Bella Thorne nel nuovo film di Mitzi Peirone Uncanny – L’intervista

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Bella Thorne, la protagonista di Uncanny
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L’intervista della Scimmia a Mitzi Peirone, regista di Braid e l’anticipazione su Uncanny con Bella Thorne

Dopo aver visto Braid, il primo film dell’italiana Mitzi Peirone, abbiamo deciso di contattare la regista per farle alcune domande e scoprire cosa ha in serbo per noi. Non è mancata una grande sorpresa: il suo nuovo film con Bella Thorne.

Scimmia: Come sei arrivata a girare il film? Quali sono le difficoltà con le quali ti sei dovuta confrontare circa la realizzabilità dell’idea? 

Peirone: Braid è nato da un momento di riflessione esistenziale su quanto la realtà in cui noi crediamo e pensiamo di vivere, che ci sostiene e affligge, che ci fa innamorare così come ci può demolire, non sia più che una percezione, una convinzione umana: e dunque una follia, un’allucinazione, un sogno in cui crediamo fermamente, e attraverso questa fiducia che abbiamo nella realtà, noi pensiamo e conseguentemente agiamo come degli attori su un palco – o ancora meglio – come dei bambini che giocano con la fantasia. Costruiamo case, ci diamo dei ruoli, creiamo relazioni per assicurarci un senso di identità in questa messa in scena collettiva e recitiamo, giochiamo, fin dall’infanzia senza che nessuno ce lo dica, istintivamente facciamo queste prove teatrali alla vita, finchè non cresciamo e il gioco diviene realtà, diviene ciò che noi consideriamo la vita vera. Mi sembrava così di aver preso il mio posto in una conversazione millenaria sulla percezione della realtà, da Platone e Pablo Calderon de la Barca, da Shakespeare a Pirandello: ma la mia visione era sull’istinto immaginativo e primordiale dei bambini, e come gli adulti facciano esattamente gli stessi giochi di ruolo una volta cresciuti, aderendo a regole immaginarie della società, delle convenzioni storiche, geografiche, morali. Tutta la storia di Braid divenne così un viaggio metaforico sulla nostra percezione e quanto delle idee possano tenerci intrappolati negli stessi schemi e giochi mentali ripetuti ogni giorno da noi stessi; la casa in cui le ragazze ritornano è come il “talamo” delle loro vite, un posto nella loro mente che racchiude traumi, paure e sogni dell’infanzia cui loro devono affrontarsi in questa discesa della psiche negli inferi. Siamo sia i rapitori che i prigionieri delle immagini nella nostra mente.

bella thorne, mitzi peirone
La regista Mitzi Peirone

S: Oltre che regista, sei una modella. Aver lavorato nel mondo dello spettacolo quanto ti ha aiutato quando hai deciso di fare il film?

P: Facendo la modella ho imparato tanto a proposito della fotografia, come impostare still frames, come la manipolazione della luce possa invecchiare o ringiovanire, portando fuori certi lineamenti piuttosto che altri e come l’utilizzo della luce, dei colori e inquadrature possano dettare il tono e sentimento di una scena; lenti differenti possono far sembrare gli attori più larghi o meno e molto altro. Il senso per la composizione invece l’ho ereditato dallo studio della storia dell’arte grazie ad un professore liceale straordinario, Alessandro Fornero: ho sempre amato l’arte follemente, così iniziai a dipingere e a disegnare e ho sempre avuto un punto debole per le graphic novel, i fumetti, che essenzialmente mi hanno insegnato come fare le storyboard per i film. Nel film Braid ci sono ispirazioni artistiche dal Giambologna a Jacques-Louis David a Michelangelo alle Belve Espressioniste a Caravaggio (alcuni esempi sono Il Ratto delle Sabine, L’Ultima Cena, La Morte di Marat). 

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S: Il tuo film non ha ancora una distribuzione italiana, ma abbiamo notato che è già stato diffuso in alcuni paesi esteri. Ci sono prospettive per la proiezione nelle nostre sale? 

P: Spero di sì e presto, anche se non sta a me decidere: purtroppo spesso i film indipendenti non ottengono la stessa vastità mondiale di distribuzione come i film degli studios. Spero che traducano il titolo in maniera intelligente però, come Il Gioco anziché Treccia; per esempio in Russia è stato tradotto Chimera, in Inghilterra è uscito sotto il nome None Shall Leave. Un buon titolo più commerciale sarebbe stato Dying to Play oppure Giochi di Sangue

S: Cosa pensi del panorama horror degli ultimi anni? Uno dei titoli più simili al tuo lavoro che ci viene in mente è Ghostland. Anche lì realtà e sogno si mescolano ad arte come in Braid

P: Trovo che siamo in un’epoca d’oro per l’horror, da Robert Eggers ad Ari Aster a Jordan Peele: questi sono tutti maestri di successo sia artistico che commerciale. Anche se considero Braid più un thriller psicologico. 

