Da sempre l’uomo ha attribuito un significato ai colori. Questi, nel cinema, ricoprono un ruolo fondamentale nel catalizzare una specifica emozione piuttosto che un’altra; a livello visivo rivestono la stessa importanza dell’espressività o della gestualità degli attori. Proprio per questo, prima dell’avvento del colore, si puntava soprattutto su un trucco che evidenziasse i lineamenti o la mimica facciale. Non esiste un modo giusto o sbagliato nell’usare le tonalità o i cromatismi, nell’optare tra colori caldi o freddi: la scelta di una piuttosto che un’altra dipende soprattutto dalle esigenze estetiche o dai gusti del regista. Va comunque tenuto a mente che nell’accezione comune il rosso non evoca le stesse sensazioni del giallo, così come il nero crea un’atmosfera differente dal rosa.
Ad ogni colore corrispondono uno o più significati, oltre che modi di fare cinema. Spetta solo al regista decidere quali e come usarli. Ci sono cineasti che ricorrono spesso all’utilizzo di una stessa tipologia di cromatismi, o ad uno solo di questi in maniera ricorrente e su molteplici film. L’uso di un rosso acceso, ad esempio, tende ad aumentare, in diverse sequenze il senso di rabbia, di sangue, di dolore o di morte. Viene tuttavia utilizzato anche come simbolo di passione, o di erotismo. L’arancione, invece, viene solitamente posto in rapporto alle atmosfere esotiche, o addirittura aliene, così come al calore e all’energia. Il giallo tende a rilassare, a rallegrare e a portare positività, ma è anche visto come simbolo di follia.
Attraverso questo video vi farete un’idea più chiara della psicologia riguardante l’utilizzo dei colori nel cinema.
I colori nel cinema: 5 fuoriclasse
Nicolas Winding Refn
Il regista danese Nicolas Winding Refn è noto per la sua estetica altamente stilizzata e per l’attenzione che pone, in tutti i suoi film, sulle combinazioni mirate di colori e sugli affascinanti, accesi cromatismi: in particolare il rosso, il blu, il giallo e il viola.
Il rosso ci viene presentato come la trasposizione delle nostre più violente emozioni, portato ad un livello estremo ed altamente saturato, per trasmettere tensione ed aggressività, che trasudano da tutti i pori dei suoi personaggi principali. Il blu, invece, viene impiegato per rappresentare una triste solitudine, dove i personaggi vengono lasciati indugiare nei loro pensieri e nelle loro riflessioni, immersi completamente in questa travolgente tonalità. Il giallo è, infine, il culmine dei due colori precedenti, che collidono in esso componendo il telaio finale.
La maggior parte di queste immagini contenenti colori oltremodo saturati sono utilizzate come elemento narrativo: non vengono accompagnate da nessun dialogo e vengono inserite unicamente per raccontare la progressione dei personaggi e spiegarne gli stati d’animo, adattandosi perfettamente, attraverso il colore, alla visione estetica di Refn.
Il grande regista britannico Alfred Hitchcockrende essenziale l’uso del colore in Vertigo (La Donna Che Visse Due Volte, 1958), uno dei suoi capolavori indiscussi; in particolare il verde, con le cui tonalità Hitchcock rivela le fantasie e le ossessioni dei suoi personaggi.
Il personaggio interpretato da Jimmy Stewart, Scottie Ferguson, è strettamente collegato al colore rosso: i suoi vestiti, i mobili che lo circondano, la porta del suo appartamento, sono tutti sinonimi dell’instabilità, della malinconia e del disagio che lo pervadono. Invece Madeline, l’oggetto della sua ossessione e del mistero, viene rappresentata dalla tonalità direttamente opposta, il verde: il vestito che indossa quando appare per la prima volta, la sua macchina, il mare nel quale si tuffa per fare in modo che Scottie la salvi. Mentre questi due personaggi si uniscono e si avvicinano tra loro, anche i loro colori si mescolano.
Trovate qui sotto un video che mostra come Hitchcock abbia utilizzato i colori complementandoli alle sensazioni che voleva trasmettere, e come ognuno di questi abbia un preciso scopo.