Catellani è il “paziente 0”. Tutti i direttori che si succedono da qui in poi, non sono che evoluzioni dei suoi peccati. Vedremo il Visconte Cobram che, esasperando la passione per lo sport, obbligherà tutti i dipendenti a fare ciclismo e a competere tra di loro, quasi fossero gladiatori e lui l’imperatore. Vedremo l’iconica sedie di pelle umana, personificazione massima della disparità sociale e dell’illusione del concetto di Comunismo in una società malata.
Possiamo anche citare il Mega Presidente, che decidere di punire Fantozzi per una scritta in cielo contro di lui con la pubblica umiliazione, arma usata dai potenti della filmografia per tenere a bada gli “inferiori”, gesto simile all’obbligo di riverenza nei confronti di una statua. Ogni Mega Direttore che si avvicenderà nella storia di Fantozzi, rappresenterà un’ulteriore esasperazione di difetti e peccati già visti nei primi capi.
Miseria e nobiltà
Ma è ne Il secondo tragico Fantozzi che troveremo uno dei più feroci esemplari di Mega Direttore: il Duca Conte Semenzara. Si tratta di una tra le figure più significative dell’intero Universo Fantozzi. Il Semenzara, infatti, appare agli occhi del Ragioniere come l’incarnazione del grado più alto della scala sociale. La serie dei suoi titoli è praticamente infinita: Mega Direttore Clamoroso Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara. E così il personaggio interpretato da Antonino Faà Di Bruno rappresenta un uomo cui tutto è concesso, tutelato dal retaggio nobiliare, l’aura della ricchezza estrema, nonché da una solida posizione di potere.
Nella prima sequenza del film, vedremo subito il Ragioniere al servizio del Duca Conte. Fantozzi, infatti, è costretto a presidiare tutta la notte il suo ufficio. Alle prime luci dell’alba arriverà la chiamata della Duchessa Semenzara, che ben conosce il marito, la sua passione per il gioco d’azzardo e le professioniste dell’amore a pagamento. L’impiegato sventa il dramma della gelosia millantando una riunione fiume, forte della vera voce del Semenzara, preventivamente registrata su nastro.
Inizia così l’avventura di Fantozzi e del Duca Conte, che proseguirà col mitico viaggio al Casinò di Montecarlo. Tra tutti i Mega Direttori, il Semenzara è forse l’unico che Fantozzi sembra non solo temere, ma sinceramente amare. L’immagine sacrale di quell’uomo di gran classe si scontrerà con la realtà di un vecchio prepotente, in balia del demone del gioco, ossessionato dalla superstizione e la scalogna.
Il viaggio a Montecarlo
Fantozzi è l’impiegato estratto a sorte per scortare il Semenzara nella trasferta monegasca.
“Per non gravare sul bilancio aziendale avrei preso un biglietto di seconda classe. La terza l’hanno purtroppo abolita.”
Così Fantozzi, fin dalla partenza in stazione, cerca di assecondare il Duca Conte in ogni modo. D’altra parte entrare nelle sue grazie, diventando una sorta di porta fortuna, significa automaticamente salire di livello, diventare un impiegato di quinta, o magari di prima classe, dotato di pianta di Ficus e poltrona in pelle umana.
Ma la fortuna si diverte a giocare col Ragionier Fantozzi. Nonostante i suoi sforzi, il Semenzara vince poco e perde piuttosto chili e chili di fiches. Il finale rivela la natura miserabile del Duca Conte, che sottrae a Fantozzi la sua unica vincita, 700.000 lire subito bruciate per pagare Hotel, 2 prostitute e il ritorno in vagone letto.
Non perdetevi il finale, che vede l’onesto, intrepido Fantozzi che rientra “con mezzi propri”. Questo capitolo è infatti uno dei momenti più allegorici, grotteschi e surreali della saga, che rivela l’unicità del sodalizio tra Paolo Villaggio e il regista Luciano Salce, capaci di mostrare tutta la volgarità dell’antica nobiltà italiana.
Una realtà gattopardesca, abbarbicata sui propri privilegi, oggetto di un sarcasmo impietoso, che sa perfino alludere al quel famigerato “determinismo dei percorsi sociali”.
a cura di Marta Zoe Poretti
Vadi contessa, vadi
Il secondo tragico Fantozzi presenta un’altra intramontabile icona della saga: la Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare. La figura della nobildonna arriva per altro dai primissimi racconti che Villaggio dedica a Fantozzi, pubblicati su L’Espresso e L’Europeo; Marta Marzotto era convinta fosse ispirata a lei. La moltitudine dei cognomi, l’ostentazione del lusso e l’aria stralunata ne faranno il simbolo della nobiltà all’italiana, uno di quei personaggi che entrano istantaneamente nel linguaggio comune.
Nella sua prima apparizione, la Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare è la madrina di un grande evento aziendale. Nella fattispecie, dovrà battezzare una grande nave prima del varo. Ma il rituale rivela tutta la sua stupidità grottesca con le bottiglie lanciate e rilanciate dalla contessa che non colpiscono mai la prua, ma piuttosto il povero Fantozzi. Dopo aver menomato anche un illustre cardinale, la Contessa dovrà ostentare anche tutta la sua originalità, invitando la schiera gli impiegati a cena.
Il galà nella tenuta dei Serbelloni Mazzanti è aperto a tutti. La contessa intende ingraziarsi i dipendenti in vista degli accordi sindacali, per questo ci tiene a sottolineare come abbia invitato perfino i fattorini, perfino i passacarte.
Fantozzi e Filini, bardati da improbabili frac in affitto, finiranno perfino al tavolo d’onore. E mentre la nobildonna li apostrofa col nome di “impiegati”, il film si fa beffe di quella falsa benevolenza, di quella nobiltà che gioca a mostrarsi generosa, aperta e illuminata, ma sa vivere solo in una coltre dalla deferenza, dove ogni stupidità è concessa.
Il Nichilismo in Fantozzi: Il Mega Direttore Galattico
Ma la galleria degli “illuminati” è dominata da un altro essere mitologico: il Mega Direttore Galattico. Ne Il primo tragico Fantozzi, il Ragioniere incontrerà quest’essere superiore, che credeva perfino un’entità astratta, alla fine della sua breve, improbabile fase di ribellione.
Per guarire il suo cuore spezzato e allontanarsi dalla Signorina Silvani, il Ragioniere chiede di essere trasferito ad altro ufficio. Finirà in un angusto sgabuzzino, dov’è relegata la figura più incandescente dell’azienda: il Folagra, intellettuale di estrema sinistra, schivato come la peste da tutti i dipendenti. Se il personaggio del sovversivo appare come la reincarnazione sbiadita del prode Garibaldi, altrettanto parodistica è la trasformazione di Fantozzi, che si mette a studiare, si fa crescere i capelli, indossa la sciarpa rossa e progetta la rivolta. La ribellione si esaurisce nel lancio di un solo sasso contro una finestra. Quel vetro infranto, infatti, conduce il Ragioniere ai piani alti, anzi al vertice estremo della piramide sociale.
L’incontro tra Fantozzi e il Mega Direttore Galattico è tra i momenti più alti dell’intera saga. Sospesa tra realtà e allucinazione, la sequenza è girata come un film di fantascienza. I corridoi diventano infiniti, le luci di un bianco ultraterreno, la colonna sonora si fa elettronica.
E non manca neanche un’incursione nel surreale, mentre il Ragioniere è preda di una delle sue tradizionali allucinazioni mistiche. Visioni che sono un altro elemento ricorrente nella cinematografia di Fantozzi, che nell’arco dei 10 film vedrà apparire San Pietro, la Madonna e perfino l’Arcangelo Gabriele.
Ma la sequenza del Mega Direttore Galattico è un capolavoro a livello concettuale, oltre che cinematografico. Mentre Fantozzi si rivolge al Mega Direttore come Santità, Onnipotente o Sire, il Duca neutralizza la rivolta nel giro di poche battute. Afferma di comprendere e perfino condividere le ragioni dei dipendenti, ma si dichiara Un medio progressista.
“Bisognerebbe che tutti gli uomini di buona volontà si incontrassero in una serie di civili e democratiche riunioni, finché non saremo tutti d’accordo.”
