Quante volte, leggendo recensioni o chiacchierando tranquillamente di cinema, avete sentito parlare di montaggio? Questa tecnica è, infatti, la base stessa della cinematografia. O, come suggerivano molti teorici, è propriamente lo specifico filmico, la peculiarità del cinema, che lo distingue dalle altre forme espressive. Ma, in realtà, parlare di montaggio, è molto più complesso di quanto non sembri. Questa tecnica, d’altronde, conta una storia lunga e complessa, fatta di innovazioni e sperimentalismo. Curiosi di saperne di più?
Il montaggio: in cosa consiste?
Ma prima di iniziare a raccontarvi la storia e la nascita di questa procedura, facciamo un po’ di chiarezza. Che cosa intendiamo quando parliamo propriamente di montaggio? Con questo termine viene indicata la prima fase della post produzione filmica, ovvero il momento in cui le varie scene vengono collegate le une alle altre, creando effettivamente il tempo e lo spazio della narrazione. Ad occuparsi del montaggio c’è il montatore cinematografico, una figura che avrà cura di riordinare le varie scene secondo la scaletta fornita dalla sceneggiatura e dal regista, creando così il ritmo stesso della narrazione. George Lucas definì questa tecnica la quintessenza del cinema come forma d’arte, essendo effettivamente il montaggio la procedura creativa che traspone l’immagine in linguaggio. E quindi, secondo molti, il momento stesso in cui la pellicola assume significato.
Come nasce questa tecnica? La storia del montaggio
Per capire come nasce il montaggio cinematografico dobbiamo, tuttavia, fare un salto indietro nel tempo, ritornando alle origini stesse del cinema. Georges Méliès e Griffith, vi viene in mente qualcosa? Per chi non lo sapesse, questi due nomi sono tra i padri-patriarchi del cinema stesso, tra i fondatori e sperimentatori più noti, che ci hanno tramandato l’amore per la settima arte. Georges Méliès, ad esempio, già sul finire del XIX secolo, iniziò a lavorare su quelli che oggi noi definiamo effetti speciali, tecniche che potessero simulare eventi altrimenti impossibili da realizzare. Méliès capì la possibilità di poter lavorare in post produzione, dopo aver girato una scena, sulle pellicole, realizzando così effetti straordinari, come sparizioni o spostamenti di oggetti e persone. In più, colorando a mano le pellicole, riuscì a creare giochi cromatici sensazionali per l’epoca, stupendo sempre di più gli spettatori.
Fu proprio attraverso questi ritagli e incollature, tra sequenze apparentemente distanti, che venne a definirsi la tecnica del montaggio, nata come lavorazione postuma sulle pellicole (montatura, per l’appunto, delle varie scene). Tuttavia, fu solamente con l’arrivo di David W. Griffith che il montaggio assunse propriamente valenze narrative. In Nascita di una nazione — colossale e borioso film muto del 1915, palesemente razzista e incentrato sulla nascita del KKK — venne ufficialmente a definirsi la proprietà di questa tecnica nella costruzione del linguaggio filmico, necessaria a rendere il messaggio d’insieme delle diverse scene. Con Griffith presero infatti forma i così detti raccordi, gli “attacchi” tra una scena e l’altra, base stessa del montaggio filmico ed elemento chiave per renderne il significato.