Come un drink “Senza Ghiaccio”. Ovvero, essere Ugo Borghetti e Asp126.
Il testo che segue è un fedele resoconto della chiacchierata che, filtrata dagli altoparlanti di un telefono cellulare, abbiamo avuto con Ugo Borghetti e Asp126, attualmente impegnati nel tour di Senza Ghiaccio, il loro ultimo album.
Sono proprio come te li aspetti, Ugo Borghetti e Asp126. Sinceri come le piazze di sampietrini in cui sono cresciuti, grezzi come le strade di una Roma maleducata che impregna perennemente i testi delle loro canzoni.
Ugo Borghetti e Asp126 hanno quasi ventott’anni, ma sembrano aver vissuto già mille vite: attraverso gli altoparlanti di un cellulare, ci raccontano delle esperienze di una vita con una spontaneità difficile da incontrare nell’epoca dei social network e dei filtri di Instagram, con una maturità propria di quelli che, di esperienze, ne hanno passate tante. Così tante da trasformarsi in fonte di ispirazione per le nove tracce di Senza Ghiaccio, il nuovo loro album e una scommessa che è stata decisamente vinta.
Ci sono tanti, troppi rapper là fuori. Ma Asp126 e Ugo Borghetti, gli ultimi rappresentanti del gruppo de “gli unici veri” –così si definiscono in Palazzi–, sono tutt’altro. A partire dal loro esordio, avvenuto circa cinque anni fa con l’avvicinamento all’etichetta Smuggler’s Bazaar, i due guasconi romani si sono trasformati in presenze singolari e affascinanti della scena rap italiana. Due rapper che, malgrado il successo, non hanno paura di restare quelli che erano prima di diventare famosi, di frequentare le piazze che li hanno visti crescere e di continuare a essere genuini come un bicchiere di whisky liscio, come un drink senza ghiaccio.
Abbiamo raggiunto Asp e Ugo telefonicamente: impegnati in un tour che, oltre a vederli protagonisti, si è rivelato essere un successo, i due dovrebbero già trovarsi nel locale di Pisa in cui si esibiranno tra poche ore. Ci hanno detto che si fidano di noi e che credono che saremo in grado di dipingere un ritratto verosimile della loro essenza. Eppure, non dovrebbero fidarsi così tanto: forse non se ne rendono ancora conto, ma risulta davvero difficile circoscriverli nello spazio di queste poche parole, nonostante la loro semplicità cristallina. Questo per alcuni motivi, il più importante dei quali è sicuramente il fatto che Asp126 e Ugo Borghetti non fanno musica per poterne parlarne durante le interviste.
Non c’è alcun spazio per la censura. Il testo che segue è un fedele resoconto della nostra chiacchierata. Compresa l’enigmatica frase finale “Assenzio con la panna”, di cui avremmo capito il senso solamente dopo ventiquattr’ore: davvero un ottimo titolo per il vostro prossimo album, Asp.
Si ringraziano Giulia Stucchi per la grafica utilizzata come immagine introduttiva di questa intervista e Beatrice Chima per la fotografia che segue e che costituisce parte della copertina dell’album “Senza Ghiaccio”, realizzata da Valerio Bulla.
Chi siete, da dove venite e cosa dovremmo sapere di voi?
ASP126: Io sono Luciano da Roma e ho ventisette anni. Cosa dovreste sapere di me? Ma niente, solamente che da un po’ di anni faccio ‘sta roba delle canzoni con i miei amici (Love Gang, ndr). E poi c’è anche Beppo (Ugo Borghetti, ndr). UGO BORGHETTI: Pure io ti direi quello che ti ha detto Asp. Ho iniziato casualmente con la musica e adesso pare che stia diventando il mio lavoro.
Beh, direi proprio di sì. In poco tempo avete raggiunto dei bei traguardi. Stasera suonate a Pisa, no?
UGO: Eh già, stasera siamo a Pisa. Ieri abbiamo fatto Bologna. Siamo stati a Napoli e Roma… E la prossima data sarà a Milano!
Parliamo un po’ del vostro album nuovo, Senza Ghiaccio. Come mai avete scelto questo titolo?
