The Midnight Gospel | Recensione della serie Netflix creata dal “papà” di Adventure Time

The Midnight Gospel è la nuova serie di Pendleton Ward, geniale creatore di Adventure Time. Composta da 8 episodi disponibili su Netflix, la serie è un vero trip allucinogeno che amerete alla follia

The Midnight Gospel
Clancy Gilroy, protagonista di The Midnight Gospel
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The Midnight Gospel è la nuova serie statunitense di casa Netflix, composta da otto episodi e che ha debuttato ufficialmente il 20 Aprile 2020 in tutto il mondo. L’ideatore dello show,  Pendleton Ward, è anche la celebre mente creatrice dell’iconica Adventure Time, conclusasi nel 2018. Al momento non sono previste ulteriori stagioni, nonostante il finale lasci uno spiraglio per un futuro ed ipotetico seguito.

Trama

Clancy Gilroy è uno strano individuo, non meglio identificato, che svolge l’attività di spacecaster, futuristica traslitterazione dell’influencer moderno. Il protagonista un giorno sceglie di abbandonare casa sua e di andare a visitare i vari pianeti del suo multiverso, per trovare un senso alla vita ed una risposta a tutte le sue domande esistenziali.

Trailer

The Midnight Gospel: Recensione

Specchio di questa società

In una società mutevole, frenetica e digitale, come la nostra, piena di impulsi e ri-modellazioni, la ricerca del vero diviene tanto ostica, quanto necessaria. Il tentativo di trovare un significato ontologico, che in un qualche modo possa portarci a comprendere meglio i cambiamenti attorno a noi, si trasforma così in un moderno viaggio dell’eroe. Un percorso tanto tortuoso quanto pieno di inganni in cui, tra mille input ed imprevedibili eventi, la meta finale non è più il trionfo personale, ma il conseguimento di un senso universale. Se è certo che ci troviamo immersi in una realtà multi-direzionale, dove siamo chiamati a mutare, per adattarci a cambiamenti spesso prevaricanti, allora The Midnight Gospel è l’opera perfetta in grado di rappresentare tutto questo.

L’avvento di internet e delle nuove tecnologie infatti, oltre ad essere uno degli eventi più importanti della nostra storia, è stato capace di modificare totalmente gli assetti sociali, economici, finanziari, lavorativi e relazionali, proiettando l’essere umano in un mondo ancora poco afferrabile per molti.

Tutto questo si è riversato automaticamente in molte opere moderne, che hanno raccontato in diversi modi e stili, questi disagi, terrori o preoccupazioni. The Midnight Gospel, che non è da meno, dato il suo stile e le sue tematiche, contiene diversi di questi elementi, subendo anche altre influenze più propositive e dando vita ad una storia fuori dagli schemi più ordinari. Un progetto anomalo per il panorama mainstream, non solo per la sua messa in scena, ostica e psichedelica, ma anche per l’utilizzo dei vari medium di cui tratta e sul quale può anche essere fruito.

È giusto quindi sottolineare che, dato che il lavoro di Pendleton Ward può essere fruito su più dispositivi, tra cui smartphone, tablet e pc, finisce con il ragionare sulla forma di ciò che utilizza e di quella di cui parla. Una serie prettamente conforme ai nostri tempi, tutt’altro che facili e stabili, in cui il richiamo all’ordine ed alla catarsi, diviene fondamentale per osteggiare l’irreale e ritrovare sé stessi.

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The Midnight Gospel
Un esempio del tratto psichedelico di The Midnight Gospel

Alla ricerca del vero

The Midnight Gospel si rivela così fin da subito un’opera di formazione, fortemente transmediale, in cui la spiritualità, intesa come ricerca del vero, si manifesta attraverso stati alterati, esoterismi e sequenze allucinatorie. L’immagine ed il testo, nonostante non vadano mai di pari passo, creando quindi volutamente dei disturbi nell’attenzione dello spettatore, non fanno altro che parlare della medesima cosa, ma con approcci diversificati. Se da una parte si può ascoltare dei flussi di coscienza ininterrotti, classici delle culture spirituali alle quali si ispira, dall’altra invece si può assistere ad un susseguirsi di metafore ed iperbole, che giocano con le convinzioni e le aspettative del pubblico.