Afferma quel magnanimo rappresentante della classe dirigente. “Ma servirebbero mille anni!” replica Fantozzi. E in questo semplice scambio di battute, Paolo Villaggio si fa beffe del fantomatico “appello alle forze sane”, della retorica dei moderati, e quelle soluzioni studiate solo per blandire gli sfruttati. Un perfetto esempio di come il comico genovese, nei primi Fantozzi, sappia raccontare l’Italia del tempo, pur nella cornice di un’irresistibile deformazione grottesca.
Fantozzi e la signorina Silvani, storia di un amore impossibile
Sin dal primo Fantozzi, il cuore del ragioniere sarà preda di una passione impossibile, tormentata e travolgente. Parliamo naturalmente della Signorina Silvani, femme fatale e oggetto del desiderio, destinata a imperversare nell’intera saga, per un totale di 8 film su 10.
La storia d’amorosi sensi che coinvolge Fantozzi e Silvani non si concretizzerà fino all’età della pensione. Ma nel frattempo, il ragioniere continuerà sempre a guardarla come una musa, icona di una femminilità spregiudicata, suadente e irresistibile.
Antitesi della Pina, solido punto di riferimento nella buona e la cattiva sorte, della Signorina Silvani non scopriremo mai il nome proprio. Scelta non casuale, già che fino al mestissimo epilogo, resterà per Fantozzi un’immagine ideale, forse irraggiungibile, eppure corteggiata con ogni mezzo, lecito o illecito.
Per la “Belle dame sans merci” il Ragioniere affronterà infatti ogni sorta di prova, sognando finalmente di vincere, imporsi come il numero uno.
Anna Mazzamauro ha saputo dare corpo e voce a una figura senza tempo. Sofisticata e opportunista, la Signorina Silvani è anche l’emblema di un cinismo senza scrupoli. Si atteggia a signora d’alta classe, ma sul più bello torna a parlare co cuore, ovvero, come uno scaricatore di porto. Si muove come un’abile gatta, sempre pronta a sfruttare il suo fascino per ottenere favori, soggiogare i colleghi, ma nel corso del tempo avvizzisce, mostrandosi sempre più becera, manipolatrice e sola.
a cura di Marta Zoe Poretti
Dalla vacanza a Capri alla clinica estetica: climax di un amore
Nonostante gli inganni, l’indifferenza e una serie di tentativi rovinosi, Fantozzi combatterà per lei tutta la vita. Ne Il secondo tragico Fantozzi, troviamo una sequenza emblematica, l’indimenticabile vacanza a Capri.
Marito ideale della Silvani, non era Fantozzi ma il Geometra Calboni. Ma in fondo al suo cuore, il Ragioniere sa che lei merita di meglio, e con quel latin lover finirà solo in tradimento e tragedia. Lo spasimante Fantozzi, si presterà come perfetta pedina nelle trame della gelosia. E per riconquistare il fedifrago consorte, la Silvani si veste di bianco, trascina il Ragioniere in una surreale replica del suo viaggio di nozze.
Fantozzi per lei è pronto a tutto: si schianta contro i faraglioni di Capri, si tuffa di testa in piscina e dal dirupo. E quando si illude di aver dormito con lei, sente la voce degli angeli. Nella realtà, Fantozzi finirà solo per firmare un chilo e mezzo di cambiali, lasciando alla coppia felice la suite imperiale.
Dopo una tale sequela di umiliazioni, il Ragioniere ferito arriverà a tentare il gesto estremo. Ma per fortuna, perfino il suo suicidio è un fallimento. La fedele Pina ricomprerà il marito al mercato, in forma di cernia congelata. E lei sì, lo riporterà a casa intero.
Le rocambolesche schermaglie d’amore di Fantozzi e Silvani troveranno finalmente il climax nel 1993, con Fantozzi in Paradiso. Nel magico scenario di Cortina D’ampezzo, il fattaccio finalmente accade. La Signorina riemergerà da quella notte di bruciante passione con una sola consapevolezza: “Che me so persa pe’ vent’anni!”.
Vi sembra un epilogo troppo romantico? Con un mesto colpo di coda, Fantozzi – Il ritorno segna la loro squallida, ineluttabile fine. Realizzato il sogno, Fantozzi ha perso per lei ogni interesse. E dopo 3 anni, la Signorina Silvani si congeda come la solita mentitrice, millantando una fantomatica gravidanza, inscenata per estorcere 5 milioni al suo eterno spasimante, destinati in realtà ad un intervento di mastoplastica.