Quello giapponese è senza dubbio il cinema storicamente più conosciuto in occidente. Il primo contatto risale ai primi anni ’50, quando RashomondiKurosawa Akira fece la sua apparizione a Venezia. La terra del sol levante ha sempre esportato grandi registi, capaci di affermarsi nei più grandi festival del mondo e, qualche volta, di arrivare al grande pubblico. Oggi gran parte del discorso critico sul cinema nipponico verte su Kore-eda Hirokazu, che ha saputo cogliere meglio di tutti l’unicità del cinema del passato e della cultura giapponese, declinandola alle storie del presente. Non è un caso che la famiglia e il rapporto fra generazioni diverse sia al centro di molti suoi film, riprendendo la tradizione sul tema dell’enorme Ozu Yasujiro. Resta però un cinema estremamente legato alla tradizione del Paese, nel bene e nel male.
Ad eccezione di Kore-eda, però, oggi il cinema giapponese vive forse un momento di indecisione, forse oscurato in parte oscurato dal fenomeno Corea. Storici autori come Miike Takashi o Kitano Takeshi sono ormai lontani dai grandi successi degli anni ’90 e primi 2000, mentre tra le “nuove” generazioni è da evidenziare l’opera di Sono Sion, sicuramente uno dei più interessanti degli ultimi 15 anni, ma che resta troppo lontano dai gusti occidentali per avere ampia diffusione.
Anche il J-Horror, che ha avuto un grande seguito anche in occidente, sembra aver esaurito l’energia travolgente degli esordi di Nakata Hideo e Kurosawa Kiyoshi, nonostante l’ottimo nuovo lavoro di Nakashima Tetsuya, di cui vi abbiamo parlato qualche mese fa. Da segnalare anche il notevole successo nel circuito dei festival di One Cut of the Dead, intelligente commedia di zombie di Ueda Shinichiro, così come l’ottimo reboot del mostro più amato nel paese del sol levante con Shin Godzilla di Hideaki Anno.
Il Giappone resta comunque una delle più importanti industrie asiatiche che, anche se sembra aver perso quella sorta di egemonia che aveva in Europa, va sempre seguita con interesse.