L’eterno ritorno della tradizione, a Sanremo 2020, anche nella serata “cover”
Le esibizioni, durante la terza serata del Festival di Sanremo 2020, sono andate necessariamente meglio e sono state più interessanti che durante le prime due. Questo perché le canzoni re-interpretate dai cantanti in gara, ovvio, sono ed erano già interessanti di per sé stesse. Anche così, però, di momenti veramente validi se ne trovano pochi, e anzi parecchie performance difficilmente superano la bravura canonica richiesta dal livello affrontato.
Una serata anche questa riuscita a metà, complice un numero infinito di interventi e divagazioni (bello il tango, ma era davvero necessario?) che ne hanno dilatato la durata fino alle due di notte. Tra Roberto Benigni e Tiziano Ferro, un omaggio a Giacomo Leopardi e una comparsata improvvisa di Bobby Solo, gli artisti hanno sfilato, hanno cantato e se ne sono andati. Non è finita benissimo, con la classifica votata dall’orchestra, ma poteva andare peggio.
Ecco tutte le nostre pagelle delle cover eseguite dai vari artisti durante la serata di ieri. Continuate a seguirci sulla nostra pagina Facebook ufficiale, La Scimmia sente, la Scimmia fa, per tutti gli aggiornamenti.
L’interpretazione di Michele Zarrillo e Fausto Leali è la prima, e funziona da subito perché è l’originale, dello stesso Leali, a funzionare. Un perfetto pezzo in bilico tra pop melanconico italiano e soul rock up-tempo, con cambio completo di atmosfera tra uno e l’altro. Non ci sono gli stili folk rock e simil-Motown dell’originale, ma le due voci dei cantanti fanno tutto quello che devono fare, andando anche oltre e rendendo un’esecuzione impeccabile.
Junior Cally e Viito – Vado al massimo [7/10]
Quella di Junior Cally e dei Viito è un’accoppiata un po’ rischiosa: rende bene nel recupero del ritmo reggae dell’originale, un po’ meno nelle strofe rap aggiunte dal trapper esordiente. Bisognerebbe capire quali potrebbero essere i limiti di una tale manipolazione: dissacrazione di un classico o aggiornamento necessario? L’atmosfera del Sanremo 1982 viene omaggiata poco, ma l’esibizione non si può in fondo dire mal riuscita.
Marco Masini e Arisa – Vacanze romane [8/10]
Nell’interpretare un super-classico dei Matia Bazar, Masini e Arisa fanno meglio di quanto abbiano mai fatto, probabilmente, nelle rispettive carriere. La domanda fondamentale: riesce Arisa a reggere le inimitabili vocalità di Antonella Ruggiero? Risposta: ni. D’altra parte, l’infallibile disco-soul/new wave scaturita dai geni di Golzi/Marrale rivive più che degnamente, e i due cantanti godono tutto l’effetto di una scelta felice.
Trionfa il romanticismo d’altri tempi, su un arrangiamento completamente rinnovato che dal soft jazz anni ’50 si sposta al funk/soul anni ’70, ben più adatto, forse, allo stile dei due cantanti interpreti. La coppia vocale funziona, e Riki riesce a prendersi un minimo di riconoscimento in virtù delle proprie capacità canore, e non esclusivamente della sua bella presenza. Tuttavia, la loro non è certo la performance più incisiva di tutte.