Era il 2011 e sull’onda delle primavere arabe che scuotevano il bacino del mediterraneo ad Aleppo i giovani universitari decidevano di insorgere contro il regime di Assad. Ma il despota tenta in tutti i modi di reprimere la rivolta, fino a sfociare in una delle più sanguinose e grottesche guerre civili del nostro tempo. Waad Al-Khateab, iscritta allora all’università, si trovava lì durante i primi flebili sussurri fino ai cori uniti al grido di “libertà!”. Tra le migliaia di persone costrette ad abbandonare le loro case, Waad ha deciso di restare, e insieme a lei tanti altri giovani coraggiosi pronti a sacrificare la propria vita per la lotta. Alla mia piccola Sama è il resoconto degli anni trascorsi tra le macerie e le bombe.
Waad è stata testimone delle mille atrocità e degli orrori perpetrati durante la guerra dall’esercito al soldo dello spregevole dittatore. E con la sua telecamera la regista ha permesso anche a noi di essere spettatori di una brutalità e un disprezzo per le libertà fondamentali prive di ogni senso. La testimonianza di Alla mia piccola Sama si ancora più cruda data la vicinanza della donna ai pochi medici rimasti in città. Waad dall’interno di un ospedale filma senza filtri né censure le vittime indifese di un massacro scellerato. In questo modo la sua voce si unisce a quella di migliaia di altri che hanno documentato e gridato al mondo questa violenza disumana. E nonostante le immagini, i racconti e le testimonianze è stato permesso che la guerra si prolungasse fino alla devastazione di un paese.
La voce unica di Waad
Eppure tra tutte le testimonianze e le voci che si sono sollevate per denunciare i crimini portati avanti dal regime di Assad quella di Waad si distingue per diversi motivi. Primo fra tutti è, forse, proprio la presenza di Waad all’interno di un ospedale, ad inquadrare ai corpi martoriati e alle madri disperate. Senza filtri Alla mia piccola Sama mostra le atrocità di quel conflitto maledetto e racconta il dramma, il lutto e la disperazione senza indugiare mai un momento. Ma la regista non documenta solamente l’orrore ma anche il coraggio e la lotta di chi si trova sempre in prima linea per tentare di salvare quelle vite. Proprio perché Waad, giovane videomaker, avverte la necessità di raccogliere quelle immagini così crude, in un atteggiamento mai cinico, per farsi testimone e diventare una giornalista rispettata in tutto il mondo.
Sama, il piccolo miracolo
Oltre questo, Alla mia piccola Sama è anche una videolettera di Waad alla piccola figlia Sama, nata proprio durante la guerra civile. E con queste immagini la regista vuole mostrare, lo farà, alla bambina perché lei e il padre hanno deciso di restare ad Aleppo rischiando la loro vita e la sua. Proprio la piccola Sama diventa il simbolo delle necessità di continuare a lottare e ottenere, un giorno, la libertà. Ed è l’affetto, la tenerezza e la gioia che, nonostante tutto, emergono in quella situazione a rendere il film ancora più intenso. Waad fa si che la voglia di vivere prevalga sulla paura delle morte, rendendo il suo documentario ancora più potente.