Il buco è il nuovo titolo targato Netflix, uscito il 20 marzo dopo aver girato vari festival lo scorso anno con il titolo internazionale di The Platform(El hoyo in originale).
Dopo aver debuttato a Toronto lo scorso settembre, il film è stato presentato al Torino Film Festival, ricevendo un ottimo responso di pubblico e critica. Ora debutta sulla piattaforma di streaming un film che attinge a piene mani da un certo tipo di horror anni ’90, ma che declina il genere per parlarci in maniera molto esplicita di argomenti molto alti.
La Trama
La storia è quella di Goreng, che si ritrova a dover passare sei mesi in una prigione verticale, nota con il nome de La fossa. Quando si sveglia il suo compagno di cella (o livello) Trimagasi gli spiega come funziona la prigione: ogni primo del mese i detenuti, due per ogni piano, si risvegliano in un piano diverso del carcere.
L’idea di base è molto simile a quella di film come Cube, un classico del sci-fi/horror distopico degli anni ’90. E così anche l’ambientazione claustrofobica, che ricorda il cubo del film di Vincenzo Natali. La scenografia spoglia e ristretta permette al regista di concentrarsi su quello che è il suo obiettivo: discutere in un’ora e mezza l’odierno sistema capitalista.
Il buco non è altro che una grande allegoria sulla nostra società , sulle sue iniquità e la sua degenerazione nei rapporti fra esseri umani.
Sceneggiatura e Personaggi
A differenza però di molti film che prendono questa strada Il buco non si perde nell’autoreferenzialità , scorrendo e funzionando dall’inizio alla fine. Una sceneggiatura particolarmente centrata sul suo obiettivo ci porta mano per mano in un percorso verticale, fino ad una catabasi degna dell’ultima opera di von Trier. E non è forse un caso che anche Boong Joon-ho, nel suo Parasite, ricorra spesso alla verticalità per rafforzare la sua tesi visivamente.
Il film funziona proprio per la sua componente visiva, quantomai eloquente. La scelta di scarnificare e rendere estremamente semplice, quasi non degno di interesse quello che vediamo attorno ai personaggi, cozza violentemente con la ricchezza e l’abbondanza che scende dalla piattaforma, almeno nei piani più alti.
Il buco è un film pregno, dalla prima all’ultima inquadratura, che non spreca mai tempo per argomentare la sua tesi. Quasi in maniera ossessiva, potremmo aggiungere. Anche se non ha particolari problemi di ritmo, il film potrebbe apparire per certi versi ripetitivo. Forse un trattamento più ampio avrebbe giovato, per dare un po’ di aria al racconto.
Negli spazi stretti e disadorni che dominano il film è poi inevitabile che siano i personaggi ed i loro interpreti ad avere grande responsabilità sulla sua riuscita. Gli attori reggono molto bene i 90 minuti di durata, grazie anche ad un buon lavoro di scrittura dei personaggi, ben caratterizzati e diversi fra loro.
L’esordio alla Regia
Resta un esordio alla regia, quello di Galder Gaztelu-Urrutia, assolutamente di grande rilievo. Lo spagnolo ha saputo realizzare un film estremamente concentrato e curato, che strizza l’occhio al genere ma che spicca per un’idea autoriale molto forte. G
aztelu-Urrutia non si limita a criticare, ma propone, fino ad arrivare ad un finale estremamente simbolico. Non distrugge solamente, ma tenta di creare. E in questi giorni estremamente difficili non è una dote da poco.
Di seguito il trailer del film, che potete già trovare su Netflix.