I Pop X tra Caraibi, ItPop e demenzialità mascherata
Antille è il nuovo disco dei Pop X, che arriva due anni dopo il già classico Musica Per Noi (2018). Il gruppo di Davide Panizza, come sappiamo, è un gruppo dal quale ci si può aspettare più o meno qualunque cosa. Antille, in questo senso, non delude le aspettative, anche se forse lo fa in un altro senso, uno diverso. Chi conosce e apprezza i Pop X per il loro lirismo trasgressivo e anarchismo sonoro, qui resterà deluso. Antille è forse l’album più organico mai realizzato dai Pop X. Di certo, e questo è sicuro, è il più accessibile. Per metà del disco sembra di sentire suonare il Buena Vista Social Club: le prorompenti influenze caraibiche (da qui il titolo, Antille) permeano ogni canzone. Per l’altra metà, Panizza si diverte con auto-tune e ritornelli che parodizzano allegramente quelli dell’ItPop più hipster (Gazzelle, Calcutta). Non mancano i synth, sparati, pare, completamente a caso.
Quel che nel disco c’è di personale e di sincero (e ce n’è, credeteci) si perde un po’ nella voglia del gruppo di proporre un prodotto moderno ma fortemente asintomatico, per quanto riguarda la scena italiana. Panizza vuole entrare nel circuito ItPop, ma restandoci sempre fuori. Il risultato finale è un disco ricco di idee, con molti spunti e musicalmente originale (per il panorama attuale). Ma Antille è anche un disco che ottiene tutto questo barattando la forza iconoclasta dei primi lavori con suoni più sicuri, testi più puliti, e ritmi più regolari. A voi decidere se sia un bene o un male. In ogni caso, Panizza sembra convinto della direzione da voler seguire, sviluppando il proprio songwriting al di fuori dello stato semi-embrionale di composizioni che in passato sembravano affidate più all’ispirazione che al metodo. Qui, si sente, ogni canzone è pensata, misurata, finita.