Il Bandito e il Campione è una canzone Francesco De Gregori (Leggi la nostra analisi de La Donna Cannone), tratta dall’omonimo album del 1993. Racconta del fortuito incontro divenuto leggenda tra due personaggi vissuti in Italia nei primi anni del ‘900. Stiamo parlando del grande campione di ciclismo, Costante Girardengo e del famigerato bandito, Sante Pollastri, entrambi esplicitamente citati dall’autore della canzone. In questa sede non vogliamo analizzare il brano dal punto di vista musicale quanto rispondere ad una domanda che in molti, sentendolo per la prima volta, si pongono: chi erano davvero questi due personaggi? Che avventure hanno vissuto insieme? Ecco quanto accadde a Parigi nel 1926.
Il Bandito e il Campione: a metà tra storia e leggenda
Girardengo e Sante Pollastri erano entrambi originari Novi Ligure dove nacquero rispettivamente nel 1893 e nel 1899 ma la differenza di età ha impedito dunque che fossero amici di infanzia; la loro strette amicizia fu una licenza poetica che si prese De Gregori nella creazione del suo brano. Tuttavia ebbero un amico in comune, il massaggiatore Biagio Cavanna che avrà un ruolo fondamentale in questa storia. Novi Ligure era una città poverissima, la fame attanagliava la gente e le bocche da sfamare erano troppe. Le vie da percorrere erano prevalentemente due: darsi alla malavita (Fu antica miseria o un torto subito canta De Gregori) o, come Costante Girardengo, tentare la fortuna in quello che pian piano, stava diventando lo sport nazionale: il ciclismo.
Nel dicembre del 1926 Girardengo è oramai un ciclista affermato mentre Pollastri è divenuto il più feroce bandito italiano, grazie anche alla sua capacità di sparare ai fanali delle auto che lo inseguivano per fuggire nell’oscurità (Se di notte è inseguito spara e centra ogni fanale Sante il bandito ha una mira eccezionale). Ha da poco messo a segno l’ennesima rapina finita, come spesso gli capitava, nel sangue: furono cinque infatti le vittime tra civili e carabinieri a perdere la vita nello scontro a fuoco col bandito in quel di Milano.
Dopo quei fatti Sante Pollastri decise di fuggire insieme ai suoi luogotenenti in Francia e precisamente a Parigi dove, ironia della sorte, si trovava anche Costante Girardengo intento a correre per la Sei Giorni. Questa era una gara di ciclismo su pista che si svolgeva al Velodromo della capitale transalpina d’inverno e fungeva più da passerella e da luogo di incontro per facoltosi avventori piuttosto che da vera e propria manifestazione agonistica. In quella sede i due, finalmente, si incontrarono, dando inizio alla loro leggenda.
Cavanna era a bordo pista a osservare il suo ragazzo correre sulla pista quando sentì un suono familiare, diverso dal solito brusio del pubblico. L’uomo riconobbe indistintamente il cifulò, un fischio tipico degli abitanti di Novi Ligure. Non poteva che essere un novese a fare quel fischio; non poteva che essere Sante, quello che da ragazzino non correva troppo forte in bici ma che ora era l’uomo più ricercato d’Italia. Dopo la gara Girardengo, impaurito dal fatto che potesse finire in uno scandalo, insieme al suo allenatore chiacchierarono con Sante che gli raccontò alcuni dettagli delle sue ultime imprese chiedendo al campione di rivelarli alla stampa dopo due mesi di silenzio.
Questo sarebbe servito a dimostrare che il pericoloso bandito era ancora in vita. Difatti circolava voce che Pollastri fosse morto qualche giorno prima poiché, sul confine francese, il suo braccio destro, Massari, detto Martìn si era tolto la vita una volta catturato dalla gendarmeria francese e in seguito scambiato per Sante. Questo errore aveva spinto molti giornali a esultare per la morte del temibile Sante Pollastri che però ci teneva a far sapere che c’era poco ben da festeggiare.
La fine di Sante Pollastri
Girardengo non attese i due mesi richiesti dal bandito e rivelò subito quanto saputo mettendo immediatamente in moto la macchina delle forze dell’ordine italiane che, cosa anomala per l’epoca, lavorò insieme a quella francese per fermare un uomo che aveva ormai oltre 150 complici sparsi fino in Belgio. L’uomo che segnò la fine del bandito, il bravo poliziotto che sa fare il suo mestiere, a cui De Gregori fa riferimento ne Il Bandito e il Campione fu il questore (E lo sanno le banche e lo sa la questura), Giovanni Rizzo, da anni a capo di indagini su esponenti anarchici che fornivano protezione a Pollastri e che per questo venne inviato a Parigi per gestire la missione.
Le indagini durarono diversi mesi finché, in un caldo pomeriggio del 10 agosto 1927, tre gendarmi riconobbero Sante Pollastri alla stazione metropolitana di Parigi. Dopo una breve colluttazione venne l’uomo infine catturato; non finì in manette dunque per attendere il suo Amico Campione come canta De Gregori. Anche quella è una licenza poetica del cantautore nato a Roma nel 1951. Pollastri rimase in carcere per 32 anni, stette in esilio a Ventotene durante il periodo della Guerra e tornò in libertà nel 1959 quando il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, gli concesse la grazia per aver evitato spargimento di sangue durante una rivolta scoppiata nel carcere dell’isola pontina. Divenne un venditore ambulante di merceria insieme al fratello Luciano e si spense a Novi Ligure il 30 aprile 1979.
Costante Girardengo invece continuò la sua fulminante carriera ciclistica. Dopo il ritiro nel 1936, divenne il commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo l’anno seguente e poi diede il proprio nome ad un marchio di biciclette. Morì il 9 febbraio 1978 a Cassano Spinola, in provincia di Alessandria dove le sue spoglie sono conservate di fianco a quelle dell’amata moglie Agostina Priano.
Conoscevate la vera storia che ispirò Il Bandito e il Campione di Francesco De Gregori? Che ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti.