Il nuovo EP di Noel è uno sguardo incerto verso il futuro
Ormai passati i cinquant’anni, Noel Gallagher deve fare i conti con la propria formazione musicale. Una formazione che, pur non tenendolo ancorato ad una concezione arcaica e anacronistica della musica come il fratello, gli consente comunque di andare poco oltre. Se Who Built the Moon? (2017), il suo terzo album “da solista”, sembrava aver mosso parecchi passi avanti dagli echi sbiaditi del britpop, ora le cose cominciano a complicarsi. Noel, è vero, cerca a suo modo di essere un “un-boomer”, cioè di evitare i cliché (musicali e non) della sua generazione, ostinandosi a scartare la superficialità del rock and roll di maniera e spingendo per suoni ricchi di bassi, basi elettroniche, echi ed altri espedienti moderni. Questa è la formula che, in qualche modo, negli anni ’10 lo ha salvato dall’oblio, e che ha deciso la felice riuscita di Who Built the Moon?. Benissimo.
Ma il problema si verifica quando (ed è questo il caso) una tale formula non è sostenuta da un songwriting che metta sullo stesso piano voglia di rinnovamento e produzione di qualità. In altre parole: le canzoni di Noel contenute nel nuovo EP, Blue Moon Rising, non sono buone. Sono intuizioni vaghe, poco ispirate, che prestano fin troppa attenzione a che l’arrangiamento suoni “moderno”, dimenticandosi però di curare la parte compositiva vera e propria. I quattro inediti (più un remix poco notevole con The Reflex) non si fanno quasi notare; non colpiscono, non convincono, non… suonano. Una prova insomma decisamente poco convincente quella di The Chief, che stavolta, troppo frettoloso di salvare le apparenze, si dimentica decisamente della sostanza. Speriamo vivamente che il prossimo EP (o il prossimo album) possa recuperare adeguatamente.