I Colori nel Cinema: I 5 registi più visionari nell’uso della tavolozza

Ad ogni colore corrispondono più significati, oltre che modi di fare cinema. Ecco 5 registi che hanno fatto della tavolozza la propria passione

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I colori nel cinema: 5 fuoriclasse

Krzysztof Kieślowski 

Nella sua trilogia dei colori (Film bianco, Film blu e Film rosso) il regista polacco Kieslowski usa i cromatismi come linguaggio. Il Film blu ci racconta di libertà, il Film bianco di uguaglianza e il Film rosso di fratellanza. I tre non sono apparentemente legati gli uni agli altri, se non nella costituzione finale dei colori della bandiera francese. Per poter cogliere la grandiosità dell’opera è però necessaria una visione complessiva di tutti e tre i film, concettualmente interconnessi.

Della trilogia sui colori il Film rosso è il più coerente a livello estetico: la tonalità è onnipresente nel film, dominante o in dettaglio, in ogni inquadratura che ci scorre sotto gli occhi e gode visivamente di un fascino superlativo che la consacra, senz’altro, come la più intensa delle tre. Questo grazie soprattutto al grande lavoro del direttore della fotografia, Piotr Sobocinski (candidato agli Oscar per questo film), capace di sfruttare al meglio gli ambienti e di far prevalere il colore senza scadere nell’eccesso.

Sion Sono

Il folle e delirante regista giapponese Sion Sono è uno tra i colleghi orientali che più ricorre all’impiego del colore nei propri film.

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In Antiporno (2016), attraverso l’uso di colori sgargianti ed accesi, dà voce al genere femminile che sogna di fuggire da un paese-uomo, rotolandosi in un mare di colori. Il giallo è il protagonista assoluto dell’intera opera, onnipresente in qualsiasi scena e nettamente in contrasto con la scenografia a cui è associato.

La fotografia, curata scrupolosamente, si rivela di forte impatto visivo: una delle qualità principali su cui poggia la pellicola. Il giallo utilizzato dal regista per infondere allegria, spazialità ed apertura, arriva a scontrarsi volutamente con la sceneggiatura e il luogo in cui è stato girato il film, emblema di prigionia e tristezza. Quella di Sion Sono è un’opera che raramente si scorda per la bellezza dei colori utilizzati, per la loro vivacità e per come riescono a colpire in piena faccia lo spettatore, soprattutto dove risultano complementari tra loro.

Gaspar Noé

Regista e sceneggiatore argentino stabilitosi in Francia, Gaspar Noé è uno degli autori che ricorre ad un uso più estremo delle tinte cromatiche. Soprattutto nel film Enter the Void, dove già dai titoli di testa (definiti da Noé “lettere a voltaggio”) il regista immerge lo spettatore in un’esperienza visivo-sensoriale: uno sfondo nero accompagnato da colori variegati e caotici, che impazzano in maniera del tutto schizofrenica per ricreare un effetto epilettico nello spettatore.

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Per quasi tutta l’intera durata del film la visione è mantenuta sotto un costante trip allucinatorio. Il sostantivo “esperienza” non è casuale: Noé immedesima lo spettatore nelle dirette conseguenze dovute alla dipendenza da droghe psicotrope, attraverso l’utilizzo intensivo di cromatismi accesi, l’impiego di neon e di colori sintetici, usando la soggettiva assieme a lunghi e interminabili piani sequenza che rendono il film un totale e immersivo viaggio psichedelico.

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