S: In Braid si apprezzano numerose influenze: dalla letteratura, all’arte, passando per il cinema. Puoi dirci quali sono state di maggiore stimolo per il tuo lavoro? 

P: No Exit di Sartre, Le Porte della Percezione di Huxley, Il fu’ Mattia Pascal di Pirandello. Nell’arte la maggiore influenza fu l’Espressionismo sia nella pittura che nella poesia. Il cambiamento di direzione del soggetto artistico fu una bomba concettuale: non più la mera riproduzione di ciò che ci circonda ma la maniera in cui l’esterno ci fa sentire; il focus è sull’espressione delle emozioni scaturite dalla realtà non più sulla realtà stessa, dall’escapism all’inscapism, la fuga e’ verso noi stessi. La realtà è soggettiva e quindi si può distorcere, rovesciare, sconquassare al fine di evocare una sensazione o un’idea. L’uso delle droghe in Braid è un vascello per questo viaggio di distorsione visiva interiore, questa Odissea espressionista. 

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Braid, di Mitzi Peirone

S: Hai lavorato come attrice, come modella e adesso come regista e sceneggiatrice. Questa bulimia creativa e produttiva ha finalmente trovato il suo principale canale di espressione? O sei ancora alla ricerca della tua strada? 

P: Ahaha bulimia creativa. Può darsi che un giorno mi dia ai diritti degli artisti immigrati all’estero, vorrei creare una fondazione chiamata Illegal Talent per aiutare ciò che l’America considera Illegal Aliens. Però per adesso e per i prossimi decenni so di essere a casa con la regia

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S: Credi che sarebbe possibile girare un film indipendente nelle modalità in cui hai fatto tu anche in Italia? 

P: Braid fu possibile attraverso il primo ICO (initial coin offering) per un film con la cripto moneta. Io trovai un’apertura in questo cyber tessuto economico per il cinema indipendente perchè vissi a Brooklyn nel 2015, qualche anno prima del boom commerciale di Bitcoin e Ethereum. Credo che il successo di qualunque cosa che venga riconosciuta sia dovuta grandemente all’ambiente in cui sei; io mi ero trasferita apposta nella super stimolante, intraprendente, tech&arts forward Bushwick, Brooklyn e a forza di cercare trovai l’ecosistema perfetto per lanciare un film con più risorse di qualunque altro indie fatto da una neofita.

S: Puoi dirci qualcosa riguardo ai tuoi progetti futuri?

P: Vorrei approfittare di quest’intervista per dare l’esclusiva ai miei cari amici de LaScimmiaPensa circa l’annuncio del mio prossimo film, intitolato The Uncanny, film di fantascienza con Bella Thorne nel ruolo principale, prodotto da Courtney Shepard a New Republic Pictures (Rocket Man, 1917) e dalla produttrice indipendente francese Rebecca Berrih.
Ecco la sinossi:
Il film e’ ambientato a Los Angeles nell’anno 2180 e tutta la tecnologia è stata racchiusa in un potente microchip impiantato nella nuca di ogni cittadino del mondo: il chip non solo rimpiazza lo smartphone interamente, ma permette di accedere e controllare le reazioni chimiche nel cervello: dalla fame alla memoria, dal rilascio della serotonina al cortisolo. Alcuni cittadini che protestarono per la presenza invasiva del chip furono cacciati nei sotterranei del mondo, creando una nuova società lontani dagli occhi della rivoluzione tecnologica: questi sono noti come i Dwellers. Durante un aggiornamento periodico del chip qualcosa va storto e il mondo intero, così dipendente da questa tecnologia, sprofonda in uno stato di caos apocalittico: il 99% dei chip installati esplodono, uccidendo la gran maggioranza della popolazione mondiale. Scarlet (Bella Thorne) sopravvive miracolosamente grazie all’aiuto di un medico (Slater) che riesce a portarla al rifugio in una cantina con tre altri sopravvissuti. Il mondo fuori è ora il territorio dei Dwellers che ironicamente furono gli unici a sopravvivere, costringendo Scarlet e il resto del gruppo a rimanere sotto terra. Mentre i cinque sopravvissuti cercano di convivere con le loro nuove circostanze, tentando di capire se sia stato un errore o un attacco cibernetico, Scarlet si rende conto che lei e i suoi concamerati non non furono salvati a caso, ma che vennero scelti per sopravvivere all’apocalisse. La sua missione è scoprire perché.

Dunque Bella Thorne, Mitzi Peirone e una Los Angeles postapocalittica, probabilmente ci aspetta un grande film!
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