Il ritorno al rock degli U2, ma un ritorno “gentile”
Nel 2000 gli U2 sono un nome ormai storico, affermato e leggendario della scena rock. I loro album, come The Joshua Tree (1987) e Achtung Baby (1991) sono già considerati tra i massimi capolavori del genere. Almeno, nell’accezione più “heartland” del rock, quella cioè legata alla trattazione di temi personali ed emotivi, evitando però l’introspezione cupa e pessimista dell’era grunge. Il gruppo irlandese si è fatto strada per anni tra canzoni simili, che, con voglia di empowerment ed auto-consapevolezza pop alla Coldplay (prima dei Coldplay), si indirizzano all’individuo, alle sue paure e alle sue debolezze. Ma, nel mezzo, non tutto è andato come previsto.
Zooropa (1993) e soprattutto Pop (1997), gli ultimi due album del gruppo di fine millennio, spostano le sonorità del tanto apprezzato ed intoccabile rock and roll verso stili più dance, toccando house, elettronica e suoni scandalosamente plastici. Oggi una mossa del genere verrebbe vista come un tentativo intelligente o audace di aggiornarsi e tentare strade nuove. All’epoca viene vista come una virata verso la voglia di successo e di classifica. I fan non gradiscono, tant’è che i due album (pur ricchi, se risentiti oggi, di spunti interessanti), falliscono nel raggiungere lo status leggendario dei predecessori.
“I and I in the sky / You make me feel like I can fly / So high… “
Gli U2 imparano la lezione. Nel 2000, con All That You Can’t Leave Behind, riprendono in mano le tanto sospirate chitarre (o meglio, a farlo è The Edge), e recuperano le dimenticate sonorità rock. Non proprio: il disco è sì rock and roll, ma manca di quelle canzoni particolarmente energiche, esuberanti e celebrative tipiche del loro stile. Beautiful Day, Elevation e il piccolo gioiello New York raggiungono l’obiettivo. Ma il resto della tracklist, in particolare con la splendida Stuck in a Moment You Can’t Get Out Of, cerca suoni delicati, puliti, densi, riflessivi. Un album della maturità ? Forse.
I quattro sembrano, in effetti, decisi a lasciare da parte tanto le loro intemperanze dance quanto l’immagine sorpassata delle rockstar (che poi comunque riprenderanno), per fare un album “come dicono loro”. Sembra, in effetti, di sentire quasi By the Way dei Red Hot Chili Peppers: un disco personale, fatto non per le radio (anche se le conquista comunque) o per il largo pubblico. Comunque sia, tutti i singoli sono dei successi, e il disco cementifica definitivamente, quali che siano le sue premesse, la posizione degli U2 in cima alla lista dei gruppi rock più importanti dell’epoca.