UGO: Ad essere sinceri, è solamente perché non ci piace bere la roba con il ghiaccio. ASP: Ecco, il drink con il ghiaccio è un po’ troppo moderno, troppo sofisticato. Noi siamo un po’ più grezzi.
Ve l’ho chiesto perché ne stavo parlando oggi con la mia coinquilina: era convinta che fosse una frecciatina ai trapper, al loro ice, alle loro collane di diamanti.
UGO: La prossima volta ce la potemo rigioca’ così. Avrebbero dovuto dircelo prima. ASP: Però è veramente così. Si tratta pur sempre dello stesso concetto, no? Si continua a parlare dell’essere contro i fronzoli. Poteva essere il ghiaccio o la fetta di limone, l’ombrellino o i gioielli, ma il senso rimane sempre lo stesso. UGO: Io non ci avevo mai pensato, ci hai dato un’ottima risposta per le prossime interviste. Fanculo i gioielli. Piuttosto che spenderli per una capezza (una collana, ndr), noi i soldi preferimo magnarseli al ristorante.
Senza Ghiaccio è caratterizzato da una sincerità più unica che rara e da una sete di verità che fa quasi male. Canzone dopo canzone, siete riusciti a creare un ritratto crudo e doloroso, ma allo stesso tempo così vero della realtà. Da dove nasce questa necessità di verità?
ASP: Direi che si tratta di una caratteristica innata. Non nasce in noi, nasce con noi. È proprio questo bisogno di verità che ci porta ad essere così sinceri non solo con il pubblico, ma anche con noi stessi. Devi sapere che per noi la musica ha un tratto spiccatamente terapeutico e penso che questo sia evidente quando si ascoltano le nostre tracce. UGO: Io penso che l’atto di cantare sia diventato il nostro salvavita. ASP: Noi scriviamo per esternare le nostre emozioni e per esorcizzare il nostro malessere. Come dici tu, c’è tanta sofferenza in questa cosa (nella loro musica, ndr) e noi abbiamo l’esigenza di esprimere il dolore che c’è in noi. A cosa servirebbe scrivere qualcosa di non-vero? UGO: Non ci si può sfogare di qualcosa non esiste. Cosa cazzo fai se scrivi pezzi pieni di falsità? Come cazzo si fogano paranoie che sono di altri?
È sbagliato definire Senza Ghiaccio come un’autobiografia in versi?
UGO: Inizierei sottolineando il fatto che noi due abbiamo ancora tante cose da dire. Continuiamo ad avere tanti rapporti umani e continuiamo a sta’ pe’ strada, quindi di cose da raccontare ce ne sono. È solamente l’inizio. ASP: C’è da dire che “autobiografia in versi” è un’ottima formula giornalistica per definire quello che è Senza Ghiaccio, ma non è solamente questo. Non stiamo parlando di un diario, ma di un flusso di coscienza – che è molto di più di un diario. UGO: Sì, Senza Ghiaccio è un flusso di coscienza. Lo definirei così non solo per come racconta le cose, ma anche per come lo abbiamo scritto.
Devo ammettere che invidio molto la vostra capacità innata di condensare concetti così ampi in così frasi ridotte.
ASP: Se ci pensi, la struttura della parlata romana si presta al rap e al suo processo di condensamento. UGO: Questa è la fortuna tipica di noi romani. Tendemo a ridurre tutto quando parlamo. Siamo brevi, secchi e concisi, tutte caratteristiche che definiscono anche la musica.
Ora ci stiamo trasformando in filologi, però. Tornando a cose più terra terra, cosa vi aiuta ad immergervi nell’atmosfera giusta per creare?
UGO: Io mi concentro un botto al bar. Mi piace un botto scrivere per strada in mezzo alla gente. Non ho bisogno di alcun beat, però so che non riuscirei a scrivere manco mezzo testo senza canne né birre. Per quanto mi riguarda, le cose di cui ho bisogno per vivere sono tre: la scrittura, le canne e le birre.
Cambiamo argomento. Come definireste la Love Gang?
