Un altro quartetto d’archi, questa volta del compositore che probabilmente ha consacrato la formazione a re della musica da camera. E non abbiamo scelto la classica e stra-conosciuta Eine Kleine Nachtmusik. In una produzione sterminata come quella di Mozart molti grandi capolavori rimangono nell’oblio per il grande pubblico, come nel caso del Quartetto K 464. Il maestro d’elezione di Mozart era Haydn, capostipite della classicità e punto di riferimento per lui e Beethoven.
Ad Haydn sono dedicati i K 387, 421, 428, 458, 464 e 465: non manieristici omaggi all’amico e maestro, ma occasione di imprimere i canoni della forma cameristica per eccellenza. Se infatti tutto il quartetto non è complessivamente il più importante, contiene tuttavia uno dei massimi episodi compositivi di tutta la produzione di Mozart. Come lo stesso Massimo Mila ha rilevato, l’andante rappresenta uno degli esempi più importanti di procedimento variativo nell’intera musica di Mozart.
Mario Castelnuovo-Tedesco, Quintetto op.144
In pochissimi esempi abbiamo già visto come il quartetto sia protagonista della musica da camera sia come formazione in senso assoluto, sia come componente di spalla di un organico più ampio. È il caso di questo splendido Quintetto op.144, opera di uno dei compositori più prolifici ed ingiustamente dimenticati dalla storia della nostra musica, Mario Castelnuovo-Tedesco. Lo strumento eletto per essere affiancato agli archi è la chitarra, in un esperimento compositivo davvero complesso che lo riporta direttamente ad uno dei compositori da lui più amati, Luigi Boccherini.
Ma nella proto-classicità di Boccherini l’organologia strumentale permetteva un equilibrio sonoro che nel Novecento non esiste più: quattro archi insieme surclassano totalmente la piccola chitarra. Doppia sfida quindi; per il compositore, che ha orchestrato una perfetta forma concertante; per il chitarrista, che non deve peccare in protagonismo. Il guanto fu raccolto per primo da Andrès Segovia, grande amico di Castelnuovo-Tedesco e suo ispiratore, al quale il Quintetto era dedicato. Fu lui per primo a far vivere i magnifici fraseggi di quest’opera ricca di inventiva ed episodi musicalmente straordinari.
Claude Debussy, Sonata per flauto, viola e arpa
Uno degli ultimi capolavori cameristici di Debussy, che sceglie un organico decisamente sui generis. Al flauto debussiano, sempre esotico ed evocativo, affianca il violino e l’arpa, in una texture di suoni che si esemplifica perfettamente nella Pastorale introduttiva. Le quinte naturali della viola, la singolarità dell’arpa e il suono del flauto, timbro tra i prediletti da Debussy, si miscelano in un’evocazione della natura perfettamente conforme al simbolismo musicale di Debussy.
Ma aldilà delle grandi scene che tutti associamo alla musica di Debussy, il maestro francese nell’ultimo movimento si sgancia dal lato più figurativo ed abbraccia una scrittura che è pura musica. La Pastorale e il Finale incastonano così uno splendido Interludio in cui la viola e il flauto instaurano uno dei dialoghi più belli della loro letteratura d’assieme. La grande sapienza compositiva di Debussy non si svela quindi in quel mero descrittivismo dal quale a fatica la critica ha fatto riemergere la figura del compositore, ma in un equilibrio sonoro e formale straordinario.
Charles Edward Ives, 114 songs
Non poteva mancare un esempio dalla musica da camera vocale, e la scelta vuole essere il più esotica possibile. Siamo lontani dall’Europa, dai canoni stilistici della nostra storia della musica, dalle grandi tradizioni istituzionali. Siamo in America, nel secolo che ha visto la nascita di una grande maniera americana, ad opera di compositori come Copland, Bernstein, Gershwin e Barber. Eppure, questa musica reali radici storiche riuscì ad affascinare uno dei più grandi compositori europei dell’epoca.
Stiamo parlando di Charles Edward Ives, autore tra le altre della straordinaria The Unanswered Question, e del suo ciclo di romanze da camera 114 songs. In particolare, di Songs my mother taught me. Un brano estremamente bello, ma che ha fatto purtroppo la fortuna di un altro compositore. Antonin Dvorak aveva scritto una sua Songs my mother taught me decisamente più nota qualche anno prima. Ma quello di Ives non fu un omaggio a Dvorak: è quest’ultimo, al contrario, ad essere rimasto affascinato dall’identità musicale dell’America, tanto da omaggiare le sue sonorità nella celeberrima Sinfonia “Dal nuovo mondo”.
Arnold Schoenberg, Pierrot Lunaire
Per chiudere una provocazione. Una delle composizioni più importanti di Arnold Schoenberg rappresenta l’ascolto più impegnativo di questa piccola guida. Schonberg realizzò la sintesi ideale della maestria compositiva di Brahms e della crisi della tonalità inaugurata da Wagner e Debussy nella dodecafonia. Questo nuovo sistema sonoro spinse al limite sopportabile la dissonanza, ma è un elemento imprescindibile di questo excursus. La dodecafonia, per ragioni molto precise e tecniche, si esprimeva in una dimensione privilegiata, la musica da camera.
Il Pierrot Lunaire è un ciclo di lieder per voce e ensemble, ma al canto Schoenberg sostituisce lo sprechesang, una forma di declamazione molto più vicina alla recitazione che all’intonazione. Anche se non siamo nella fase propriamente dodecafonica della sua produzione, nel trattamento dei singoli strumenti Schoenberg è già strutturalista. Il pianoforte, il flauto, il clarinetto, il violino e il violoncello rompono la continuità del discorso musicale riflettendo nella musica ciò che fu l’espressionismo nelle arti figurative: deformazione, orrore, disperazione.
Perché la musica da camera ora?
Far entrare nelle proprie case qualcuno oggi è proibito per preservare il bene comune. Eppure, con le tecnologie moderne, rimanere realmente soli è praticamente impossibile, per fortuna. Quale occasione migliore, quindi, per far espletare alla musica da camera il suo significato originale? Tramite i canali di riproduzione e diffusione della musica è possibile far entrare nei nostri salotti la musica di grandissimi compositori, il lavoro di grandissimi interpreti che si sono incontrati nella gioia di fare musica insieme.
Questa guida vuole essere solo un’introduzione ad un mondo fatto di suoni che si miscelano con una ricchezza di possibilità praticamente infinita. Oltre a queste composizioni ce ne sono altre migliaia degli stessi compositori o di tanti altri grandi e piccoli nomi della storia della musica, come Schubert o Schumann, o il nostrano Francesco Paolo Tosti per la vocalità da camera. Un intero universo da far risuonare nelle nostre camere per scacciare la solitudine e le paure.