Parliamo oggi di Cristian Bugatti, il lavoro pubblicato il 7 febbraio dall’ormai chiacchieratissimo Bugo.
A questo punto della sua carriera, ogni premessa per introdurre il personaggio di Bugo è inutile. Dopo il Morgan-Bugo gate, che ha visto protagonisti i due cantautori sul palco sanremense, il secondo gode di una ritrovata notorietà. Ritrovata, sì. Perché bisogna essere onesti: Bugo è stato tra i pionieri nostrani della musica “indie” anni duemila, in tempi in cui la parola “indie” non esisteva ed era sostituita dalla più evocativa “underground”. Ma è anche vero che, tolti i più nostalgici cultori del genere, Bugo non era poi così conosciuto al di fuori di un circoscritto circolo musicale.
Bugo, al secolo Cristian Bugatti, pubblica il suo primo disco nel 2000, vantando ben nove album all’attivo in vent’anni di rispettabilissima carriera.
Durante il suo percorso, esplora e spazia su più generi, mostrandosi sempre ben attento nell’indagare ogni sfumatura dell’immenso universo musicale: passa dal blues al folk, dal rock all’elettronica con la stessa facilità con cui si cambiano i vestiti al mattino.
Cristian Bugatti è il suo ultimo disco. Considerato il titolo, prima dell’ascolto avevamo il sentore che potesse trattarsi di qualcosa di fortemente autobiografico, frutto di uno studio compositivo durato a lungo.
E’ invece no.
L’album, nella sua interezza, non suona come qualcosa di particolarmente ricercato. Data la sua assenza dalla scena per anni, il pensiero era che Cristian si fosse dedicato anima e corpo ad un progetto che più degli altri potesse esprimere a pieno quella che è la sua vera essenza musicale. Nella realtà invece, stiamo parlando del prodotto più spicciolo e radio friendly della sua intera discografia.
Questo non è per forza un limite. Ma è una chiara – e dolorosa – presa di coscienza: per avere successo, Bugo è dovuto scendere a patti con se stesso, servendo le logiche dell’industria musicale e piegandosi al volere della big Mescal. Per cui vogliamo prepararvi : potrete essere veramente pronti per Cristian Bugatti quando dimenticherete tutti i precedenti lavori di Bugo, che con questo album nulla hanno a che vedere. La particolarità di Bugo stava nei suoi testi e nel suo timbro di voce, stonato, il più delle volte. Ed era proprio l’immenso potere evocativo della sua musica a piacere, nonostante le pressoché inesistenti doti canore.
Questa volta troviamo un disco in cui il compositore novarese canta con la grazia di un usignolo, grazie ad un massiccio intervento di missaggio del post produzione. Qui i più affezionati fan grideranno allo scandalo, ripudiando la nuova produzione, che additeranno come “mainstream e commerciale”. I nuovi fan invece, incuriositi dalla sua comparsata a Sanremo, ne resteranno soddisfatti e piacevolmente sorpresi.
Tornando a noi..
L’album si apre con la piacevolissima Quando Impazzirò: un ottimo start sulla falsa riga Cure/Talking Heads, in cui la voce di Bugo ricorda lontanamente un giovane Vasco, che omaggia anche in Stupido Eh?. Segue la ormai celeberrima Sincero. Al di là delle dinamiche Sanremesi, il brano funziona, è un featuring ben riuscito e lo zampino di Morgan, per quanto limitato possa essere, dà al brano quel quid in più che nelle altre tracce manca.
Come Mi Pare è un brano squisitamente pop con qualche sfumatura funkeggiante. Il ritornello è efficace, e la melodia è allegra incalzante, di quelle che dopo il primo ascolto ti restano in testa per tutta la giornata. La quarta traccia, Al Paese, è tra le più deboli dell’album, 3 minuti e 35 secondi interminabili e ripetitivi; divertente però il testo, in cui Bugo racconta lo spaccato della sua vita nel “paese” e allo stesso tempo rappresenta in modo caricaturale le dinamiche provinciali.
Con Che Ci Vuole abbiamo appena superato la prima metà del disco. La prima impressione è di ascoltare un brano degli Ex-Otago cantato da Bugo. Una bella commercialata con un testo all’apparenza irriverente, ma che in realtà per un artista navigato con nove album all’attivo rimane banalotto: che ci vuole a tirarsela un po’ basta dire che Sanremo fa cagare, che ci vuole a diventare famosi basta un vaffanculo in tv.
….profetico. Fuori Dal Mondo e Mi Manca – con il featuring di Ermal Meta – sono le parentesi più romantiche dell’album. La seconda è forse la canzone più convincente dell’intero disco. Il brano è una passeggiata lungo il viale dei ricordi di due amici, che dopo diversi momenti condivisi si trovano a rievocare le memorie passate.
Che dire, Cristian Bugatti ci è piaciuto e anche parecchio.
E’ godibilissimo, ed escluso qualche punto più fioco, resta un piacevole ascolto. E’ tra quei dischi che ascolteremmo volentieri nel tragitto casa-lavoro, perché non richiede una particolare attenzione e sarebbe perfetto in quei momenti della giornata in cui avremmo bisogno di un po’ di spensieratezza.
Certo, non si tratta di un capolavoro, né tanto meno di un disco impegnato. Bugo tenta faticosamente di creare un lirismo pungente che possa in qualche modo elevarlo e affiancarlo ai suoi compagni Agnelli, Fiumani e Morgan, ma siamo ancora ben lontani da un criticismo compositivo di una certa maturità. Resta però un buon prodotto commerciale, che non abbiamo dubbi sarà più che gradito anche da chi, fino a questo momento, non conosceva o non apprezzava Bugo. Molto diverso dai suoi precedenti lavori, più ermetici e dedicati ad una ristretta nicchia, Cristian Bugatti rappresenta la svolta pop di un artista che non ha mai avuto paura di puntare su nuovi generi. In una parola: promosso.