Un contrasto funzionale che serve non solo a rappresentare il disorientamento del protagonista, ma anche di quell’uomo moderno, ormai incapace di codificare il mondo attorno a lui. Una forma caotica, quella della serie, che oltre a contenere vari rimandi a sostanze psicotrope ed allucinogeni, elementi utilizzati per parlare di percezioni e codifiche alterate, serve per dare un volto ai mutamenti dei nostri tempi. Si assiste quindi ad una scissione tra il corpo, in questo caso l’immagine, e la mente, la forma verbale, dell’opera e metaforicamente del protagonista, in quanto sua estensione scenica.

Tutti i personaggi infatti sono costretti a plasmare sia il proprio corpo che la propria mente, non solo per adattarsi all’ambiente circostante, sempre diverso, ma anche per giungere ad una propria conclusione sul significato della vita. Clancy Gilroy, volto della serie, è formalmente un ragazzino (nonostante dichiari di avere 44 anni) alla ricerca di un principio, che in un qualche modo possa dare giustizia ai suoi traumi ed alla sua stessa esistenza. Le sue forme fisiche, proprio come la sua mente, sono quindi in continuo cambiamento e vanno di pari passo con quel viaggio di formazione che intraprende. Un percorso, sia personale che cronistico, rappresentato dalle scarpe che il personaggio colleziona, attraverso una metodologia prettamente da videogioco, che sancisce il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

Due modi opposti di indagare il vero, uno più razionale, in quanto di stampo documentaristico, e l’altro più emotivo, poiché legato al bisogno di alleviare il proprio dolore, che non fanno altro che rendere la natura di The Midnight Gospel ancor meno armoniosa. A causa di ciò la ricerca della verità diviene così anche un modo per ritrovare un’equilibrio, che possa riportare metaforicamente un’ordine tra le cose ed il mondo di Clancy. Un’odissea rappresentata da vari episodi simbolici, ognuno metafora dei vari piani di consapevolezza del ragazzo, in cui il surreale e il digitale si fondono perfettamente.

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The Midnight Gospel: Clancy Gilroy
Clancy Gilroy, il protagonista

La finzione e le influenze

È sicuramente doveroso ed interessante sottolineare come The Midnight Gospel giochi abilmente con la finzione scenica, e quindi con la bugia, finendo a volte con l’essere anche un prodotto meta-mediale e che interroga lo spettatore stesso. Clancey, ad esempio, oltre a gestire un podcast, al quale noi stessi partecipiamo in funzione di suoi iscritti, interagisce esclusivamente con delle simulazioni, ergo con un qualcosa di riprodotto artificialmente, ovvero di non autentico. La menzogna, intesa come estensione del digitale, assume l’aspetto di molteplici mondi da visitare, alla ricerca di un qualcosa che possa essere utile al protagonista per ritrovare la strada smarrita. Una sorta di Piccolo Principe moderno, in visita a vari pianeti psichedelici, in cui le aspettative del pubblico vengono usate per le concezioni di quest’ultimo.

Il digitale che è sempre spettacolarizzante e straniante all’interno della serie, dato gli universi che riformula, assume una funzione ambivalente per quanto concerne l’intrattenimento. A goderne infatti non siamo solo noi, ma anche gli iscritti allo spacecast di Clancey, Poiché tutto ciò a cui noi assistiamo potrebbe non essere vero, ontologicamente parlando, dato che si tratta di un qualcosa di informatico che ri-produce ed altera varie realtà, il viaggio verso il vero assume tutt’altro aspetto.

The Midnight Gospel potrebbe essere quindi definita come un’intera grossa metafora iperbolica che, attraverso un’estetica esoterica e psichedelica, che gioca con gli stessi sensi alterati del pubblico, giunge ad un punto spirituale e formativo. Un’opera che in un qualche modo vuol essere curativa per chi la osserva o quanto meno utile per il suo perfezionamento spirituale. Le droghe, spesso citate all’interno del racconto, non solo servono per discutere di percezione disarmoniche, ma anche di viaggi astrali verso un senso assoluto.

Un lavoro che per gli amanti del cinema di Alejandro Jodorowsky risulterà molto familiare, mentre per gli altri si manifesterà come una nuova esperienza sensoriale verso una meta difficile da delineare, almeno all’inizio. Il punto di vista dello spettatore si fonda a volte con quello di Clancey, e spesso anche con quello della “macchina da presa”, dando vita un’odissea i grado di coinvolgere attivamente chi la osserva, giocando con le sue percezioni. Il pubblico viene quindi integrato nel corpo dell’opera, che lavora in sua funzione, dando un senso preciso al concetto di interazione mediale di cui The Midnight Gospel parla indirettamente.

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