Anche se vogliamo concentrarci su altri paesi è doveroso dire due parole sullo stato attuale del cinema in Corea. Gli Oscar conquistati da Bong hanno reso impossibile non vedere quello che succede da anni in Corea: i grandi autori producono film per il grande pubblico. In occidente siamo ormai abituati ad una divisione netta fra cinema commerciale e autoriale, con il secondo relegato a sale di nicchia, registrando un incasso raramente alto. In Corea registi come lo stesso Bong, Kim Ki-Duk, Park Chan-wook, Na Hong-jin, Lee Chang-dong, Kim Jee-woon o Hong Sang-soo sono estremamente popolari. I loro film vengono proposti al grande pubblico, che risponde sempre in gran numero, in quello che è un fenomeno che dura ormai dalla fine degli anni ’90.
Senza considerare film come Train to Busan o A Taxi Driver, per citare alcuni degli ultimi esempi, che ricordano per molti versi quella capacità affabulatoria di una Hollywood ormai perduta. In Corea hanno saputo inglobare le nuove tecnologie e tecniche senza dimenticare che al centro di tutto resta sempre una storia da raccontare.
Il perché va forse ricercato in uno stile che sembra correre lungo tutta la filmografia coreana. Questi autori hanno saputo cogliere elementi popolari a partire dai generi (spesso americani), coniugandoli con una loro forte idea di cinema e di mondo. Sono film estremamente gradevoli anche al grande pubblico, mai banali, a volte ricchi di azione e con più livelli di visione. È forse questo il segreto del successo ormai globale che sembra definitivamente decollato, se è vero che ormai i film di Bong Joon-ho si possono trovare in molte sale italiane e il dibattito pubblico attorno alla cinematografia coreana sembra sempre più vivo.
