate da morti violente e tanto, tantissimo rancore, come vuole la tradizione. Rabbia e odio, il doppio fil rouge che lega le vicende dei tanti protagonisti.
Ju-On: Origins, la trama
Un decennio di violenza, di vicende che vedono come unica protagonista la casa maledetta di Kayako. Lì dove partì tutto quanto, lì dove la violenza si era consumata e con lei la maledizione di The Grudge. Uno scrittore di paranormale dal passato traumatico, una giovane ragazza stuprata, famiglie disfunzionali. Il quadro perfetto per dar vita alla maledizione di Ju On.
Ju-On: Origins, la recensione
Ormai si è perso il conto. Dai film per la televisione fino a quelli per il cinema, la creatura Takashi Shimizu non riesce ad avere pace. E anche questa serie firmata Netflix va a fare compagnia a tutti quei prodotti mediocri che portano il nome di Ju-On, o The Grudge che dir si voglia.
Paradossale che i prodotti migliori siano proprio gli ormai irreperibili film per il piccolo schermo. E forse, con un occhio chiuso e senza pretese, anche i primi due che uscirono al cinema (no, non i remake americani). Dal grande schermo si torna al piccolo, con la speranza di avere più fortuna. Niente remake o reboot, visto il fallimento firmato Nicolas Pesceproprio durante questa annata decisamente infausta. La scelta è quella di guardare alle origini della maledizione.
Una scelta che però non trova assolutamente compimento dal momento che la confusione regna sovrana. E nella scrittura e nella regia, a dir poco anonima e priva di spunti orrorifici originali. Ju-On: Origins ricalca a piene mani gli stilemi classici del J-horror ma senza mai approfondire o innovare. Anzi, tutto rimane su ridondante sfondo.
L’uso distopico della tecnologia, profondamente fuori tema nel contesto Ju-On, si limita a televisori che riportano esclusivamente brutte notizie o telefoni che squillano. Esattamente come nella sua controparte spiritica che risponde al nome The Ring. Sfugge però il senso di queste scelte estetiche. Ma poco male, i problemi non sono assolutamente questi.
I ritmi profondamente dilatati di ogni episodio fanno venire a galla tutti i problemi legati alla scrittura di un prodotto che con Ju-On non ha assolutamente nulla a che fare. Non lasciatevi ingannare dal titolo: le origini non sono quelle di Kayako. Personaggio totalmente inesistente in questa serie. Ma questa è l’ultima delle questioni, vista la confusione presente nell’intrecciare tutte le storie che la caratterizzano.
Ju-On: Origins riprende infatti la struttura classica della saga filmica, piena di personaggi e vicende che si intrecciano tra loro. Qui però la suddivisione è anche episodica, cosa che dovrebbe imboccare ancor di più lo spettatore. Alla fine però ciò che rimane è un senso di profonda confusione e di noia. Pochissime le scene degne di nota, al punto che bisogna arrivare al quarto episodio (su sei) per assistere ad un po’ di sano gore.
Fino a lì, il nulla. Solamente lunghe introduzioni di tutti i personaggi con qualche momento orrorifico fin troppo buttato là , come se fosse un dovere di forma. Difficile parlare anche di crescendo, adottando un linguaggio musicale, visto che il ritmo rimane a dir poco lento e forzato, per gran parte della durata della serie. E parliamo di circa tre ore complessive, spalmate su sei episodi.