ASP: Senza troppi giri di parole, Love Gang è il motivo della nostra vita. UGO: Io senza ‘sti stronzi sarei morto, davvero. Mi hanno fatto campa’, mi hanno fatto capire il significato della vita. Io son frocio pe’ i miei guasconi.
Dal punto di vista musicale, la Love Gang è un affresco eterogeneo, ma perfettamente amalgamato. Come fate a conciliare così bene delle anime così diverse?
UGO: Sembrano così conciliate perché, in realtà, non le conciliamo affatto. ASP: Penso sia così proprio perché siamo amici. Abbiamo passato così tanto tempo e ne abbiamo passate così tante insieme che ci capiamo subito, senza tanti giri di parole. Non è un fatto retorico quando diciamo che siamo una famiglia: è semplicemente la verità. UGO: Conta che tra di noi, essendo sei o sette capocce che vogliono sfonda’ nella musica, litighiamo un botto. Ci aiuta molto il fatto che se scannamo, che se dimo sempre la nostra. ASP: Come si litiga in famiglia, così litighiamo noi.
Prima di diventare un rapporto lavorativo, quindi, il vostro era un legame di amicizia. Come vi siete conosciuti?
ASP: Ci siamo conosciuti a Marino, alla Sagra dell’Uva. Avremmo avuto diciannove o vent’anni. In realtà, io conoscevo Beppo già di fama: era uno famoso, un personaggio caratteristico del Lungotevere, dove ce stava questa scuola, il liceo Virgilio. Non lo frequentavamo né io né lui, però tutti gli amici nostri studiavano là e, quindi, era diventato il nostro punto di ritrovo. Stavamo lì fino a pomeriggio inoltrato, me lo ricordo ancora. UGO: Noi eravamo gli unici che facevano sega a scola nostrape’ anna’ al Virgilio. È quello che cantiamo anche in 2009 (terza traccia dell’ultimo album di Ugo Borghetti e Asp126, ndr).
L’hanno capito tutti: dopo aver avuto un boom mai visto prima, la trap è il genere del momento. Voi cosa sentite di avere di diverso rispetto a tutti i rapper della scena italiana?
UGO: La differenza è che noi diciamo la verità, semplice. Come abbiamo detto prima, noi cantiamo quello che siamo. Non ci interessa fingere di essere altro. Insomma, per farti capire, se abbiamo fatto dieci, perché dovremmo dire che abbiamo fatto venti? Non prendiamoci in giro: tutti sappiamo che con il passare del tempo rimane solamente una cosa e questa cosa è la musica. I fronzoli passano inosservati, le collane si rovinano e le storie (di Instagram, ndr) durano solamente dieci secondi.
Secondo voi, il rap deve veicolare un messaggio moralmente? Voi condividete questa tesi, sostenuta un’opinione pubblica fin troppo moralista?
UGO: Io questa cosa non la posso più senti’. Io sono un musicista: non sono né tuo padre né tua madre. Proprio per questo, non ti devo insegnar niente. La musica è per me sfogo, oltre ad essere un modo pe’ fa’ sordi, e non condivisione. ASP: In verità, però, a scola ti insegnano quel che hanno scritto i poeti. E i poeti sono, sotto sotto, un po’ dei rapper. Sotto questo punto di vista, quindi, ogni messaggio e ogni morale si baserebbero interamente sulla creazione artistica e intellettuale. Con ciò, non sto dicendo che il rap o, in generale, la musica debbano essere un mezzo per veicolare un messaggio. Sto dicendo che l’arte è il messaggio, sempre e comunque.
L’intervista è praticamente finita, ma non vi è stata ancora fatta una domanda fondamentale: che cosa dobbiamo aspettarci da Ugo Borghetti e Asp126 dopo Senza Ghiaccio?
ASP: Mescolato e non shakerato. UGO: Continueremo a scrivere, ovviamente. Io ci spero (di continuare un percorso artistico con Asp126, ndr), perché Asperino è fortissimo. Non è solo un grande amico, ma è anche un fuoriclasse. ASP: Assenzio con la panna. Questa è l’unica domanda a cui non saprei come rispondere, quindi preferisco commentare così – Assenzio con la panna.