Arriva la sentenza del giudice James Burke che mette la parola fine al processo Weinstein. Saranno 23 gli anni di carcere che il produttore orco dovrà scontare. Respinta quindi la richiesta della difesa della pena minima a causa dei problemi di salute dell’imputato. Già in mattinata, l’equipe di avvocati difensori, capitanata da Donna Rotunno, si erano dichiarati “poco ottimisti“.
Una mattinata che ha visto pubblicare alcune carte processuali legate proprio a Weinstein. Dalle e-mail, tra cui quella shock su Jennifer Aniston, fino alla lista nera di attori e produttori che erano a conoscenza della sua condotta sessuale e che avrebbero potuto raccontarlo alla stampa. Non da meno, è apparso anche il progetto di costruire una clinica per recupero di sessuomani, per provare a riabilitare la sua immagine.
Non sono state però azioni sufficienti a salvare Weinstein dal carcere. Il giudice ha infatti ben accolto la richiesta del pubblico ministero che stamattina aveva chiesto una pena esemplare, che sia “il massimo consentito o poco meno“. Dopo il verdetto della giuria, che dichiarò Weinstein colpevole, il produttore già vedeva concreta l’ipotesi del massimo della pena: 29 anni. E così è stato: 23 anni di carcere che il produttore dovrà scontare presumibilmente al Rykers Island, carcere situato nei sobborghi di New York.
Sicuramente dopo questa sentenza ci sarà molto da discutere, anche per vedere come reagirà il mondo del cinema e della produzione. Intanto però, il movimento #MeToo trova la sua prima vittoria e con lui, forse, anche tutte le logiche malsane che dominano l’intera società. O almeno si spera.
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