Blade of the Immortal (Mugen no Jūnin): recensione dell’anime Amazon Prime
Blade of the immortal ci trasporta in un affascinante quanto terribile Giappone feudale, che vedrà da lì a un centinaio di anni più tardi la fine dello Shogunato.
Eccoci ad un nuovo adattamento animato (remake) del capolavoro pluripremiato di Hiroaki Samura, l’Immortale, dopo le infelici esperienze della sfortunata serie anime di 13 episodi del 2008 e, recentemente, del film live-action prodotto da Netflix e diretto dal rinomato regista Takashi Miike.
La serie, presente su Amazon Prime Video, prodotta da Pony Canyon e realizzata dallo studio LIDEN FILMS, si può definire l’adattamento completo del manga, nonché una delle migliori uscite anime dell’intero 2019.
Trama
Ci troviamo in Giappone nell’era dello shogunato Tokugawa, l’era dei samurai e dei rōnin. Rin Asano è la figlia di un famoso samurai a capo di un dojo. Una notte, la famiglia di Rin viene assalita all’interno della loro villa; la madre, violentata davanti ai suoi occhi, viene rapita, mentre il padre verrà ucciso in duello da Kagehisa Anotsu, capo del clan di samurai Ittoryu, dedito a sconfiggere ogni dojo presente nel paese allo scopo di mostrarne le debolezze.
Passa del tempo e Rin, cresciuta, dedicherà la sua vita alla vendetta contro Ittoryu, trovando aiuto in Manji, un abile rōnin, celebre per aver ucciso cento samurai in un solo combattimento. Ma lo spadaccino ha anche un’incredibile abilità: è infestato dal verme kessenchu, un parassita che vive in simbiosi col suo corpo, che blocca il naturale processo d’invecchiamento ed ha inoltre la capacità di rigenerare qualunque tipo di ferita che gli venga inflitta, rendendolo immortale. Per liberarsi da questa maledizione lanciatagli da una vecchia strega, Manji dovrà accompagnare la giovane Rin nel suo viaggio di sanguinosa vendetta.
Trailer
Blade of the Immortal: Recensione
La serie ci trasporta in un affascinante quanto terribile Giappone feudale, che vedrà da lì a un centinaio di anni più tardi la fine dello Shogunato, con il conseguente epilogo dei duelli di spada e dei samurai. Il mondo che ci viene presentato in Blade of the Immortal è terribile, quasi privo di speranza, dove vige la legge del più forte. Rin, nel tentativo di trovare vendetta, scoprirà come la Itto-Ryu sia impossibile da sradicare con la mera forza che le appartiene; questo la porta a cercare Manji, conosciuto come “l’assassino dei cento uomini”, con il fine di assumerlo come guardia del corpo. Una delle peculiarità maggiori di questo adattamento è la sua estetica violenta, estrema e cruenta: litri di sangue, arti tagliati e sequenze raccapriccianti.
Il primo episodio è emblematico dal punto di vista estetico per tutto ciò che vedremo più avanti. Inizia come se fossimo in un incubo: la combinazione di colori in scala tra grigio e rosso fa entrare in contrasto tra loro sequenze di terribile violenza, accompagnate da un costante sbattere della ruota di un mulino; una percussione noiosa ma inevitabile, che si ripeterà in ogni introduzione e che sembra sottolineare come un ciclo vendicativo non finisca mai. I tagli rapidi e i passaggi veloci da una sequenza all’altra creano un effetto confusionario, come se stessimo assistendo ad una scena, ad un ricordo o ad un sogno che abbiamo vissuto molte volte.
La direzione di Hiroshi Hamasaki non è solo azzeccata, è magistrale: tagli veloci, angoli alienanti e luci saturate con mille colori variegati. Proprio questi colori riescono a trasmettere allo spettatore tutta l’atmosfera di violenza, tensione, incubo e poesia che permane in ogni puntata di Blade of the Immortal, non tanto per le numerose scene cruente, oltre il limite, quanto per il clima disturbante e senza speranza nel quale l’anime fa piombare lo spettatore, insistendo su di esso e prendendosi del tempo, puntata per puntata, scontro dopo scontro, attraverso il meraviglioso connubio tra immagini e musica.
Attraverso le storie dei vari personaggi viene descritta in maniera meravigliosamente dettagliata l’epoca dello shogunato, con una particolare focalizzazione su tempi e modi della casata, sul suo onore e sulla sua rispettabilità. Ad esempio, le varie figure femminili non possedevano alcun valore, se non quello di essere un mero oggetto sessuale. Le donne che ci vengono presentate decidono di prendere le armi proprio per sfuggire dalla condizione di impotenza nella quale erano immerse, caratterizzata da prostituzione, da uomini sadici o vendicativi.
La stessa Itto-Ryu, capitanata da Kagehisa Anotsu , è un mezzo attraverso il quale cambiare regole e dogmi. I valori del dejo conquistatore si basano sull’utilizzo di qualsiasi arma con qualsivoglia stile di combattimento: l’importante è lottare uno contro uno. Tutto ciò è visto come una profanazione per i dojo canonici, che seguono delle ferree dottrine, radicate nel tempo, per ogni specifico stile di combattimento. Il massacro che viene perpetrato serve a dimostrare all’intera nazione la debolezza dello shogunato, istituzione che dovrebbe difendere il proprio popolo, ma che invece è soffocata dalla sua politica e dalla sua mentalità arretrata.
Il suo vero antagonista, in contrapposizione ai credo del leader della Itto-Ryu, è Kagimura Habaki, generale dello shogunato, nonché capo del Mugai-Ryu, incaricato di annientare ogni singolo membro dell’Itto-Ryu. Egli è un uomo glaciale, retto alla disciplina e soprattutto fedele allo shogunato a tal punto da accettare anche la contraddittorietà dei principi e delle modalità che lo affliggono.
Infine abbiamo l’irrefrenabile Manji, il maledetto, anarchico immortale, eppure non invincibile. Manji ha alle spalle un passato tormentato. Si è infatti ribellato al suo signore, sterminando quasi tutti i samurai al suo servizio, motivo per cui lo shōgun ha posto una taglia sulla sua testa. L’aver ucciso cento uomini d’onore ha portato con sé anche altre conseguenze. E’ destinato, attraverso la giovane Rin, a cadere e a rialzarsi per espiare le sue colpe. Da ogni suo scontro mortale ne scaturisce una lotta morale, psicologica e filosofica con il proprio avversario: la paura della morte, l’accettazione di essa, il terrore di non lasciarsi nulla in questo mondo dopo essere passati a miglior vita.
Rin otterrà la tanto agognata vendetta su Kagehisa Anotsu, il quale però esce vittorioso dalla guerra contro lo shogunato. Sconfiggendo il generale Habaki, forza militare dello stato, Rin dimostra la superiorità dell’Itto-Ryu, con la speranza di aver innescato la miccia di una rivoluzione che, nel tempo, porterà enormi cambiamenti in Giappone. L’unico che potrà esserne testimone è Manji l’immortale, rimasto inevitabilmente immutato nel tempo. Attraverso i suoi occhi scopriremo come il piano di Anotsu riesca ma per tutt’altri motivi: il Giappone è sì cambiato, ma a causa dell’invasione occidentale.
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