Si denuda di fronte al proprio pubblico, Francesca Michielin.
Con FEAT (Stato di Natura), la cantautrice veneta dà libero sfogo a fantasie musicali che ha a lungo represso, costruendo un mosaico eterogeneo i cui tasselli rappresenteranno le sonorità più disparate, le sonorità di ieri e di oggi. Rinnegando la coerenza formale e contenutistica che l’aveva sempre guidata, la Michielin decide di farsi un po’ da parte, lasciando un po’ più di spazio agli undici colleghi con cui ha composto gli undici brani della sua ultima e innovativa creazione musicale.
Come il titolo stesso dell’album lascia intuire, FEAT (Stato di Natura)è una raccolta di collaborazioni che sono più di semplici duetti, e che si trasformano in un pretesto per esplorare territori mai esplorati e per seguire il proprio istinto. Tre anni dopo il fortunato 2640, Francesca Michielin ci stupisce per l’ennesima volta con un crossover che nessuno sarebbe mai stato in grado di prevedere.
Un ibrido musicale che, simbolo di una brusca interruzione del percorso artistico precedentemente percorso, si nutre instancabilmente del passato e del presente, dando vita ad un universo in cui la nostalgia per l’analogico e la modernità del digitale vengono equilibrati perfettamente. Mostrandosi perfettamente a suo agio anche in paesaggi in cui non aveva mai avuto l’occasione di passeggiare, la Michielin ha preso la decisione di cambiare rotta. E ha fatto bene: se non ora alla giovane età di venticinque anni, quando?
La cantautrice veneta dà libero sfogo a fantasie musicali che ha a lungo represso, costruendo un mosaico eterogeneo i cui tasselli rappresenteranno le sonorità più disparate, le sonorità di ieri e di oggi
Dopo aver composto un disco intimo e molto personale, in cui la leggerezza della giovinezza sembrava essere un passato lontano, l’artista saluta la coerenza e la razionalità che l’avevano precedentemente caratterizzata per cominciare a percorrere un’odissea in bilico tra l’attuale e il desueto, tra le mode che erano un tempo e le mode che sono adesso. Un viaggio musicale in cui si dà retta unicamente all’irrazionalità e all’illogicità del proprio sentimento.
Consapevole della propria pazzia, così come della sua pretenziosità (che, apprezzata quasi per tutta la durata dell’album, inizia a stonare e ad infastidire con il capriccio francese di La Vie Ensemble, cantato in compagnia dell’eclettico Max Gazzè), Francesca Michielin e, con lei, il suo FEAT (Stato di Natura)esplorano ogni genere che può essere esplorato. Dal rock oscuro dell’ouverture a quel pop che è un po’ anche reggaeton, creato grazie al contributo di Elisa e di Dardust, passando per l’urban di Mahmood e Charlie Charles, la trap di Shiva, l’hip hop di Fabri Fibra e Gemitaiz e l’indie di Carl Brave.
In un mondo in cui l’istinto di sopravvivenza e un malsano individualismo rischiano di soffocare ogni declinazione di libertà , questo inno alla bellezza dello stare insieme si eleva quasi a dolce benedizione.