La forza dell’alchimia sonora e canora della band, l’impatto provocatorio della coppia Ninja/Yolandi, la velocità e l’efferatezza con la quale le barre rap vanno a colpire l’ascoltatore. Tutti questi elementi si ritrovano ancora in HOUSE OF ZEF, quello che (in teoria) dovrebbe essere l’ultimo album del gruppo sudafricano. Ma vi si ritrovano come attenuati, proposti controvoglia, con poca energia. Anche la componente più ironica della musica dei Die Antwoord, che emerge tra le strofe e nelle deviazioni di canto più intenzionalmente “freak”, poco può fare per rinnovare una formula ormai iper-collaudata. Altra cosa che non aiuta è l’inclusione di featuring poco interessanti, di artisti certo validi ma il cui contributo passa, di fatto, praticamente inosservato.
Un buon disco? Anche sì. Un testamento degno? Anche no
Canzoni valide ce ne sono: LAMBO LIFE, BANG ON EM e FUTURE BABY, quest’ultima un interessante esperimento di techno/rap, sono pezzi che riportano tutti quanti le caratteristiche migliori dello stile del gruppo. Ma peccato che l’album termini proprio quando comincia a migliorare. L’ultima canzone (l’unica non in caps lock), No 1, è una riflessione pacata sulla fama e sul successo, che lascia da parte per un attimo ogni bisogno di trasgressione, per affrontare un argomento con serietà e, strano dirlo per i Die Antwoord, maturità . Nella canzone il gruppo si trasforma quasi nei Pet Shop Boys (il che, per inciso, è un bene). E facendo ciò lascia intravedere un lato della propria musica di ispirazione ben diversa rispetto a quanto ci hanno abituati.