Dispatches from Elsewhere è il titolo della nuova serie antologica targata AMC che arriverà su Amazon Prime Video a partire dal 15 Giugno 2020.
Si tratta di una serie televisiva composta da 10 episodi, con una durata che si aggira intorno ai 50 minuti a puntata e che è caratterizzata da un cast stellare, guidato dal Jason Segel di How I Met Your Mother, che è anche il creatore di questo prodotto folle, con richiami che sembrano voler strizzare costantemente l’occhio alla produzione di David Lynch.
Scheda Tecnica
Data di uscita AMC: 1 Marzo 2020
Data di uscita Amazon Prime Video: 15 Giugno 2020
Numero Episodi: 10
Numero Stagioni: 1
Cast
Hason Segel: Peter
André Benjamin: Fredwynn
Eve Lindley: Simone
Richard E. Grant: Octavio
Sally Field: Janice
Cecilia Balagot: Clara
Dispathes from Elsewhere, la trama
Tutto inizia dal personaggio Peter (Segel, appunto), un uomo che si presenta con l’abito dell’uomo comune, un essere umano incastrato in una sua routine che sembra non prevedere alcun colpo di scena.
Ma in ogni buona storia che si rispetti, l’inaspettato arriva: e in Dispatches from Elsewhere arriva sotto forma di un volantino e di un numero telefonico che lo condurranno verso il Jejune Institute, dove gli verrà chiesto di partecipare a un gioco che potrebbe essere una missione che potrebbe essere qualcosa di strano … qualcosa che lo possa strappare insomma dalla sua vita da timido e rpresso impiegatuccio.
Difficile avanzare con la trama senza correre il rischio di incappare in qualche spoiler, soprattutto perché la serie in arrivo su Amazon Prime è come un regalo che si scarta pian piano, qualcosa che deve essere fruito per essere capito. Qualcosa che, dunque, deve essere vissuto in prima persona, conoscendo il minor numero possibile di dettagli a riguardo.
Recensione:una serie ibrida, dalla struttura inaspettata
Bastano pochi secondi per comprendere come la maggior particolarità della serie creata da Jason Segel sia proprio in una struttura inaspettata. Pochi secondi davvero, circa 23.
È il tempo che impiega uno straordinario Richard E. Grant, immobile davanti alla macchina da presa, con uno sfondo aranciato alle spalle, prima di aprire la bocca e condurre lo spettatore in un mondo che sembra non avere punti di riferimento.
Una scelta stilistica che viene palesata proprio da questa manciata di secondi, quando l’attore distrugge la cosiddetta quarta parete e comincia a rivolgersi al pubblico, come un vecchio amico a cui raccontare una storia incredibile.
L’assetto stilistico “canonico” decade, lo spettatore si perde in una serie di domande – appena inizia la visione, il sospetto che ci sia un problema nel file persiste, sebbene il minutaggio avanzi – per poi lanciarlo in un mondo ancora più caotico, strano, difficile da afferrare, dove non si riesce a capire cosa sia reale e cosa invece non lo sia.
Una serie sopra le righe
Questo fa sì che Dispatches from Elsewhere sia una serie eccentrica, che si palesa subito come un racconto che voglia saltare fuori dalle righe, che vuole attirare l’attenzione come un bambino iperattivo che non riesce mai a stare fermo.
Una serie che usa i toni taglienti della comicità – di cui Segel rappresenta un buon portavoce – ma che a volte scivola nella drammaticità e quasi nella distopia: il tutto costruito su questo impianto quasi metatestuale che rappresenta davvero il lato migliore dell’operazione narrativa.
Buona anche la costruzione di tutti i personaggi e la scelta di rendere questa serie ontologica come il proverbiale puzzle che si compone man mano.
Forse il vero difetto di Dispatches from Elsewhere è una sorta di ingenuità di fondo, una sorta di ricerca narrativa che travolge lo spettatore soprattutto quando si arriva a determinate scene e/o rivelazioni.
Alcune scelte sembrano un po’ forzate, sebbene vada applaudito il modo in cui la serie riesce perfettamente a inserirsi in un contesto sociale e culturale come quello che stiamo affrontando in questo periodo. Che sia voluto o meno, la serie finisce per essere quasi una critica attuale, ma anche in questo caso il risultato, pur pieno di passione, appare ogni tanto zoppicante.
Detto questo, però, la serie è un prodotto folle, quasi lynchiano, che non rinnega anche sfumature più oniriche-romantiche che possono far pensare alla sonata per pianoforte di Yann Tiersen per Il Favoloso Mondo di Amelie.