Nonostante in questo film ci siano due mostri sacri del cinema mondiale come Robert De Niro e Joe Pesci, Al Pacino riesce a svettare comunque. Il personaggio da lui interpretato, Jimmy Hoffa, è il più eclettico e variegato dei tre, pare quasi cucito addosso all’attore. Questa interpretazione è la summa di tutto ciò che Al Pacino è stato nella sua carriera, è un criminale ma anche un politico scaltro oltre ad essere un burattinaio notevole. Tutte le sfumature dell’animo di un personaggio complesso come Hoffa vengono perfettamente messe in scena dal suo interprete che riesce, anche solo con uno sguardo o con un sorriso beffardo, a mostrarci le intenzioni o i pensieri dell’uomo. Un prova magistrale nella quale Al Pacino mette tutti i personaggi che l’hanno reso quello che è in un’unica interpretazione.
4°Il mercante di Venezia, Michael Radford, 2004
La trasposizione dell’opera shakesperiana probabilmente inaugura la terza fase della carriera di Al Pacino, un attore di grande esperienza che ricomincia dai solidi classici dimostrando ancora una volta la propria padronanza sull’arte della recitazione. Il suo Shylock è ammaliante, cattura e spaventa nella sua ostinata pretesa figlia di una frustrazione ben più ampia e antica.
Se il classico del Bardo per eccellenza resta un capolavoro che non ha bisogno di aggiunte e ritocchi, l’interpretazione di Pacino entra nel cuore dell’opera proponendo un ruolo che si sovrappone perfettamente all’immaginazione di chiunque abbia approcciato al classico.
Degno di nota il doppiaggio di Giancarlo Giannini.
Frank Serpico è uno dei ruoli che hanno contribuito a creare il mito Al Pacino. Siamo nel 1973 e Sidney Lumet sceglie un giovane attore messosi in mostra un anno prima con Il Padrino e gli affida il ruolo del poliziotto italoamericano ligio al dovere e con saldi principi morali. In una New York sporca e cattiva, Serpico si inimicherà criminali e colleghi corrotti dando vita a una battaglia combattuta tra le strade e le aule di tribunale.
La performance di Pacino è intensa, sentita. Come spesso amava fare Lumet , si pensi a Quel maledetto pomeriggio da cani, i fatti di cronaca che vediamo nel film sono contemporanei dell’epoca e ritraggono sensazioni e conseguenze inevitabilmente ancora aperte nel periodo di proiezione. Ciò si nota soprattutto nell’interpretazione del protagonista, ove Pacino ci dona un Serpico fedele, realistico, appassionato. Celebri i dialoghi in cui intravediamo la sua filosofia di vita, il contrasto tra l’essere un socialista e un poliziotto nello stesso momento, l’isterismo a cui una situazione del genere porta. Al Pacino fa sua la storia e ci restituisce il ritratto autentico di uno degli uomini più complessi della storia newyorkese.
Da segnalare anche la notevole interpretazione in sala di doppiaggio del leggendario Ferruccio Amendola.
A cura di Luca Varriale
1° Il Padrino (Trilogia), Francis Ford Coppola: 1972, 1974, 1990
Micheal Corleone, solo il suono basterebbe per giustificare questa prima posizione. Questo è sicuramente il personaggio più complesso profondo e oscuro che Al Pacino abbia mai interpretato, protagonista di una delle pietre miliari del cinema. Michael Corleone inizia il suo percorso come un ragazzo normale con una eredità ingombrante e pericolosa da accogliere. Da giovane militare inizia la carriera che lo trasformerà completamente fino alla iconica fine, passando per una metamorfosi che lo porterà a esprimere totalmente la sua natura più ambigua e feroce spezzata dalla crudeltà della vita mafiosa.
Pacino tiene in ogni secondo fermamente a mente cosa in quel momento Micheal stia vivendo. Riesce ad esprimere attraverso il volto ogni sfumatura di luce e di ombra che il personaggio sta attraversando. Sottomesso e ambizioso quando è rampollo della famiglia Corleone, austero e spietato quando diviene il vero Padrino. L’iconico finale, al termine della terza pellicola, mentre abbraccia il cadavere della figlia morta al posto suo è struggente. Un urlo disumano e indimenticabile.
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