Introduzione
Per tentare di costruire una guida alla musica elettronica, anche sforzandosi di prendere la definizione più stretta possibile del genere, bisogna comunque porre dei paletti. Perché, virtualmente, parlando di “elettronica” si potrebbe andare da Karlheinz Stockhausen a Four Tet, e dai Silver Apples ai Ministry. Cerchiamo quindi di parlare della musica elettronica nelle sue accezioni più note. E ci rivolgiamo ai neofiti del genere, a coloro che la conoscono poco e ne hanno magari solo un concetto vago. Iniziamo da quella elettronica che, partendo dalla prima contestualizzazione “pop” messa in atto dai Kraftwerk negli anni ’70, passa per il synthpop del decennio successivo e approda alle sue forme più classiche, che ne decidono la diffusione mondiale: la house e la techno. Concentriamoci quindi sulla scena degli anni ’90.
Una decade davvero decisiva per la definizione dei suddetti generi e per la crescita della loro popolarità presso i giovani. Da una dimensione prettamente dance, seguendo inizialmente l’eredità della disco music, l’elettronica anni ’90 si sposta presto in ambienti alternativi e contro-culturali. E cioè nei rave party, nei club underground, tra sesso, droghe e nichilismo tipici dell’epoca. La scena inglese, in particolare, più qualche significativo artista americano e da qualche altro paese, segnano la storia dell’elettronica. Lo fanno con produzioni epocali e ormai leggendarie che del genere decidono l’evoluzione e la fortuna presso il pubblico più ampio. E questo collegando una tendenza che sulla carta è ancora “underground” con le classifiche, MTV, i palchi più grandi e il pubblico mondiale.